Aver tolto l’articolo 18 ha giovato al mercato del lavoro?
No, secondo Marco Leonardi, economista autore del libro «Le riforme dimezzate».
Davvero aver tolto l’articolo 18 è risultato centrale per l’esito finale delle elezioni del 4 marzo 2018?
Il Jobs Act è stato decisivo per la sconfitta del centro sinistra?
No, almeno secondo Marco Leonardi, economista e autore del libro «Le riforme dimezzate».
Il parere di Leonardi è un punto di vista che viene «dall'interno» dato che ha fatto parte del gruppo di lavoro che ha portato avanti le riforme economiche prima del governo Renzi e poi di quello Gentiloni.
«Abbiamo perso perché non abbiamo fatto abbastanza per i poveri, non siamo stati sufficientemente incisivi sulle pensioni e non siamo stati in grado di creare la giusta empatia con l’elettorato del sud – ha spiegato il docente di economia politica dell’Università degli Studi di Milano – individuare nella cancellazione dell’articolo 18 il motivo principale della salita al potere della Lega e dei Cinque Stelle non è corretto, tant'è vero che non è stato rimesso e non mi pare sia un tema al centro del dibattito.»
«Di fatto abbiamo creato tantissimi posti di lavoro, d’accordo non si tratta di posizioni blindate, ma è così anche nei Paesi europei diciamo più sviluppati di noi. Il lavoro a tempo indeterminato al giorno d’oggi è un privilegio per pochi.
«Un altro errore che abbiamo commesso è da ricercarsi nel ritardo con cui siamo arrivati alla definizione del reddito di inclusione e di conseguenza nella scarsa visibilità che siamo riusciti a dare a quella riforma che, di fatto, aveva anticipato il reddito di cittadinanza.»