Autonomie di Trento e Bolzano, una storia da rileggere oggi/ 10
«Diplomazie ostinate, violenze in crescita» – Di Mauro Marcantoni
La Risoluzione dell’ONU che invitava Italia e Austria a risolvere i contrasti relativi all’applicazione dell’Accordo di Parigi, portò i due paesi a intensificare i colloqui. Nell’incontro tenutosi a Milano a fine gennaio 1961, l’Italia, propose di ampliare i poteri della Provincia di Bolzano, all’interno però del quadro autonomistico regionale.
L’Austria, la cui delegazione registrava una forte rappresentanza del Bergisel-Bund, replicò chiedendo la completa autonomia per la sola Provincia di Bolzano.
Le posizioni dei due Paesi risultarono dunque, ancora una volta, inconciliabili, ma quel che è più grave è che di lì a poco sarebbe ripresa l’ondata terroristica.
A Ponte Gardena, il 31 gennaio, una bomba a orologeria fece saltare la statua equestre dedicata al «genio del lavoro italiano» (il «Duce di alluminio», come veniva sprezzantemente chiamata dai sudtirolesi). Il giorno seguente toccò alla casa-museo di Ettore Tolomei, a Gleno.
Migliaia di volantini, che invitavano a battersi per l’autodecisione, comparvero in tutta la provincia. Il 4 febbraio furono sabotate le linee ferroviarie a Merano e Ora dove solo il pronto intervento di un custode ferroviario riuscì a evitare che uno scambio manomesso facesse deragliare il treno passeggeri in arrivo.
Qualche giorno più tardi, a Vandoies, venne incendiato un camion dell’esercito. Dalle indagini delle forze dell’ordine emerse chiaramente un coinvolgimento di matrice austriaca: i manifestini risultarono essere stati stampati a Innsbruck e Fritz Molden, direttore del «Die Presse» di Vienna e proprietario di un impero nell’ambito della carta stampata, venne indicato da un settimanale tedesco come il finanziatore e l’organizzatore occulto di un gruppo terroristico addestrato in Austria.
Inoltre, fu scoperto un notevole movimento di assegni del Bergisel-Bund destinati a finanziarie attività sovversive in Sudtirolo.
A marzo, il nuovo Cancelliere austriaco Gorbach fece in modo che Gschnitzer, la personalità più compromessa sulla questione dell’autodeterminazione, non venisse riconfermato alla carica di Sottosegretario agli Esteri. Al suo posto, venne nominato Ludwig Steiner, uomo politico di orientamenti assai più moderati rispetto al suo predecessore.
Si trattò di un provvedimento che in Italia, in quel momento, venne visto come un gesto di conciliazione da parte del governo austriaco.
Così, il nuovo Presidente della Regione Dalvit, nel suo discorso in Consiglio regionale dell’11 aprile 1961, in occasione della presentazione del programma della nuova Giunta, espresse la ferma volontà di favorire una convivenza pacifica tra i gruppi linguistici, anche attraverso la ripresa del dialogo con la Volkspartei:
«La coalizione – disse – riafferma oggi che era ed è suo primo e principale proposito la ricerca di una pacifica convivenza tra i gruppi linguistici, sulla base del giusto riconoscimento dei diritti e degli interessi del gruppo linguistico tedesco [...]; e pone tra i suoi obiettivi un’azione positiva per facilitare il ritorno alla collaborazione negli organi della Regione della rappresentanza politica del gruppo di lingua tedesca.»
E più avanti: «Il nostro auspicio è per un’intesa prossima, sollecita, completa. A essa noi cooperiamo, lavorando con spirito di pace, senza discriminazione, con il costante appello a tutti i gruppi linguistici per una solidarietà di esistenza e di finalità [...]».
Dalvit si spingeva inoltre a sostenere la necessità di un’interpretazione più rigorosa dell’articolo 14, anticipando così le soluzioni che sarebbero poi state attuate in maniera definitiva nel 1972.
La situazione restava tuttavia contraddittoria. Di lì a poco, i colloqui internazionali registrarono una nuova battuta d’arresto.
L’incontro a Klagenfurt del 24 e 25 maggio 1961 tra le delegazioni italiana e austriaca, guidate dai Ministri degli Esteri Segni e Kreisky, si rivelò del tutto infruttuoso, anche se venne comunque fissato un nuovo incontro per il mese successivo a Zurigo.
Mauro Marcantoni
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