Si cresce se ascoltati – Di Giuseppe Maiolo, psicoanalista

Ascoltare è un’attesa paziente fatta di partecipazione intima che ti fa sentire con le orecchie dell’altro e consente di non percepirsi solo lungo il percorso

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Ascoltare non è verbo fisico, ma psicologico. Vuol dire sentire con attenzione e intenzione che, in questo tempo digitale di comunicazione sovrabbondante e straripante, è diventata arte difficile e praticata poco.
L’ascolto sta alla base dell’educare, eppure facciamo prevalere la logorrea del verbale invece dell’attesa disponibile e del silenzio.
È ovvio che per ascoltare serva tacere, attendere il segnale dell’altro, decodificarlo e aprire lo spazio dialogico della comunicazione, che è un mettere in comune e partecipare.
Ma oggi si tende ad ascoltare solo se stessi e il proprio monologo, blindati dentro i propri auricolari.
Non per caso abbiamo inventato i vocali togliendo ai dispositivi la sincronia del contatto sonoro.
 
E poi anche l’attenzione degli adulti si è fatta parziale. Ci aspettiamo spiegazioni veloci e risposte che non ci facciano perder tempo.
Frettolosi con tutti, anche ai figli spesso riserviamo poca partecipazione e ormai quella automatica condivisione dei like a cui i social ci hanno abituato.
Ascoltare vuol dire entrare in un contatto profondo, toccare le emozioni nostre e farsi contagiare dai sentimenti dell’altro.
Se ascoltiamo poco o male, ci sfuggono una quantità di cose importanti dei figli che faremmo bene a cogliere e assicurare che la comunicazione contenga il verbale e il non verbale, le parole e i gesti, i suoni vocali e le vibrazioni.
 
Purtroppo siamo assediati da orologi, email, WhatsApp o Telegram, per dire i più pervasivi, e ci perdiamo le esigenze intime di chi ci sta accanto.
Ai figli, nostri e altrui, non lasciamo che lo spazio del giorno che avanza. Li ascoltiamo quando il loro rumore si è fatto assordante o se d'urgenza siamo richiamati in scena per far fronte al loro malessere.
Il non-ascolto corrisponde al non osservare cosa c’è nel silenzio, quello vuoto dei bambini e degli adolescenti che si ritirano nel loro isolamento.
Ma anche l’ansia o quel surplus di preoccupazione nostra ci impedisce l’ascolto e ci rende logorroici, protesi purtroppo, ad anticipare i loro desideri.
 
Si cresce solo se si è ascoltati perché si gode della libertà di dire quello che si vive, senza paura di essere valutati.
Chi è ascoltato impara a narrare le gioie e i dolori sapendo di potersi affidare all’altro senza vergogna.
Sa narrare i dubbi e le insicurezze, sa comunicare emozioni come la rabbia o il risentimento e scopre che è umano viverle ed esprimerle ma al contempo riconosce che chi ti ascolta, ti insegna anche a gestirle quando ingombrano troppo l’anima.
 
Figli grandi e piccoli, per crescere, hanno bisogno di sapere che gli adulti sono quelli capaci di esserci e di ascoltarti perché l’ascolto è disponibilità e controllo, è contenimento delle angosce e pure delle soluzioni pronto-uso.
È un saper accogliere senza dover dare consigli e consolazioni, ma anche senza quel furor di dover spianare la strada ai figli e liberarli dagli inciampi.
Ascoltare è un’attesa paziente fatta di partecipazione intima che ti fa sentire con le orecchie dell’altro e consente a chi sta facendo la fatica del cammino, di non percepirsi solo lungo il percorso.

Giuseppe Maiolo - psicoanalista
Università di Trento - Docente di psicologia delle età della vita
www.iovivobene.it