Il futuro del capitalismo alla luce di quelle morti «senza senso»

Gli Stati Uniti sono precursori di tantissime tendenze che poi si espandono a livello globale

 
Quello su cui si accendono i riflettori è una situazione prolungata di involuzione sociale, che riguarda da vicino il settore della salute dei cittadini americani e il calo della loro aspettativa di vita.
La si può configurare come una tragedia che ha la sua radice più profonda in una società che non è più in grado di offrire supporto ai propri appartenenti.
La studiosa Anne Case ha analizzato questo fenomeno insieme al premio Nobel per l’economia Angus Deaton, un lavoro durato 5 anni e i cui risultati sono stati pubblicati proprio di recente in un corposo studio sul tema («Deaths of Despair and the Future of Capitalism», Princeton University Press, 2020).
Questa «epidemia» colpisce in maniera prevalente americani bianchi della classe media o operaia, e con un livello di istruzione medio basso.
 
La crisi economica dilagante, amplificata anche dagli effetti del lockdown, ha avuto grandi conseguenze sociali in un Paese già compromesso da questo punto di vista, e così sono sempre più coloro che sperimentano l’opprimente sensazione di una vita che appare sempre meno degna di essere vissuta.
Ecco quindi che la categoria di statunitensi cui si faceva accenno prima, vede salire vertiginosamente le morti per suicidio, per eccesso di droga e per malattie del fegato dovute ad alcool ed abuso di altre sostanze.
E se tradizionalmente il suicidio, secondo il sociologo Émile Durkheim, trova fondamento soprattutto nelle classi istruite e ricche, vissuto in quanto «male di vivere», stando ai dati raccolti dai due studiosi si assiste ad un fenomeno completamente diverso, che riguarda piuttosto «un dolore psicologico e fisico per chi non riesce più a riconoscersi in un modello di vita standardizzato», per chi non riesce a trovare un proprio posto nella società, per chi ha perso tutto, e per chi non riesce a stare al passo con i tempi.
 
Quelli frenetici, naturalmente, del capitalismo più egoista e più estremo. Come a dire, nel «Paese delle Libertà» non è concepito avere la libertà di «non essere» all’altezza.
Ci sono sicuramente degli indici di rischio che appartengono agli Stati Uniti e che aiutano a spiegare il perché questo fenomeno sia così diffuso proprio in quel Paese ed anche che molto spesso porti ad esiti drammatici.
La prima criticità è la facilità di accesso alle armi da fuoco, la seconda è l'accesso agli oppioidi, e nella terza si riconosce un sistema sanitario che sta tragicamente vacillando sotto gli effetti del Covid19.
In un Paese dove l’assistenza sanitaria è vincolata al posto di lavoro, chi perde il lavoro perde anche il diritto di essere curato. E quindi di avere un posto nella società e di vivere una vita degna di questo nome.
 
Se è vero che i cambiamenti culturali precedono quelli sociali ed economici, il diffondersi di una cultura moderna che porta all’individualismo estremo e verso l’arricchimento, significa implicitamente dare il via libera ad un sistema che uccide la speranza.
Nel libro, però, Anne Case parla di «futuro» del capitalismo, non di fallimento. E ribadisce con forza, alla luce dei dati, la necessità di una riforma di un sistema sanitario degli Stati Uniti.
Purtroppo meccanismi come la presenza di una comunità, le forme di assistenza verso le nuove vulnerabilità, la famiglia e la qualità della vita - concetti molto più radicati nella tradizione latina ed europea - negli Usa non funzionano, poiché la società tende a non prendersi cura delle persone amplificando di conseguenza il concetto di inadeguatezza e solitudine.
Ecco quindi che i 158 mila morti tra il 2017 e il 2018 sono letteralmente passati inosservati.