Concordata con l’Europa la cura da cavallo per l’Alitalia
Vanno licenziati 6.000 dipendenti e dimezzati gli aerei. I sindacati insorgono, ma la compagnia di bandiera ci è costata finora 13 miliardi di euro
Il 24 aprile 1917 l’Alitalia aveva votato «NO» al referendum posto per convalidare o bocciare l’accordo firmato dai sindacati e dal Ministero.
Il 67% del totale non aveva accettato il piano che prevedeva l’esubero di 980 lavoratori a tempo indeterminato (contro la richiesta della società di 2.037 unità) e la diminuzione della indennità di volo oraria.
Secondo gli osservatori era inevitabile che gli interessati bocciassero un piano che consisteva in tagli.
E all’ora perché l’accordo era stato sottoposto all’approvazione dei lavoratori? Per farlo saltare?
E così la nostra bella compagnia di bandiera ha imboccato la strada del non ritorno.
Il problema di fondo, peraltro da condividere ampiamente, sta nella bocciatura della Commissione Europea che fa divieto agli stati di aiutare le società.
E sulla base di questa logica il ministero - che ha continuato a versare quattrini nella casse dell’Alitalia per consentire il pagamento degli stipendi - ha trattato con Bruxelles per trovare un accordo che consentisse di salvare la società.
Ora un accordo di massima è stato trovato e consiste in un drastico taglio della metà sia nel numero degli aerei che del personale.
Si parla di 50 aerei in meno e 6.000 esuberi.
Ovviamente i sindacati si stanno sollevando per impedire questa riduzione, ma l’alternativa è quella di chiudere l’azienda.
D’altronde, se il Corriere ha calcolato che negli anni la compagnia di bandiera è costata allo Stato 13 miliardi, non vediamo quale altro ragionamento possa giustificare il mantenimento in vita della compagnia aerea.
Non sappiamo se si sia arrivati a questa situazione perché i dipendenti avevano bocciato l’accordo di tre anni fa di cui abbiamo parlato in apertura. E non sappiamo quanto la pandemia abbia aggravato la situazione già pesante.
Ma basti pensare che con i 100 milioni annunciati ad aprile nel decreto «Sostegni bis» la società può pagare gli stipendi solo a rate.
GdM