Il futuro della Siria discusso a Ryadh (Arabia Saudita)

Stati Uniti e Turchia vogliono l’allontanamento di Assad, Russia e Iran sono favorevoli al dittatore in attesa di trovare un candidato alla sua successione

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Il 9 ed il 10 dicembre scorsi si è svolta a Riyadh una conferenza di pace che ha visto la partecipazione dei rappresentanti di numerosi gruppi politici e militari che attualmente compongono il variegato fronte di opposizione siriano al regime di Bashar al-Assad.
L’obiettivo di tale incontro è stato favorire l’individuazione di una piattaforma comune tra i numerosi attori dell’insorgenza siriana e facilitare quindi la creazione di un unico soggetto politico in grado di rappresentare le istanze dell’opposizione ai colloqui internazionali di pace di Vienna, il cui inizio è previsto per i primi giorni del prossimo gennaio.
Dal punto di vista della rappresentatività, la conferenza ha visto la partecipazione di gruppi di opposizione con agende, politiche e militari, estremamente eterogenee.
Attorno allo stesso tavolo si sono riuniti, infatti, rappresentati di movimenti di insorgenza tradizionalmente moderati, come il National Committee Coordination o il Building the Syrian State Movement, sia gruppi di chiara ispirazione salafita come Ahrar al-Sham o Jaish al-Islam, entrambi vicini alla costola siriana di al-Qaeda, Jabath al-Nusra.
A conclusione dell’incontro è stata redatta una dichiarazione che illustra le possibili linee-guida per i negoziati di pace con Damasco.
Tra questi, i punti maggiormente salienti riguardano la creazione di un sistema politico pluralista, in grado di rappresentare tutta la popolazione siriana al di là delle differenze etniche e settarie, nonché la necessità che l’attuale Presidente Bashar al-Assad non ricopra alcun ruolo nella fase di transizione politica, il cui inizio è stato fissato, lo scorso novembre a Vienna, per il giugno 2016.
 
Infine, riguardo la partecipazione ai prossimi colloqui internazionali di Vienna, è stata decisa la creazione di un comitato composto da circa 25 membri, appartenenti a diverse frange dell’opposizione siriana, che dovrebbero rappresentare i movimenti ribelli al tavolo delle trattative.
Malgrado il raggiungimento di tale convergenza, sono diversi gli elementi di criticità che permangono in relazione al raggiungimento di un accordo, sia sul piano interno sia a livello internazionale.
In particolare, l’abbandono del tavolo dei negoziati da parte di Ahrar al-Sham e l’assenza di qualsiasi rappresentante curdo (nonostante il controllo che le milizie curde esercitano su buona parte della regione settentrionale del Paese) rischiano di compromettere sul nascere lo sviluppo dei negoziati.
Inoltre, sul piano internazionale, la rinnovata richiesta della deposizione di Assad da parte dei ribelli continua a essere uno dei principali nodi del contendere tra i membri della Comunità Internazionali impegnati, con obbiettivi e strategie differenti, nel tentativo di stabilizzazione del Paese.
In questo senso, mentre gli Stati Uniti e la Turchia continuano a premere per l’allontanamento di Assad, la Russia e l’Iran appaiono favorevoli al prolungamento del suo mandato, almeno in attesa di trovare un ipotetico e valido candidato alla sua successione.
Nonostante ciò, la conferenza di Riyadh ha rappresentato comunque un piccolo passo in avanti rispetto al recente passato, soprattutto in relazione alla creazione di un meccanismo di consultazione tra le diverse anime dell’opposizione siriana.
 Tuttavia, la tenuta di un simile dialogo dovrà confrontarsi con le esigenze della guerra civile e misurare così la sua reale effettività.