«Agosto, moglie mia non ti conosco». – Di Minella Chilà

Estate, la stagione ideale per i nuovi amori....

Scappatelle, flirt amorosi, passioni devastanti, voglia di evadere, inizio di nuovi amori... I gossìpari si scatenano in questo periodo e c'è sempre qualche storia d'amore che salta e nuove coppie che si formano, per poi magari «scoppiare» due mesi più tardi.
I famosi «detti» del tipo «agosto moglie mia non ti conosco», sembrerebbero condurre tutte in un'unica direzione: l'italiano medio (ma anche le italiane «non scherzano») l'estate viene assalito da un'insana voglia di evadere, di innamorarsi, di trasgredire, anche se «felicemente in coppia».
 
Cosa succede allora quando, aldilà della scappatella del solito impenitente marpione latino, ci si sente fatalmente ed irrimediabilmente attratti da un'altra persona?
Quali sono le strategie da adottare per evitare di incappare nelle solite storie parallele, con conseguenti disastri familiari, tragedie, rotture dolorose...?
 
Nel saggio «Amare Tradire», di Aldo Carotenuto, psicoanalista e scrittore italiano, il tradimento assume diverse sembianze… Ma quando investe e si insinua in una relazione amorosa, fuggire o nascondersi non serve a nulla.
Gli strumenti da lui indicati per non essere schiacciati da questa esperienza drammatica e inebriante possono essere solo la comprensione e l'analisi delle ragioni poste alla base della scelta di vivere o meno quella determinata esperienza.
 
Ma oggi, in questa epoca, il tradimento del proprio marito o moglie o dei propri compagni, che senso ha?
Non siamo nell’Ottocento, non abbiamo quei vincoli e quelle pressioni culturali e sociali che hanno ispirato agli scrittori romantici storie drammatiche e personaggi femminili vittime di passioni travolgenti, incapaci o costrette a subire il corso, già segnato, della propria vita.
Madame Bovary o Anna Karenina solo per citarne qualcuna.
 
Che significato assume, allora, il tradimento, oggi?
Visto che possiamo sposarci per amore, ma anche decidere di non sposarci e convivere senza, almeno apparenti, condizionamenti o pressioni sociali, e ancora, possiamo scegliere il nostro compagno o compagna sulla base dei nostri desideri e dei nostri sentimenti, senza dover a tutti i costi cedere a costrizioni di sorta, che senso ha tradire, allora...
E’ forse proprio il tradimento in sé che affascina l’essere umano, è come se attraverso questa esperienza ci avvicinassimo di più alla nostra essenza, ai nostri istinti primordiali, alla nostra vera natura, alla nostra umanità.
 
È forse proprio il bisogno di sperimentare, di sondare terreni non convenzionali, di entrare in contatto con un lato emozionale non mediato, fuori dagli schemi comportamentali, che ci spinge a volte ad essere crudeli, a ferire l’altra persona che amiamo o che abbiamo amato, usando un altro o un’altra.
Il bisogno di dimostrare con questa arma terribile che siamo vivi forse può spiegare le dinamiche e le ragioni del tradimento, che esiste da sempre, e non pare risentire della maggiore o minore libertà di cui dispone ogni singolo individuo o un’intera società.
 
Se esaminiamo la parola tradimento, scopriamo che nasconde una doppia valenza, dal latino “tradere”, il significato era «consegnare», assunse invece una connotazione negativa quando fu usato per indicare l’atto compiuto da Giuda nel «consegnare» Gesù ai suoi nemici.
In italiano si usa il termine «tradire» anche nel senso di svelare, per esempio alcuni gesti, tradiscono i nostri reali sentimenti, mettendo in luce altre verità.
Falsità ed autenticità sono racchiusi in un'unica parola che presenta due facce, ma uno stesso significato: passaggio, trasformazione, consegna del proprio io.
 
Attraverso l’esperienza del tradimento subita o cercata, può celarsi un bisogno di identità represso, una voglia di comunicare e di rappresentare parti di sé che non hanno mai avuto la possibilità di emergere.
Non dare voce a tutto questo può causare la pietrificazione dell’individuo, ponendolo in una condizione di grande sofferenza e di negazione, mirabilmente descritta nel libro di Alberoni Ti Amo.
Chiunque abbia rinunciato a vivere il tradimento per paura di non «reggere» un nuovo equilibrio, non lo fa per difendere il partner o la coppia, ma solo sé stesso dalla paura di cambiare, di trasformarsi, di svelare parti di sé, di morire per un po'...
 
Nel film «Il danno», tratto dal bellissimo romanzo di Josephine Hart, un politico in vista con una bella famiglia, si innamora perdutamente della fidanzata di suo figlio con la quale instaura uno schizofrenico e morboso rapporto di natura sessuale.
La fine è crudele, il danno irreversibile, muore il figlio, la famiglia è frantumata per sempre, reputazione e status irrimediabilmente compromessi, il traditore vive gli ultimi anni della sua vita da eremita, confinato da qualche parte, escluso dal mondo e dalla società.
È questa la fine «giusta» per aver vissuto una passione irresponsabile? Era questa l'esperienza necessaria, quella che cercava?
Una parte di noi muore quando si consuma il tradimento, ma nello stesso tempo una parte di noi rinasce e prende vita, il cambiamento porta con sé dolore, rabbia, sensi di colpa e vergogna, ma a volte è, forse, l'unico modo per «consegnarci» di nuovo alla vita.  
 
Minella Chilà
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