Civili, Soldati e Prigionieri – Di Paolo Farinati

Una mostra dedicata a Castellano e la Valle di Cei durante la Grande Guerra

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Tra il 1914 e il 1918 Castellano condivise con il resto del territorio trentino le conseguenze della Prima Guerra mondiale. Al paese venne risparmiata l’evacuazione, ma il conflitto segnò profondamente la vita dei suoi abitanti. Delle circa ottocento persone che vivevano a Castellano prima della guerra, più di 150 furono mobilitate come soldati e lavoratori. D’altra parte, molti giunsero e alloggiarono in paese nel corso di quegli anni: profughi dalla Val di Gresta, lavoratori militarizzati e soldati acquartierati in quella che si organizzò come una sorta di caserma «diffusa». Nelle memorie della comunità si è conservato in particolare il ricordo dei numerosi prigionieri di guerra dell’esercito serbo sistemati in paese, del lavoro a cui erano sottoposti e delle difficili condizioni di vita che sopportavano. Tale presenza ha lasciato traccia anche nella toponomastica locale: dal «senter dei serbi», che prende i propri passi poco sopra Castellano, alla località definita «Zimitèri dei serbi», più distante dall’abitato.
 
Nel corso della Prima guerra mondiale, in Tirolo, vennero trasferiti come lavoratori coatti migliaia di prigionieri di guerra catturati su diversi fronti, in particolare soldati appartenenti agli eserciti russo, serbo e rumeno. Verso la fine del conflitto vennero trattenuti allo stesso scopo anche prigionieri italiani, che precedentemente venivano trasferiti altrove. Tutte le grandi potenze in guerra – non solo l’Austria-Ungheria – utilizzarono i prigionieri in lavori legati alle operazioni belliche, infrangendo i divieti imposti delle convenzioni internazionali firmate solo pochi anni prima. Lo sfruttamento delle compagnie di lavoro su tutto il continente rappresenta uno degli ambiti in cui la Grande Guerra aderì, a seconda delle valutazioni più o meno integralmente, al modello di «guerra totale», incurante delle distinzioni tra militare combattente, civile o «nemico» sconfitto e inerme.
 
Secondo la documentazione disponibile, nel 1916 nell’intero Tirolo erano impieganti nei reparti di lavoro più di 8.000 prigionieri dell’esercito serbo. Nel luglio del 1917, l’Undicesima Armata dell’Esercito austro-ungarico – attiva in quella fase in particolare tra gli Altipiani e l’Alta Valsugana – utilizzava 1.631 «serbi». Le prime testimonianze della presenza di prigionieri a Castellano risalgono all’inizio del 1916.
A marzo era attestata in paese la presenza del reparto di prigionieri di guerra lavoratori n.195, le cui squadre A e B contavano 250 prigionieri serbi ciascuna. Con ogni probabilità, altri reparti si succedettero nei mesi e negli anni successivi in paese. Secondo la testimonianza di Luigia Miorandi, alcune centinaia di prigionieri serbi erano internate «negli avvolti del Castello», altre memorie menzionano l’utilizzo allo stesso scopo dell’edificio della scuola del paese.
 

 
In tutto il Trentino, e più ampiamente in Tirolo, i prigionieri erano impiegati nei lavori più diversi: dal servizio alle postazioni – dediti soprattutto al trasporto di munizioni, armi, materiali e rifornimenti verso le prime linee in alta quota – alla costruzione e alla manutenzione di strade, ferrovie e teleferiche, quindi nella gestione e nella coltivazione delle campagne. A Castellano e nella Valle di Cei furono certamente utilizzati nella costruzione di strade, oltre che in supporto all’approvvigionamento. Pur con gradi diversi, in tutti i paesi belligeranti le condizioni di vita dei prigionieri di guerra raggiunsero nelle compagnie di lavoro il livello più disumano. Anche i dati relativi ai prigionieri serbi sepolti nel cimitero di Castellano nel marzo del 1916 parlano di sfinimenti e collassi, dovuti probabilmente alla carenza di cibo, al freddo e ai carichi di lavoro, senza contare le forme di violenza informale a cui erano sottoposti da parte delle guardie.
 
Le fonti registrano, in diverse località trentine e tirolesi, anche episodi di rifiuto del lavoro e di protesta da parte dei prigionieri. Secondo quanto riportato dalla testimonianza di Luigia Miorandi, nella primavera del 1916 una «rivolta» si verificò anche tra i prigionieri serbi presenti a Castellano. Difficilmente tali iniziative determinavano qualche miglioramento di condizione, finendo represse dall’intervento dei reparti di guardia. Un sollievo più concreto poteva invece arrivare da quei civili trentini che, contravvenendo alle disposizioni delle autorità, condividevano con i prigionieri di guerra le poche risorse disponibili, cibo o indumenti. Fu proprio quel rapporto tra popolazione civile e prigionieri diffuso su tutto il territorio provinciale – contraddistinto da pregiudizi e timori ma anche da diffusi slanci di umanità – che si conservò per molto tempo nelle memorie collettive popolari. Il ricordo, andato gradualmente a sfumare, viene oggi recuperato anche grazie a iniziative come la mostra fotografica inaugurata a Castellano nel fine settimana del 23 e 24 luglio scorsi e ancora oggi visitabile.
 


Merita qui di essere riportato il discorso di inaugurazione dell’importante Mostra pronunciato dal Curatore della stessa Claudio Tonolli.
«Nella veste di coordinatore del Laboratorio di Ricerca Storica don Zanolli di Castellano, nell’indagare sul nostro passato locale, spesso mi sono imbattuto nel resoconto di eventi tristi e spesso drammatici dal momento che la vita umana, oltre a qualche gioia, ci riserva spesso amare sorprese causate dalle forze naturali e purtroppo anche dall’insana predisposizione della nostra specie a sviluppare conflitti e sopraffazioni.
Solo la razionalità, il buon senso, il rispetto di dettami etici, la comprensione dei bisogni dell’altro, la compassione, la democrazia, ci aiutano e ci indicano la via della concordia e della pace.
 
«Oggi siamo qui a commemorare fatti accaduti un secolo fa, parlo della Prima Guerra Mondiale, che hanno coinvolto fra l’altro un gruppo di militari serbi caduti prigionieri dell’esercito austroungarico ed inviati, lontani dalla loro patria, proprio qui a Castellano.
Nelle memorie della nostra comunità si è sempre conservato il ricordo di questi sfortunati soldati sistemati in paese e delle difficili condizioni di vita da loro sopportate, delle sofferenze dovute alle scarse condizioni logistiche, igieniche, alimentari in un contesto in cui anche gli stessi militari austroungarici, che li tenevano prigionieri, non godevano di particolari agi.»
 

 
«Secondo le ricerche di Marco Abram di Osservatorio Balcani Caucaso Transeuropa, quelli qui dislocati rappresentano ovviamente solo una minima parte dei prigionieri. Nel 1916 nell’intero Tirolo erano impiegati nei reparti di lavoro più di 8.000 serbi.
«Per quanto riguarda Castellano, secondo quanto rintracciato nel corso del suo lavoro, nel 1916 sarebbero state presenti due squadre di 250 prigionieri serbi ciascuna, mentre è da supporre che nei mesi e negli anni di guerra successivi ne furono inviati altri.
«La nostra compaesana Luigia Miorandi nelle sue memorie ha raccontato che alcune centinaia di prigionieri serbi (circa 300) erano alloggiati nel Castello di Castellano; altre fonti menzionano l’utilizzo per lo stesso scopo, dell’edificio della scuola elementare e di alcuni avvolti in paese.
Oltre al connotato della sofferenza umana, della loro presenza nella nostra comunità rimarrà per sempre traccia anche nella toponomastica locale ossia dal Senter dei serbi, che prende i propri passi poco sopra Castellano, alla località definita Zimitèri dei serbi, presso il Passo Bordala che avremo modo di visitare.»
 
«Dettagli tecnici a parte, vorrei però soprattutto soffermare la vostra attenzione sulle loro condizioni di vita che raggiunsero livelli disumani in quanto i dati relativi ai prigionieri serbi sepolti nel cimitero di Castellano nel marzo del 1916, parlano di sfinimenti e collassi, dovuti alla carenza di cibo, al freddo e ai carichi di lavoro.
Per concludere, non è mia intenzione cadere nella facile retorica del ricordo accompagnata dal solito severo impegno perché non si manifestino più le condizioni per l’avvio degli infausti eventi bellici. Vorrei invece che ognuno di noi mai dimenticasse le immani tragedie delle guerre e, nel caso delle vicende dei prigionieri serbi che oggi commemoriamo, provasse a calarsi e a meditare profondamente sui sentimenti da loro provati, come se fossero quelli dei nostri padri, dei nostri fratelli, dei nostri figli.
Solo così, accomunando la nostra volontà di concordia e di amore tra i popoli, potremo sperare per il futuro di connotare le umane vicende di una costruttiva convivenza.»
 

 
Molto toccanti pure le parole con cui la nota giornalista serba Svetlana Barac ha raccontato come la gente di Castellano ha voluto ricordare con grande rispetto questi tragici eventi.
«Sabato e domenica 23 e 24 luglio ho partecipato ad un evento molto importante per il nostro popolo. Abbiamo reso omaggio ai serbi che hanno vissuto prima di noi in queste aree del Trentino, ma in condizioni di guerra molto diverse. A differenza di come noi oggi veniamo qui volontariamente come turisti, per evitare la mobilitazione a causa della guerra civile spinta dalle potenze mondiali e dai nostri politici avidi e irresponsabili, nei primi Anni del Novecento i nostri antenati furono mobilitati con la forza, lasciando le loro case e i campi, per difendere la loro libertà e l’unità del loro paese, per combattere l’impero che aveva occupato le loro terre e che aveva ucciso molti di loro.
 
La suggestiva manifestazione Dai Balcani al Trentino è stata organizzata dall’Associazione Pro Loco di Castellano e ha fatto tesoro delle accurate ricerche del Laboratorio di Storia don Zonolli dello stesso paese. A questo evento hanno partecipato i sindaci di Villa Lagarina Julka Giordani e di Nogaredo Alberto Scerbo, nonché vari nostri rappresentanti, quali il Ministro Darja Kisic e i Consoli Generali di Trieste e di Milano, Ivana Stojiljkovic e Radmila Selakovic.
L’esposizione mostra in esclusiva i serbi intrappolati in quella guerra e che hanno trascorso quegli anni a lavorare su case e campagne i cui proprietari erano sul fronte. Si possono vedere gli oggetti che tenevano nelle loro borse e tutto ciò che ci racconta della loro sofferenza lontani da casa e dai loro cari. La mostra è stata organizzata nell’ambito della commemorazione storica trentino-serba, in memoria di centinaia di prigionieri serbi, circa 500, morti nella Prima Guerra Mondiale in questa parte dell’Italia.
 
Il Ministro Kisic ha deposto una targa al cimitero di Castellano, dove sono seppelliti vari soldati serbi. Per questi soldati è stata celebrata una Santa Messa.
All’evento hanno partecipato i rappresentanti di diverse associazioni serbe, assieme al Presidente dell’Unione dei Serbi in Italia, Dušan Aleksi?, al Vicepresidente Nesa Lazi? ed a Jelena Glisi? e Lidija Radovanovi?, inoltre i referenti di più chiese e parrocchie di Trieste, Vicenza, Udine, Zlatimir Selakovic, Zivomir Ilic e Svetlana Milosevic. Presenti pure le insegnanti della scuola elementare serba Jelena Jovanovic e Dragica Doderovic.
D’accordo con il Ministro Kisic, credo che sostituiremo la croce di legno che segna il luogo delle tombe serbe con un monumento adeguato al giusto loro ricordo.
Emozionante pure la visita all’Ossario di Castel Dante di Rovereto, dove sono raccolte le spoglie anche di molti soldati serbi.»
 

 
Ecco qui di seguito la scritta e i nomi dei soldati serbi sepolti a Castellano e riportati degnamente sulla targa sopra citata:
In memoria dei prigionieri serbi caduti e sepolti a Castellano durante la Grande Guerra.
- Milutin Trailovi?, anni 49
- Milovan Paunovi?, anni 60
- ?edomir Luki?, anni 31
- Ran?el Mileti?, anni 48
- Stanoje Poznanovi?, anni 23
- Stojan Miluti?, anni 45
- Silka Ili?, anni 33
 
Ci sembrano, a questo punto, degna conclusione di questa nostra cronaca, le parole di ringraziamento pronunciate da Andrea Miorandi, già Sindaco di Rovereto, e oggi tra le persone più attive nella fedele ricostruzione della storia del suo amato paese di Castellano, nonché nipote della già citata Signora Luigia Miorandi, preziosa testimone degli eventi che portarono molti soldati serbi ai piedi del nostro Monte Stivo egli anni della Prima Guerra Mondiale.
 
«Grazie a tutti e a tutte le istituzioni. Abbiamo realizzato un unicum storico che lascerà un segno indelebile nella storia di Castellano!
Ancora una volta il patrimonio straordinario del nostro Laboratorio di Ricerca Storica ha permesso di creare un evento come quello appena vissuto. Unire la dimensione culturale, istituzionale e quella della festa popolare, non è banale. Abbiamo mosso le montagne: governi nazionali, locali, TV di Stato, associazioni, cittadini stranieri in terra italiana.
«Un epilogo incredibile anche alla Campana dei Caduti di Rovereto: sono testimone diretto che non ho mai visto una Pro Loco entrare in quel luogo da protagonista. Giornate storiche quindi!
«Un sentito grazie a Maurizio Manica e a Claudio Tonolli, ideatori di tutto questo.
«E così la domanda nasce spontanea: ma quante Pro Loco conoscete che riescono a realizzare un evento di questa portata culturale, storica e internazionale? Io nessun’altra. Spero quindi che il risultato possa essere misura di meritocrazia per noi. Complimenti e avanti ai prossimi obiettivi.
Adesso riposiamo e godiamoci il risultato più roseo di ogni nostra aspettativa.»

Ricordiamo che la preziosa Mostra fotografica sarà aperta e visitabile a Castellano fino alla fine di settembre. Un’opportunità unica per grandi e piccoli, assolutamente da non perdere.

Paolo Farinati - [email protected]