Remotti: «Modernizzazione e impoverimento culturale»
Da un antropologo un monito contro l'ossessione dell'identità. I Banande del Congo un esempio vivente dei danni provocati dal connubio cristianesimo-scienza
La corte dell'ex-convento degli
Agostiniani di Trento, oggi sede dell'Ocse, ha ospitato uno dei
tanti «gioiellini» inanellati da questa edizione del festival
dell'Economia, un confronto con un antropologo, Francesco
Remotti, sul tema dell'impoverimento culturale e sulla
conseguente crescita della cosiddetta «ossessione dell'identità»,
propria delle culture deboli. Un'ossessione che può provocare
disastri inenarrabili, come testimoniato dal genocidio del Ruanda
nel 1994 o dalle guerre balcaniche.
Remotti, introdotto dal giornalista de La Repubblica
Francesco Ebani, ha studiato per anni sul campo il
popolo dei Banande, del Nord Kivu, una regione della attuale
Repubblica democratica del Congo (ex-Zaire). La tesi centrale
emersa dai suoi studi è che una cultura (intesa ovviamente nella
sua accezione non-libresca, come l'insieme dei valori e dei
significati che tengono assieme una comunità) può regredire e
impoverirsi, per essere alla fine eventualmente sostituita da false
certezze, come le fedi "cieche" o appunto l'ossessione per
la purezza identitaria.
La cultura Banande studiata da Remotti è caratterizzata
dall'esistenza di riti di passaggio - quelli che segnano l'ingresso
dei giovani nell'età adulta - di natura "antropopoietica";
detto in maniera diversa, sono riti - il principale dei quali è la
circoncisione - che hanno come scopo quello di "forgiare
uomini".
Questi riti si svolgono in un ambiente generalmente considerato
ostile, la foresta (i Banande sono un popolo di agricoltori). Ciò
che si ricava dal loro studio è che i riti dell'Olusumba - che sono
stati progressivamente abbandonati a partire dagli anni '40 - sono
di natura sociale (i ragazzi vengono riuniti in gruppi) e che
presuppongono un confronto con una realtà diversa da quella
ordinaria (la foresta, che non solo è un ambiente naturale
"temuto" ma è anche il luogo dove vive un'etnia diversa, i
pigmei Bambuti). Ma c'è un'altra caratteristica importante di
questi riti: in essi è presente una certa misura di incertezza, di
dubbio, di mistero. Il rito insomma non spiega tutto.
Nei canti che gli officianti rivolgono alla divinità risuona di
quando in quando la domanda: «Ma che cos'è un uomo?» E' una domanda
a cui la divinità non risponde mai.
Questi in condizioni, diciamo, "normali". Con l'arrivo dei
missionari e della cultura della tecnica, portata dai
colonizzatori, le cose sono cambiate. I missionari consideravano i
riti di iniziazione un'attività demoniaca, e si sono adoperati per
cancellarli. Perché questa ostilità?
Secondo l'antropologo, la ragione è da ricercarsi nel carattere
intrinseco del cristianesimo (ed più in generale della tradizione
giudaico-cristiana) , una religione rivelata che considera l'uomo
una creazione di Dio, e non prevede che siano invece gli stessi
uomini, con gli strumenti culturali di cui dispongono, a "fare"
altri uomini.
L'altra ragione è legata all'incedere dei processi di
modernizzazione, che portano con sé l'idea che sia necessario
sbarazzarsi dai vincoli, dai ceppi della tradizione per poter
indagare la natura ed avere su di essa una conoscenza esatta.
Remotti, insomma, non vede contrasto fra cristianesimo e
scientismo, almeno per quanto riguarda l'atteggiamento tenuto da
questi due possenti motori della storia in Africa.
In entrambi i casi il fine ultimo era sbarazzarsi delle culture
tradizionali, per portare ai popoli considerati
"primitivi" la verità, una verità universalistica, come
quella presupposta dall'apostolo Paolo ma anche dagli
scienziati.
Il risultato? L'alterazione dei sistemi di credenze tradizionali -
e dei sistemi economici ad essi correlati - ha provocato un
generale impoverimento. Il vuoto è stato poi riempito da false
certezze, come quelle relative alla purezza dell'identità etnica,
che deve essere preservata anche con la violenza. Da qui alle
cosiddette "guerre tribali" che devastano periodicamente
il continente africano, ma anche, forse, agli altri conflitti come
quello che ha lacerato la ex-Jugoslavia.
(mp)