La via del Volto Santo/ 2 – Di Elena Casagrande
Lasciamo la Lunigiana attraversando il Passo di San Nicolao di Tea, dove c’era un ospitale medievale e, scortati dai lupi, entriamo in Garfagnana
L’antico ospitale di San Nicolao di Tea.
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Da queste parti in ogni borgo c’è un castello o un rudere della famiglia dei Malaspina
Anche a Monti, un tempo chiamata Venelia, sono state trovate delle statue stele. L’ultima, Venelia V, nel 2012. «Ne scopriranno ancora! » – dico a Teo, entrando a Pontebosio dopo aver attraversato il torrente Taverone.
Il ponte, costruito dalla famiglia dei Bosi, dà il nome al borgo. I Malaspina, in lotta con i Bosi, di tutta risposta, vi eressero un enorme castello, accanto alla chiesa. Proprio lì dietro inizia un sentiero lastricato che poi si trasforma in mulattiera, per Olivola. Anche lì c’era un castello dei marchesi Malaspina, crollato col terremoto del 1920. Feudatari del Sacro Romano Impero, questi signori si servivano dei castelli per marcare e difendere i loro territori, minacciati dai comuni nascenti, dal vescovo di Luni, da Matilde di Canossa, dagli estensi, dai lucchesi e dai fiorentini. Rimasero al potere fino alla Rivoluzione Francese e alcuni rami della famiglia fino al Congresso di Vienna. E, per farlo, non esitarono a fare più volte i voltagabbana.
La chiesa di San Michele ad Olivola.
Ad Olivola il prete inizia il suo tour domenicale di Messe
Ad Olivola stanno addobbando con i fiori la chiesa di San Michele Arcangelo. È la terza, dedicata all’Arcangelo, nel giro di pochi chilometri. Siamo su un via micaelica, detta anche michelita. Ci fermiamo e, a Messa finita, vediamo che le composizioni floreali vengono ricaricate sull’auto del prete, per le celebrazioni successive.
Due signori camminano un po’ con noi. Stanno andando alla Sagra della Porchetta. «Non capisco perché noi siamo sempre a faticare, mentre gli altri vanno alle sagre» – dico a Teo. E lui ride.
Si procede su asfalto fino a Saldina e poi ancora fino al Santuario della Madonna dei Colli di Soliera. Il convento fu convertito in Istituto agrario, ma ora sembra abbandonato. Ci sediamo sotto il portico. Teo mi passa una fetta di torta salata tipica della Lunigiana: la «torta d’erbi», che tira fuori dallo zaino. «Me l’ero dimenticata!» – gli dico sorpresa. «Ci voleva».
Sul sentiero per Posara.
Prima di arrivare a Posara il sentiero quasi sparisce tra la vegetazione spontanea
Il sentiero si fa via via sempre più infestato da erbe intricate e molto alte. Prima di Posara di Sopra la situazione è critica. Fa molto caldo e mi becco una zecca, che riesce ad entrare dalla cerniera dei pantaloni convertibili, sulla coscia. «Come avrà fatto? Per fortuna che siamo vaccinati!» – dico a Teo, entrando a Posara.
Subito ci affianca un tizio, l’unico che gira con questo caldo, tra le vie del borgo. Gli chiedo dove si trovi un bassorilievo del ‘600. Mi risponde che qui ce ne sono diversi, ma a lui, più che altro, interessa mostrare la sede locale del partito socialista, fondata dal nonno. È molto orgoglioso.
Scendiamo a Posara di Sotto. Mancano pochi chilometri a Fivizzano. Pare inarrivabile, specialmente per la salita finale, su strada, che ci sfianca. «Sembra l’erta di Castelnuovo della Daunia, sul nostro cammino verso Monte Sant’Angelo!» – ricorda Teo. «Sì, ma per fortuna questa è più corta!» – gli rispondo.
La fontana medicea di Fivizzano.
Fivizzano era la sosta obbligata durante l’attraversamento dei passi appenninici
A 700 metri dal centro di Fivizzano, tra le radici di un castagno abbattuto, fu trovata la statua stele di Verrucola, una delle più enigmatiche e belle tra quelle della zona, abitata sin dalla preistoria e al centro di un importante snodo viario per l’attraversamento dell’Appennino tosco-emiliano. I mercanti e i pellegrini medievali diretti a Lucca e a Roma, non facevano solo il Passo della Cisa o quello del Borgallo, ma si servivano anche di altri valichi, come il Lagastrello (detto «Malpasso», con l’ospitale dell’Abbazia di Linari) o il Passo dell’Ospedalaccio (con l’ospitale di San Lorenzo) e sostavano a Fivizzano, dai Cavalieri di Altopascio.
Lo testimonia anche la chiesa di San Jacopo e Sant’Antonio, dove si trova una bella statua di San Giacomo Maggiore e dove è custodita una pila battesimale del XIV secolo, con scolpiti il Tau e il bastone dei pellegrini.
Tra gli avvolti di Turlago.
Passiamo dalla Firenze della Lunigiana alle frazioni rurali sopra Casola in Lunigiana
Prima di andare a dormire al B&B «Alla porta di sotto», ricavato da una storica mescita di vino, ceniamo in centro, all’Osteria Raccontadina. Fivizzano, oltre alla fontana con i delfini voluta da Cosimo III de’ Medici, è ricca di palazzi eleganti: per questo è detta la «Firenze della Lunigiana». Ma non ci dispiace lasciarla per addentrarci in un contesto più rurale, tra boschi e paesini arroccati. Il primo è Turlago, con la Chiesa di San Felice e i suoi avvolti «contigui».
È poi la volta di Reusa e Vedriano dove, da una fonte con un mascherone in marmo, sgorga un’acqua freschissima. Poi continuiamo per Castiglioncello. Grazie ad una ragazza del posto riesco ad individuare, su un muro, la pietra con la riproduzione di un pellegrino. Aspettavo di vedere questa incisione da tutto il giorno. Il viandante ha il bastone in una mano e, nell’altra, la bisaccia. Una meraviglia!
Il pellegrino di Castiglioncello.
Entriamo in Garfagnana, come nel medioevo, dal Passo di San Nicolao di Tea
Alla Pieve di Offiano, nel comune di Casola in Lunigiana, il sig. Berti sta tosando il prato. Pur fiero della sua Pieve ci consiglia di andare a vedere la splendida Pieve di San Cornelio e San Cipriano. «Lo faremo senz’altro!» – gli rispondiamo. «Ma ora dobbiamo inerpicarci verso Regnano». Lì andiamo in crisi, dato che ci sono un paio di opzioni e dato che i segnali sono caduti a terra.
Optiamo per la strada ed arriviamo all’antico ospitale di San Nicolao. Grazie ai fondi europei è stato sistemato con passerelle e cartelli informativi. Purtroppo, nell’estate del 2023, lo troviamo in stato di abbandono, con le erbacce che coprono gli scavi e con i quasi tutti i pannelli caduti a terra o illeggibili. Al Passo di Tea entriamo in Garfagnana, come i pellegrini e i viandanti del XII secolo.
L’arrivo sul Monte Argegna.
La Casa del Pellegrino si sta preparando al Pellegrinaggio annuale degli Alpini
Manca poco al Monte Argegna. Dopo un comodo sentiero nel bosco, scendiamo al Santuario di Nostra Signora della Guardia da un prato enorme, dove è installata una campana commemorativa. Ci sono transenne e tricolori perché domani arriveranno gli alpini per il loro pellegrinaggio.
Dopo un momento di riposo in chiesa, entriamo alla «Casa del Pellegrino». Nelle cucine stanno preparando le pietanze per il raduno. Prenotiamo un tavolo per cena: ci saranno tortelli al ragù e cinghiale con patatine. Il proprietario ci regala un pieghevole con le leggende della Garfagnana, popolate da serpenti, dal diavolo e dal conte Cilla.
Da piccolo, dopo i temporali estivi, cacciava le vipere al Tea. «Ora è lasciato andare!» – gli dico. E lui annuisce, esortandoci: «Scrivete al Comune, fatevi sentire!»
La tenda in legno del Camping Argegna.
Ci viene detto che i lupi hanno vigilato la nostra salita al Monte Argegna
E poi continua: «Voi non lo sapete, ma, al Passo, siete stati scortati dai lupi!» «Ma dai! Sa che mi sono fermata più volte, per dei rumori, chiedendo anche a Teo di guardarsi intorno, ma non abbiamo visto nulla!» - gli rispondo. E lui: «Sono lupi locali, non c’è pericolo. Quelli cattivi sono gli incroci tra cani e lupi».
«Sarà. Ma come si distinguono?» – chiedo a Teo, mentre andiamo al campeggio, dove lui ha prenotato una tenda di legno. Il gestore ci accoglie sorridente. Ci viene dato l’occorrente per il soggiorno (lenzuola, carta igienica, sacchi per i rifiuti) e poi veniamo caricati su una Golf car. «Vi faccio vedere un paio di capanni così potete scegliere» – ci dice. Ed io: «Molto volentieri. È bello essere trasportati, dopo tanta fatica!»
Il cartello di Giuncugnano.
Passando da ponti a schiena d’asino e campi di grano arriviamo a Piazza al Serchio
Partiamo di buon mattino, nel bosco. D’un tratto il paesaggio si apre. Di fronte a noi le Apuane e Giuncugnano, un paesino in pietra dalle viuzze lastricate. Dopo l’Agritur «Il Cilla» (un conte del borgo, noto per la sua avarizia e per le conoscenze alchemiche) mi imbatto in un cartello, a forma di corona, con l’affresco del mese di luglio di Torre Aquila a Trento. Lo hanno preso come esempio della longevità, in queste valli, della società di tipo feudale.
Le campagne che incorniciano la via sono coltivate a grano e farro da tempo immemore ed i vecchi mulini che incontriamo, specie dopo Gragnana, nella località di San Michele (ancora l’Arcangelo!), lo provano. Passando da ponti a schiena d’asino e sentieri lungo il Serchio,
raggiungiamo Piazza al Serchio. C’è il mercato. Già dal Medioevo nel suo «spiazzo», si commerciava, seguendo regole ben precise.
Elena Casagrande - [email protected]
(La terza puntata della «Via del Volto Santo» sarà pubblicata mercoledì 24 luglio)
Le Apuane viste da Giuncugnano.