Il salvagente allo studio costi/benefici della TAV
Nel passivo sono riportate anche le minori entrate fiscali dovute ai risparmi generati
Se dapprincipio pareva impossibile che si volesse davvero fermare un’opera finalizzata a migliorare i trasporti tra gli stati europei, adesso rimaniamo basiti a leggere le motivazioni della perizia commissionata per valutare il rapporto costi/benefici della TAV.
Va premesso che l’opera costa nel suo insieme una ventina di miliardi, ma che da parte italiana c’è l’impegno per soli 3 miliardi. Il resto viene messo da Francia e Unione Europea.
Il conteggio va dunque sempre fatto solo su quei tre miliardi. Inutile dire che con quei 20 miliardi si potrebbe… No, sono solo tre e in parte già spesi per il lavoro fin qui fatto.
Ma quello che colpisce a leggere i contenuti della perizia sono le voci negative.
Francamente non abbiamo esaminato la relazione (non l’ha letta neanche Salvini), per cui lavoriamo solo per quanto ci è dato a sapere. Ma, pur nella lontana possibilità di errore, ci pare impossibile che nel passivo vengano messi gli stessi benefici generati dall’opera.
Si dice che dal risparmio che l’intero comparto produttivo trarrebbe, lo stato perderebbe ingentissime somme dovute al mancato incasso delle accise per carburanti e altre voci legare a minori entrate dovute al calo dei costi.
Non abbiamo parole.
A monte di tutto c’è poi la perdita dei 50.000 posti di lavoro che l’interruzione dell’opera comporterebbe.
Chi ci legge conosce il nostro pensiero. Nei momenti di crisi vanno «inventati» i lavori pubblici per aumentare i posti di lavoro e il PIL. C’è mezza Italia da risanare contro il dissesto idrogeologico e l’altra metà da rifare in maniera antisismica. Su tutto il territorio invece vanno rifatte le opere come i viadotti che, dagli anni del Boom a oggi, sono arrivate a fine del percorso vitale.
Insomma, se proprio volevamo indebitare il paese, potevamo farlo generando ricchezza e benessere e non aumentando la spesa corrente. Tra le lobby interessate, se vogliamo chiamarle così, ci sono quelle dei lavoratori. Quelli che non vogliono il reddito di garanzia ma la contropartita della propria capacità lavorativa.
Va da sé che la situazione è tutt’altro che stabile, per cui attendiamo le posizioni ufficiali da parte dei maggiorenti che si troveranno a decidere sulla TAV.
Non dimentichiamo infatti che si tratta di temi strategici per la tenuta della maggioranza, sperando che questi distraggano le ipotesi strampalate formulate sul tesoretto della Banca d’Italia.
Ma nel frattempo però lasciateci gettare il salvagente a chi vuole mantenere alti i costi per non perdere il gettito fiscale, onde evitare di annegare in questo mare ci cavolate.