Saviano: «Il narcotraffico è un colosso della finanza mondiale»

I cartelli del narcotraffico della cocaina, il «petrolio bianco», fatturano più di aziende come la Shell, o la Deutsche Bank.

In Italia le mafie hanno un fatturato di 300 miliardi di euro.
La crisi ha ampliato il potere di acquisto della mafia perché ha una liquidità straordinaria, maggiore a volte di alcune banche, e sta comprando tutto, titoli di stato, aziende.
Come sta succedendo in Grecia, in Andalusia Il narcotraffico ricicla il 97% del denaro sporco nelle banche americane ed europee.
La Dea, l’agenzia governativa americana per la lotta alla droga, ha denunciato che lo scorso anno il narcotraffico ha fatturato 352 miliardi di dollari.
 
Questi alcuni dei dati che Roberto Saviano ha voluto rendere noti per lanciare l’allarme sull’inquinamento economico e sociale della mafia in Italia e nel mondo.
Per il giornalista e scrittore napoletano, la politica dovrebbe mettere tra le proprie priorità la lotta al narcotraffico e i cittadini non dovrebbero liquidare il problema come «qualcosa che c’è sempre stato», perché il narcotraffico è un colosso della finanza mondiale, tanto da poter parlare oggi di «narcocapitalismo».
Accolto dalla standing ovation di mille persone, Roberto Saviano, è salito sul palco dell’Auditorium Santa Chiara per parlare della contaminazione del denaro del narcotraffico nella finanza internazionale.
Un allarme che lo ha spinto a condurre per sette anni un’inchiesta sul narcotraffico, pubblicata di recente nel suo ultimo libro «Zero, zero, zero».
Un’inchiesta che oggi arriva al vasto pubblico anche in occasione del Festival dell’economia che Saviano ha definito un momento di riflessione importante, dal quale non si poteva escludere il tema del potere economico della mafia.
 
«L’economia che regola le nostre vite e’ stata decisa più dalla mafia, dai messicani Padrino e Majico (Pablito Escobar) figure potenti dei cartelli del narcotraffico, che da presidenti come Reagan e Gorbaciov.» – Ha affermato Saviano, ripercorrendo la nascita dei cartelli messicani negli anni ’80, che acquistano un potere straordinario con la distribuzione della coca piuttosto che con la produzione.
L’allarme di Saviano non risparmia la politica italiana, che a differenza degli Stati Uniti «che hanno inserito camorra e ’ndrangheta tra i cinque pericoli nazionali, non ha parlato del problema mafia neanche nella recente campagna elettorale».
Il grido di allerta di Saviano riguarda anche il Nord dell’Italia, dove «a differenza del Sud, dove le autorità riconoscono i pericoli della criminalità mafiosa, si tende a non riconoscere il potere tentacolare della mafia che porta, anche attraverso l’arteria dell’Autobrennero, quindi passando anche dal Trentino, quantitativi ingenti di cocaina, come alcune recenti operazioni della Guardia di finanza hanno dimostrato.»
 
Al nord spesso sono le aziende in crisi che cascano nella rete mafiosa, come ha dimostrato l’operazione Aspide in Veneto.
La criminalità organizzata ha una forte liquidità che permette di fare credito; i mafiosi sanno come sbloccare le licenze per aprire un locale, sanno chi corrompere.
«Il mafioso non è quello che ti punta la pistola in faccia – ha sottolineato – ma è quello che sa come far partire un cantiere, quale personaggio del comune corrompere, quale vigile urbano intimidire.
«Oggi il traffico di droga – ha continuato Saviano – è un business molto redditizio che richiede un’organizzazione complessa, capace di crimini efferati, di violenza inaudita. Si tratta di una plaga che deve essere affrontata nei grandi vertici dei G8, o dei G20. Non possiamo più relegare il problema del narcotraffico al rango di questioni di criminalità, perché la mafia è un impero finanziario.»
 
A supporto di tale affermazione Saviano ha riportato numeri e notizie ufficiali come quella resa nota da un dirigente dell’Onu nel 2007 che sosteneva che l’unico capitale di investimento liquido per molte banche veniva dal narcotraffico.
«Le banche di New York e di Londra sarebbero le più grandi lavanderie del mondo ove si ricicla il denaro sporco del narcotraffico. La prima cosa che chiederei a Letta è di provare norme dell’antiriciclaggio più severe.»