Aldo Moro e l’ultimo «discorso costituzionale»

Il racconto di Ezio Mauro al TrentinoBookFestival fra l’ultimo giorno dello zar ed il condannato Aldo Moro

Pomeriggio di grande storia con Ezio Mauro al Book Garden, intervistato da Alberto Faustini, direttore dei quotidiani Trentino edAlto Adige.
Si parte dal 1917 con l’abdicazione dello zar Nicola II dopo 23 anni di regno e 300 anni di dinastia in Russia.
«Ho abbandonato nel 1990 il mio incarico da inviato a Mosca all’improvviso, è come se avessi lasciato dei conti in sospeso, una storia a metà. Un racconto intrigante è quello che porta all’assassinio di Rasputin, una ribellione interna alla corona.
«Nel 1917 ci sono state due rivoluzioni, ma il popolo non è diventato di cittadini: si è passati dal giogo dell’impero a quello del bolscevismo.»
 
Mauro definisce quella attuale di Putin una «democratura, con aspetti di democrazia e dittatura assieme».
Su Putin l’ex direttore di Repubblica ricorda un aneddoto di quando venne intervistato da un gruppo di giornalisti occidentali.
«Quando gli vennero poste 8 domande sui diritti umani stava seduto in una posizione scomoda, sulla punta della sedia. Quando si è passati all’economia è tornato in una posizione più comoda.»
Dal treno che porta all’abdicazione al treno che riporta il rivoluzionario Lenin da Zurigo dopo 13 anni in madrepatria.
«Lenin seppe con 5 giorni di ritardo del fatto che la rivoluzione era cominciata. Passò attraverso Germania, Svezia e Finlandia su un treno».
Con la blindatura del treno che era costituita da una striscia di gesso per terra, che divideva il gruppo dei bolscevichi dagli ufficiali tedeschi.
 
Dalla rivoluzione che dà le vertigini a Lenin si passa alla Torino degli anni Settanta, che era fra le capitali della violenza rossa. Mauro, allora 30enne, lavorava per la Gazzetta del Popolo e ha raccontato ad esempio una gambizzazione che ha vissuto molto da vicino, quella del consigliere dc torinese Antonio Cocozzello.
«Dopo essere stato colpito mi chiese di portare una cartellina di plastica con la richiesta di pensionamento per alcune persone alla sede della Cisl. Mi ha fatto capire quanto sia vile sparare in tempo di pace ad una persona in una democrazia.»
Si passa quindi alla drammatica primavera del 1978.
«Sono convinto oggi, come allora – sottolinea Mauro – il fatto che fosse giusto non trattare con i terroristi. Cosa sarebbe accaduto domani dopo il prigioniero di oggi?»
 
Mauro ha ricostruito i fatti basandosi sulla documentazione di 2 commissioni parlamentari e 4 resoconti processuali, parlando con i parenti di Moro e con i terroristi.
Ne è scaturito anche «Il condannato. Cronache di un sequestro», lettura che Mauro ha proposto sabato alle 21 al Teatro San Sisto di Caldonazzo.
«Quello di Moro è stato l’ultimo discorso costituzionale, che voleva far rendere ancora più autonomo il Pci da Mosca e inserirlo all’interno del perimetro del governo.»
La condanna di Moro arrivò il 15 aprile 1978 nel comunicato numero 6 delle Br, «un processo nel quale l’accusa – spiega Mauro – è coincisa con la corte.
«Le Br avevano esclusiva responsabilità e lo Stato e la democrazia italiana sono stati messi in posizione di ricatto.
«Oggi, dopo 40 anni, ha vinto la democrazia, anche se non ci soddisfa sempre.»