Autonomie di Trento e Bolzano, una storia da rileggere oggi / 14
«Segnali di disgelo» – Di Mauro Marcantoni
Il riconoscimento dell’autonomia integrale. Questo chiedeva il Sudtirolo. Una questione che si sarebbe rilevata ancora una volta scottante.
Nessun risultato, infatti, era scaturito dall’incontro tra Italia e Austria in sede ONU del novembre 1961.
Anzi, la stessa ONU si era limitata a richiamare a un atteggiamento maggiormente collaborativo i due Paesi, invitandoli a proseguire negli sforzi per trovare un’intesa.
Così, nella primavera del 1962, il governo austriaco comunicò di essere pronto a riprendere le trattative bilaterali. Un’improvvisa e imprevista disponibilità, di fronte alla quale Roma rispose chiedendo di attendere la conclusione dei lavori della Commissione dei 19, che in quel momento si pensava potesse arrivare a breve. In realtà, i tempi sarebbero stati decisamente più lunghi.
La Commissione iniziò a prendere in esame la questione dell’ordinamento autonomistico solo due mesi più tardi, nella seduta del 10 maggio del 1962.
La via a una soluzione condivisa si rivelò, fin da subito, irta di ostacoli, data l’apparente inconciliabilità degli obiettivi: da un lato, la rivendicazione della Volkspartei di una piena autonomia per la provincia di Bolzano; dall’altro, la volontà di tutta la componente di lingua italiana di conservare l’unità geografica, economica e politica della regione Trentino-Alto Adige.
Tra i sostenitori del ruolo fondamentale dell’ente regionale, in particolare: il Presidente della Commissione, Paolo Rossi. Secondo lui, l’ipotesi della creazione di una Regione sudtirolese avrebbe potuto essere presa in considerazione solo nel caso in cui la popolazione in provincia di Bolzano fosse stata interamente germanofona.
Il quadro, invece, si presentava decisamente più complesso. Occorreva, inoltre, tenere conto del fatto che, sebbene in piccolo numero, in provincia di Trento vi erano cittadini di lingua tedesca, mentre i ladini erano presenti in entrambe le province.
In aggiunta, Bolzano e Trento erano state per lungo tempo unite sotto l’amministrazione dell’Impero austro-ungarico e avevano interessi comuni, o comunque convergenti, in campo economico.
Nonostante le incomprensioni e gli strascichi polemici, la Commissione decise di considerare conclusa la discussione generale sull’autonomia e di procedere a un esame dello Statuto.
Fu un passo decisivo: veniva di fatto superata da parte della Volkspartei la pregiudiziale circa l’istituzione della Regione del Sudtirolo.
Il confronto fu serrato e approfondito e coinvolse, oltre ai rappresentanti di tutti i partiti politici, anche numerosi sindaci, nonché le associazioni di categoria e i sindacati, che poterono presentare delle memorie scritte sull’argomento.
I rappresentanti della Volkspartei, in un documento che sottoposero al vaglio della Commissione, avanzarono una proposta che prevedeva l’istituzione di due regioni: la regione autonoma del Tirolo del Sud in Alto Adige, e una seconda regione, sempre autonoma, in Trentino.
Ciascuna delle due Regioni sarebbe stata dotata di proprie specifiche competenze in campo legislativo, amministrativo e finanziario. Le questioni di interesse comune, invece, sarebbero state esaminate da apposite assemblee riunite.
Nel frattempo, verso la fine di luglio, si incontrarono a Venezia i Ministri degli Esteri di Austria e Italia. Al termine di quello che risultò essere un confronto sereno e costruttivo, l’Austria decise di rinunciare a presentare per la terza volta ricorso all’ONU, in attesa della conclusione dei lavori della Commissione dei 19 e l’Italia, dal canto suo, abolì i visti di ingresso sui passaporti austriaci.
Mauro Marcantoni
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