Esame. La maturità, dall’ansia alla solitudine – Di Giuseppe Maiolo, psicoanalista

Eduardo, pensando alla serie infinita di prove da affrontare durante tutta l’esistenza, diceva: «Gli esami non finiscono mai»

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«Gli esami non finiscono mai» diceva Eduardo pensando alla serie infinita di prove da affrontare durante tutta l’esistenza.
Fuor di metafora, però, la parola esame che viene dal latino exigere e significa pesare a fine anno scolastico è termine decisamente concreto per gli studenti (e le famiglie) che si apprestano a confrontarsi con la temuta maturità.
Nessun altro esame darà mai più la sensazione di essere pesati per quello che si sa e per il livello di maturità raggiunto.
Perché se l’idea preoccupante del giudizio accompagna ogni prova, nel caso della maturità, che peraltro si continua a sognare nel corso della vita quando si annunciano cambiamenti, si vive la conclusione di una lunga fase di trasformazione e l’abbandono definitivo dell’infanzia mentre si annuncia la nuova condizione di adulto, oggi stracolma di prospettive incerte e responsabilità gravose.
 
Fino a qualche decennio fa la maturità, sempre più o meno a ridosso della maggiore età, veniva in adolescenza come il giro di boa fondamentale per essere considerato adultus che vuol dire cresciuto ovvero soggetto dotato di autonomia operativa, relazionale, emotiva e affettiva. Per questo l’esame conclusivo di un ciclo di studi, non è mai stato un’esperienza banale o un semplice test di cultura, ma rito di passaggio che coinvolge strutture profonde della psiche e influenza decisamente il modo di essere e di vivere.
Impossibile non provare ansia e preoccupazione prima dell’esame e conta poco che sia prova difficile o facile, che l´esaminatore mostri di essere severo oppure accogliente.
Ognuno vive tensione e apprensione a seconda del rapporto che ha instaurato con il proprio giudice interiore.
 
E anche oggi che l’esame non si chiama più di maturità ma di stato, questo evento mantiene un’elevata carica simbolica che fa percepire ai protagonisti la valenza psicologica del passaggio forse più significativo della vita, dopo il quale nulla sarà più come prima.
A ridosso della maturità, quindi, l’ansia è generalmente copiosa e tutto sommato fisiologica.
Può diventare anche travolgente ed essere paralizzante, ma l’incremento che psicologi e psichiatri registrano a conferma di un aumentato disagio giovanile, è solo in parte da attribuire all’incapacità degli adolescenti di tollerare le frustrazioni o alla lunga notte pandemica.
 
Come Erich Neumann, psicoanalista allievo di Jung (Storia delle origini della coscienza, Astrolabio), sono convinto che i nuovi giovani stiano crescendo ormai soli in una società centrata sull’acquisizione di competenze cognitive e su una esibizionistica competizione, che ha dimenticato tutti i rituali collettivi con cui una volta si sostenevano gli individui nei momenti più delicati dell’esistenza.
Questo fa ricadere quasi esclusivamente sul singolo la difficoltà del cambiamento e, in un’epoca in cui agli adolescenti manca la fiducia nel futuro, li consegna all’incertezza più totale e all’isolamento, aumenta il sentimento di solitudine e incrementa la loro ansia che più spesso diviene panico.

Giuseppe Maiolo - psicoanalista
Università di Trento - Docente di psicologia delle età della vita
www.iovivobene.it