Bellaveder terra e luce, arte e pensiero – Di D. M. Bornancin

I vignaioli sono considerati artigiani da studiosi, storici e conoscitori appassionati

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Con questa esposizione entriamo nel settore dei Vignaioli, un comparto rappresentato da una serie di cantine che fanno parte del Consorzio Vignaioli del Trentino e che sono gestite in modo esemplare. Quello dei vignaioli indipendenti è il luogo dove è rappresentata la storia e le caratteristiche di una coltivazione viticola artigianale, nel rispetto della natura, imperniata da diverse generazioni su un’organizzazione a conduzione familiare, spesso tramandata dai nonni, genitori, a figli e nipoti.

Un insieme di realtà presenti in varie località del nostro territorio trentino dove, l’impegno, la passione, la capacità, l’amore per la propria terra, la fatica giornaliera, le sperimentazioni per produrre uve di qualità e vini eccellenti, interpretano l’importanza di una zona, nell’alveo della tipicità delle coltivazioni di montagna.

Un artigianato, quello del vino, che è così considerato dagli studiosi, storici e conoscitori appassionati: «La vinificazione di questi piccoli produttori diventa e rimane arte e passione».
Per conoscere più da vicino una di queste realtà, ho incontrato Andrea Luchetta, titolare, insieme al padre Tranquillo e al fratello Marco, dell'Azienda Agricola Bellaveder: sulla collina di Faedo, oggi Comune di San Michele all’Adige, si estende la proprietà di Maso Belvedere e a fianco ad esso si sviluppa la cantina ipogea.

Una posizione straordinaria, soleggiati declivi con vigneti floridi e ordinati, una visione che colpisce e rincuora gli animi e le menti di ogni visitatore. Andrea e Marco rappresentano la seconda generazione della famiglia Luchetta: vent'anni fa Tranquillo - tranquillo di nome, ma non di fatto - diede il la ad un’azienda che oggi s’identifica come una tra le migliori cantine del Trentino.



Andrea, veniamo alla storia di quest’azienda agricola, e della coltivazione dei vigneti?
«Mio nonno Mario Seppi, medico dentista a Trento, acquistò il maso con i primi tre ettari negli anni Sessanta. Successivamente allargò la proprietà agli otto ettari attuali, che in corpo unico circondano la casa rurale. Fino ai primi anni Duemila le uve venivano conferite con soddisfazione alla Cantina Sociale Mezzacorona.
«Consapevole della qualità conferita e intendendo valorizzare al massimo la posizione di Maso Belvedere, mio padre, quando l'incombenza toccò a lui a seguito della malattia del nonno e del contadino che da sempre curava la vigna, decise di realizzare una cantina per trasformare in proprio l'uva coltivata con tanta passione.
«La cantina fu dunque scavata nella roccia nel 2003 e le nostre prime etichette risalgono alla vendemmia 2004. Da quell'anno è iniziato un percorso di crescita qualitativa, fondamentale l'apporto dell'enologo Luca Gasperinatti, e quantitativa: oggi la produzione complessiva aziendale si attesta sulle 100.000 bottiglie con la trasformazione delle uve di 12 ettari (agli 8 di Maso Belvedere si sono aggiunti i 4 del vigneto San Lorenz a Cavedine in Valle dei Laghi).
«Quest'anno si festeggiano i vent'anni di attività, mentre io e mio fratello Marco ci inserimmo in azienda dieci anni fa: dopo aver frequentato il Liceo Scientifico Galileo Galilei di Trento, ci iscrivemmo rispettivamente a Giurisprudenza e a Biotecnologie, ma non resistemmo al richiamo dell'azienda di famiglia; mio fratello si inserì nella squadra di campagna e cantina, mentre io affiancai mio padre in ufficio. Oggi mi occupo dell'amministrazione, della commercializzazione e promozione dei vini e dell'accoglienza dei visitatori. Oltre a noi della famiglia il team Bellaveder si compone attualmente di enologo, aiuto enologo e altri tre ragazzi che lavorano prevalentemente in vigna. Rappresenta sicuramente una fortuna la vicinanza con l'Istituto Agrario e la Fondazione Mach: di entrambi gli enti ospitiamo volentieri tirocinanti che saranno i viticoltori e gli enologi di domani.
«Il recupero del nome “Bellaveder” è frutto di una ricerca che ha preso le mosse dal Catasto, per procedere indietro nel tempo consultando l'Archivio di Stato e l'Archivio Diocesano Tridentino: qui è custodito l'originale di una bolla episcopale del 1767, in cui si trova la menzione di "Mansum Bellaveder". Riprendendo questo documento, la nostra prima etichetta recitava: “A BURGO S. MICHAELIS AD ATHESIM FAEDI ASCENDIT PER MANSUM BELLAVEDER" 1767” (Salendo dal paese di S. Michele all’Adige verso Faedo attraverso Maso Belvedere).
«Nel 2014 la veste delle bottiglie, la stessa ancora oggi, è stata rivisitata, attingendo al patrimonio artistico di famiglia: il quadro “Primavera nel vigneto” di Cesarina Seppi, sorella di nonno Mario e celebre per i mosaici che adornano la stazione ferroviaria di Trento, è riprodotto sulla linea selezione “Faedi” (di Faedo), e da un'altra composizione dell'artista sono stati tratti il logo aziendale e le altre etichette.»

Quali vini produce e come avviene la vendita?
«Ne facciamo di tutti i colori, perché la posizione collinare fortunata ha sempre permesso con la sua vocazionalità di mettere a dimora diverse varietà: Chardonnay, Gewürztraminer, Sauvignon, Pinot nero, Teroldego e Lagrein. Attualmente le etichette sono ben 16: 7 di vino bianco (compreso il passito), 6 di vino rosso e 3 di Trentodoc.
«Sicuramente l'altezza dei vigneti di Cavedine, a 600 metri, ci permette di raccogliere Chardonnay e Pinot nero, basi spumante blanc de blancs e rosé, davvero aderenti alla definizione di bollicine di montagna. Oggigiorno il Trentodoc rappresenta sicuramente il biglietto da visita enologico del Trentino.»
«Il principale canale di vendita è l'Horeca, dunque alberghi delle nostre splendide località turistiche, ristoranti con carte vini sempre più attente alle specificità territoriali, bar i cui titolari vogliono offrire in mescita ciò che li ha convinti in prima persona. Negli anni abbiamo trovato provincia per provincia persone di fiducia a cui delegare non semplicemente la vendita, ma anche il racconto della realtà aziendale.
«Ovviamente l'invito è sempre quello di venire a trovarci in azienda: sia per l'operatore professionale che per l'enoappassionato, che per il profano, conduciamo personalmente la visita a vigneto e cantina con degustazione finale. Cerchiamo quindi di soddisfare ogni tipo di curiosità e ci auguriamo di dare l'arrivederci a un cliente contento, pronto a ritornare a trovarci, che testimone del nostro impegno possa aiutarci con il suo passaparola.»
 

 
Quali prospettive possono maturare a medio termine, rispetto al turismo enogastronomico?
«Abbiamo imparato a fare sistema e a lavorare assieme, nel senso che il primo prodotto che oggi è presentato al turista è sicuramente il prodotto locale: è lungo l'elenco delle eccellenze territoriali con vini fermi e spumanti delle nostre cantine, grappe delle nostre distillerie, frutta e verdura dei nostri orti, formaggi delle nostre malghe...
«Noi, come produttori, siamo sempre disponibili alla trasferta e ci rechiamo volentieri dai clienti, enoteche, hotel, ristoranti, per raccontare personalmente la nostra storia e mescere i nostri vini, accompagnando così nella degustazione.
«Il turismo enogastronomico è fondamentale per il territorio, ma ha bisogno di una formazione dei nostri operatori in chiave permanente per saper sempre rispondere alle esigenze dei tempi attuali. Si sta puntando sicuramente all’organizzazione di momenti aperti d’informazione con approfondimenti sulla storia dei nostri prodotti, che possono creare curiosità e appassionare non solo i turisti, ma anche le comunità.»
 
Che visione intravede rispetto al Trentino del futuro?
«Viviamo in una realtà fortunata, costruita sulle fatiche e sui sacrifici dei nostri nonni e dei nostri padri, che hanno saputo concretizzare i loro progetti e ci hanno trasmesso una visione positiva del futuro. Dalla consapevolezza dell'esistente, ragionando sui punti di forza ma anche di debolezza, dobbiamo riuscire ad esprimere una nostra progettualità.
«Se sappiamo fare, grazie a impegno costante e aggiornamento continuo, forse possiamo migliorare nel far sapere: la promozione territoriale passa sicuramente per la valorizzazione delle peculiarità locali – attenzione però a non scadere nel campanilismo – avendo contemporaneamente sempre a mente l'insieme dell'offerta con le sue possibili sinergie (Dolomiti UNESCO, MART, MUSE e METS, Castello del Buonconsiglio e circuito dei castelli provinciali, outdoor estivo e invernale...).
«Il comparto vitivinicolo gode di buona salute, ma è sicuramente sfidante: sono più di 250.000 le aziende vinicole solo in Italia, dunque la concorrenza non manca; qualità e serietà ci sono sembrate l'unica via per emergere.
Nel nostro piccolo, come vignaioli, continueremo a prenderci cura della vigna e a produrre vino di qualità pregiata per tenere alto il nome del Trentino. Infine non dobbiamo dimenticare che l'enoturismo passa principalmente attraverso i piccoli produttori vinicoli e la loro disponibilità ad offrire sempre un buon bicchiere di vino.»
 
Andrea, grazie per la disponibilità e sempre avanti con le Bollicine di Montagna.

A cura di Maurizio Bornancin.
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