70 anni fa i grandi scioperi che diedero la spallata a Mussolini

La rievocazione oggi a Palazzo Trentini, per iniziativa di Anpi e sindacati

Gli storici scioperi alla Fiat Mirafiori del marzo 1943: a questa pagina di storia, a questo settantennale caro anzitutto alle organizzazioni di tutela dei lavoratori, è stato dedicato l'incontro di oggi pomeriggio a Palazzo Trentini, proposto dall'Anpi trentina e dalle sigle Cgil, Cisl e Uil.
Al tavolo il presidente dei partigiani Sandro Schmid e il segretario della  Cgil Paolo Burli.
 
La fame, la guerra, i fascisti, il posto in fabbrica come traguardo per i giovani cresciuti nei campi.
Questo lo sfondo, così come la dura condizione di lavoro, la libertà conculcata e lo spontaneo antifascismo che si sviluppava tra le tute blu.
 
Pane,  pace e libertà, queste furono le rivendicazioni degli imponenti scioperi che unirono centomila lavoratori paralizzando la Fiat a partire da alcuni reparti Mirafiori (5 marzo 1943).
I moti si propagarono in Lombardia e in altre regioni d'Italia, dando fuoco alla miccia della prima, grande mobilitazione popolare ostile all'ormai traballante regime di Mussolini.
 
Burli ha anche ricordato la spaventosa repressione posta in essere dallo stesso Governo Badoglio dopo la destituzione del dittatore.
Schmid ha indicato dal canto suo l'inizio vero della Resistenza proprio nei grandi scioperi di quell’anno.
 
Ha ricordato come la tenuta democratica nelle fabbriche fu all’epoca determinante nel successo finale contro il regime.
E ha invitato a vigilare contro gli antifascismi di oggi, attivi sul piano politico e perfino elettorale.
 
E il Trentino? Non fu raggiunto – è stato detto oggi - dagli scioperi del marzo 1943, ma tra gli scioperanti ci furono anche due trentini: Ezio Setti di Marco - lavoratore della Caproni a Milano e poi vittima dei campi di sterminio, nonché Maria Emilia Mantovano di Agnedo, operaia della Borletti.