Come combattere i pericoli della Rete – Di Nadia Clementi

Ne abbiamo parliato col prof. Giuseppe Maiolo, autore del progetto «Safe internet sicuro/adottiamo-ci» contro adescamento, pedofilia, pedopornografia e bullismo

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La Rete è un luogo virtuale ricco di informazioni e possibilità, ma anche pieno di insidie, di cui non sempre siamo consapevoli.
Conoscere il mondo delle nuove tecnologie, le potenzialità e i rischi di internet, serve a fare prevenzione e a proteggere i minori dai siti che invitano ad assumere comportamenti dannosi per sé e per gli altri.
Con questo scopo nasce il progetto di prevenzione e contrasto denominato «SAFE INTERNET SICURO - Adottiamo-ci» che fa riferimento all’educazione digitale che rappresenta lo strumento più importante per poter garantire la sicurezza online e contenere i fenomeni gravi e pericolosi come l’adescamento, la pedofilia, la pedopornografia e il devastante fenomeno del bullismo reale e de cyberbullismo.
Quest’ultimo pervasivo e altamente pericoloso grazie alle sue mille coloriture diverse che vanno dalle Fake news (notizie false) all’Hate speech (Odio online).
 
Il progetto nasce nel 2007 presso il Centro il Germoglio di Bolzano (Centro per la prevenzione della violenza sui minori e il sostegno alle vittime), di cui gli autori il prof. Giuseppe Maiolo e la dott.ssa Giuliana Beghini Franchini, sono stati fondatori e responsabili. Nel corso degli anni il progetto si è adattato allo sviluppo e alla diffusione delle nuove tecnologie che nel corso del tempo hanno aumentato e aggravato i rischi e i pericoli della rete.
All’inizio, il loro intervento voleva essere una campagna di sensibilizzazione sui pericoli del web, ed era destinato, in particolare agli adolescenti che utilizzavano la rete e i dispositivi con grande facilità.
Un po’ alla volta però il target è variato perché l’età dei minori che navigavano si è abbassata.
Fino ad arrivare alla necessità urgente di un progetto educativo che punti a sensibilizzare i bambini sui rischi di Internet e aumenti la consapevolezza negli adulti.
 
Noi per saperne di più, abbiamo intervistato uno degli autori e conduttori del progetto, Giuseppe Maiolo, psicologo e psicoanalista, giornalista e autorevole collaboratore nel nostro giornale.
È docente di Psicologia delle età della vita all’Università di Trento, esperto in Clinica dell’adolescente, autore di pubblicazioni dedicate al mondo infantile e dell’adolescenza tra cui uno dei più recenti «Mio figlio tra bullismo e cyberbullismo. Vittima bullo o complice» GiuntiEdu.


Il prof. Maiolo con la moglie e collega.
 
Prof. Maiolo, quali sono, nella sua esperienza, i rischi di un utilizzo troppo precoce dello smartphone e di conseguenza di internet e social network?
«Domanda difficile a cui rispondere perché viviamo un tempo di grandi trasformazioni. Ci troviamo all’interno di una rivoluzione culturale, incredibilmente complessa, di cui ancora oggi, non ci rendiamo esattamente conto.
«Ad esempio, il fatto stesso, che si è anticipata l‘età dei bambini in possesso di cellulare, indica da una parte che le pratiche educative sono cambiate, ma anche, che si sottovalutano i rischi.
«Una cosa è certa, con lo smartphone di ultima generazione si possono fare delle cose a una velocità di comunicazione pari a una Ferrari. Ciò significa che, è come avere in mano un’auto potente che nessuno darebbe a un bambino e che, nemmeno un adulto appena patentato saprebbe condurre.
«Eppure assistiamo ad una continua anticipazione della consegna del telefonino ai bambini.
Nel realizzare il progetto nel corso del 2021 abbiamo somministrato un questionario esplorativo a 127 bambini che frequentavano dalla 3° primaria alla 2° media.
«È emerso che il 75,6% ha il cellulare e che il 17,2 % l’ha ricevuto a 6 anni e nel il 53,3% come regalo mentre il 35;9% lo ha avuto perché i genitori lo considerano uno strumento che offre sicurezza.
«Ma sappiamo da alcune ricerche che i casi di adescamento online dei minori sono in continuo aumento. Secondo Telefono Azzurro nel 47% dei casi i bambini hanno meno di 10 anni.
«Un altro dato importante è sapere che tra i 9 e i 10 anni il 51% dei bambini si collega quotidianamente a internet e ha un profilo su un social che lo mette in contatto con una popolazione non conosciuta dal minore.»
 

 
Quanti e quali sono i maggiori pericoli della rete internet e cosa si può fare per difendere i più giovani?
«Prima di tutto dobbiamo dire che il trascorre molto tempo davanti al pc oppure con uno smartphone in mano e il display sempre acceso può produrre danni sia fisici che psicologici.
«E oggi, sappiamo, che sono davvero molte le ore che i bambini della scuola primaria passano in questa condizione.
«Nel portare questo progetto nelle scuole raccogliamo anche molte informazioni.
«Dal questionario di cui ho accennato prima emerge che il 22% dei bambini ha avuto il permesso dai genitori di usare il cellulare per più di 3 ore al giorno e il 18,6% dalle 2 alle 3 ore.
«Le conseguenze sono note, l’uso eccessivo di device compromette il desiderio di giocare con i pari, conduce ad un aumento della sedentarietà e l’inattività fisica provoca problemi di sovrappeso.
«Inoltre, il lungo tempo trascorso su telefonini e tablet, può produrre disturbi della vista, del sonno, a causa della sempre più diffusa abitudine ad usare il cellulare prima di addormentarsi.
«L’uso massiccio del digitale, potenzia il canale visivo ma riduce la capacità di ascolto, sottrae tempo alla relazione con l’adulto e compromette lo sviluppo delle abilità linguistiche.
«E poi il circuito della ricompensa che viene attivato dai like favorisce la logica del tutto e subito, annulla i tempi dell’attesa e la formazione del desiderio.
«E, ancora, l’uso improprio di internet non sviluppa la capacità di gestione delle proprie emozioni, riduce la curiosità e la ricerca che sono condizioni importanti per la costruzione del Sé.
«Essere esposti a messaggi sommersi e a contenuti non adeguati per l’età, apre la possibilità di fare incontri virtuali e anche reali con sconosciuti che i minori non sanno individuare come pericolosi.
«E alla fine di questo parziale elenco di pericoli c’è il bullismo virtuale che si unisce a quello reale e aumenta ogni giorno di più. Cresce così il rischio di essere minacciati e derisi, offesi e ridicolizzati online. Queste offese che stanno colpendo una grande fetta di minori sono spesso devastanti, ma rimangono in silenzio per un lungo periodo, producendo, angoscia, ansia, depressione, disperazione.
«Non sono pochi coloro che per questo motivo arrivano a coltivare pensieri suicidari e a tentare il suicidio. Perché come diceva Carolina Picchio, forse la prima suicida italiana per cyberbullismo, Le parole fanno più male delle botte!»
 

 
Perché è nata l’urgenza di un nuovo progetto come «SAFE INTERNET SICURO/Adottiamo-ci?»
«Perché i minori stanno rischiando sempre di più, soprattutto per quanto riguarda il fenomeno del cyberbullismo. E nessuno ancora prende sul serio la necessità dell’educazione digitale da sviluppare il prima possibile a partire dalla famiglia e poi anche dalla scuola.
«Eppure i dati sono impressionanti. Secondo alcuni studi 2 su 5 ragazzi sono stati vittima di aggressioni online e il 72% degli adolescenti considera il bullismo il pericolo maggiore.
«Ma se è vero che si sono moltiplicati gli sforzi per informare e far arrivare indicazioni sia ai minori che agli adulti dei pericoli della rete, è vero anche che spesso sembra basti una chiacchierata, un incontro spot con l’esperto di turno e poi tutto finisce lì.
«Penso ormai che educare non voglia dire informare, ma accompagnare alla crescita, sostenere il bambino che scopre il mondo, stare accanto all’adolescente e offrigli appoggio nel momento più cruciale dell’esistenza ed esercitare il controllare su quello che sta scoprendo del mondo e della vita. Controllo che i teenager non hanno di se stessi perché le aree del cervello deputate a fare questa operazione non hanno ancora completato il processo di maturazione.
«L’urgenza è poi data dal fatto oggi i bambini fanno tutto da soli e le informazioni giuste o sbagliate che siano, se le passano tra pari. Gli adulti non ci sono mai o quasi. È la distanza culturale e affettiva. La scarsa iterazione tra i due fa sì che il minore non ponga domande all’adulto, perché non lo considera competente e attendibile.
«Così la solitudine mette a repentaglio la sicurezza del bambino. Quando ad esempio egli si trova di fronte a un pericolo che non conosce o a qualcuno che lo offende o gli fa delle proposte strane, anche se ne avverte il pericolo, non chiede e non interpella l’adulto.
«Tace. E IL SILENZIO NON è MAI positivo, non aiuta.»
 

 
Quali sono gli obiettivi del progetto e a chi è rivolto?
«Gli obiettivi sono diversi ma il principale è quello di sviluppare nei bambini sensibilità e conoscenze relative agli aspetti positivi e negativi del web. Vuole dare strumenti che permettano di fare un uso adeguato dei dispositivi digitali, ma anche vuole mostrare con dati alla mano quali sono le pratiche pericolose in rete. Parallelamente punta ad ampliare le competenze educative degli adulti in merito alla digitalità e alle buone prassi educative.
«Il progetto è articolato in un percorso che si sviluppa nel corso di tre anni, dalla terza alla quinta classe della primaria.
«Vogliamo fare prevenzione primaria e puntiamo a dare strumenti di conoscenza, regole di comportamento e nello stesso tempo far passare l’idea che i minori se incontrano qualcosa che non conoscono o che li turba è fondamentale che chiedano all’adulto spiegazioni e aiuto.
«Insistiamo che questo genere di comunicazioni e di segnalazioni venga fatto subito in quanto l’adulto di riferimento ha il compito della tutela e della difesa di un minore.»
 
Come si struttura il progetto e con quali sono le modalità d’intervento?
«Tutto il piano di lavoro, che può essere anche sviluppato online come è accaduto nel corso della pandemia, mira a costruire negli utenti un’ampia consapevolezza digitale e si compone di più elementi, nello specifico:
«il primo approccio è dato da una Mostra itinerante fatta di pannelli mobili con cui facciamo una sintesi riguardante le pratiche negative o pericolose e i consigli per evitare i rischi del web.
«La mostra viene data in comodato gratuito alla scuola per un periodo limitato rimane a disposizione di insegnanti, bambini e genitori.
«Come introduzione al progetto e al suo sviluppo si propone una conferenza per insegnanti e genitori al fine di presentare e far conoscere il programma di lavoro.
«Poi ci sono i laboratori nelle classi con i bambini dove utilizziamo materiale audio–visivo selezionato e con il quale vengono presentate le funzioni della rete e i vantaggi che offre, ma anche tutti quelli che sono i pericoli e i comportamenti a rischio. In modo particolare viene affrontato a più riprese il cyberbullismo e le sue numerose variabili.
«I laboratori sono anche finalizzati a costruire competenze comunicative affinché i bambini arrivati in quinta classe siano in grado di fare piccoli interventi di informazione ai loro compagni più piccoli. Riteniamo infatti che il peering, la comunicazione tra pari, sia un ulteriore obiettivo del progetto che sarà perseguito con l’aiuto delle indicazioni operative della Peer education.
«Questo permetterà ai bambini di arrivare in quinta classe e diventare loro stessi educatori dei compagni della terza classe.
«Infine parallelamente a questi laboratori, sono previsti Per-corsi per gli insegnanti e per i genitori dove si approfondiscono le tematiche più importanti e i rischi maggiori che si corrono in rete. Le tematiche riguardano l’adescamento online, le false identità, il fenomeno del bullismo e del cyberbullismo e le sue numerose e sempre più temibili varianti. Ma verranno proposti anche laboratori di comunicazione per l’acquisizione degli strumenti utili alla negoziazione educativa.
«È da sottolineare il fatto che alcuni di questi interventi formativi verranno proposti come laboratori comuni sia agli insegnanti che ai genitori. Il che dovrebbe favorire un miglioramento delle relazioni e a nuove alleanze tra famiglia e scuola in grado di produrre a sua volta benessere per gli alunni.»
 
L’essere connessi in rete, lo abbiamo visto anche durante il lockdown, ha anche i suoi lati positivi, perché ha permesso agli adolescenti di «sentirsi» quotidianamente con i propri compagni ed amici. Bloccare quindi l’accesso a internet o social, anche tramite uno smartphone, può essere controproducente, ma cosa può fare un genitore per controllare il proprio figlio senza opprimerlo?
«Di sicuro un altro degli obiettivi che abbiamo è quello di aiutare tutta la comunità educante a superare le posizioni rigide, in quanto con i dispositivi, la rete e i social dobbiamo imparare a convivere.
«Il problema non è la tecnologia di per sé, che non è né buona né cattiva, ma è l’uso e l’abuso che se ne fa. Rispetto a questo sono convinto che per contenere i comportamenti a rischio e ridurre i pericoli del web, prima delle norme e delle misure di contrasto alla violenza, c’è da sviluppare un piano educativo rinnovato o arricchito quanto meno di Educazione Digitale
«Per i bambini e gli adolescenti, soprattutto quelli del nuovo millennio, che vivono da sempre la realtà virtuale, il compito principale dell’adulto è quello di educarli all’uso e controllare il modo con cui i minori utilizzano la tecnologia digitale. Non è con la repressione che si evitano rischi e pericoli, ma è fondamentale fare in modo che gli adolescenti arrivino ad autoregolarsi e auto-proteggersi. Ma prima li dobbiamo aiutare noi con il controllo.
«Penso che l’educazione digitale debba diventare con urgenza una realtà da inserire nel progetto educativo della famiglia e della scuola.»
 


Quali sono i segnali di disagio che devono essere tenuti sotto controllo dai genitori?
«Di certo va tenuto sotto controllo il tempo passato al monitor del PC o ai display di telefonino e Tablet. Il loro uso eccessivo può attivare stati di dipendenza e mettere a rischio il minore di cadere vittima di adescamento o sviluppare comportamenti violenti e irrispettosi. Inoltre la frequentazione di siti pornografici anticipatamente rispetto all’età adolescenziale può generare gravi traumi o stimolare anzi tempo la sessualità.
«La prima cosa che mi viene da dire ai genitori e agli educatori è quella di prestare la massima attenzione alla modifica dei comportamenti abituali le cui manifestazioni possono segnalare qualcosa di traumatico.
«Poi va osservato se il sonno è disturbato da continui risvegli notturni, oppure se il minore fatica ad addormentarsi. Il sonno alterato è uno tra primi indicatori di qualcosa che non sta funzionando.
«L’incapacità di stare senza il proprio cellulare o il dover verificare continuamente quanti sono i like ricevuti, sono anche questi segnali importanti che preannunciano un possibile stato di dipendenza. Anche un evidente nervosismo e le reazioni aggressive che si manifestano quando non è possibile usare i dispositivi, sono campanelli di allarme da non sottovalutare.
«E poi i comportamenti improvvisamente sessualizzati sono indicatori di disagio o di esperienze disturbanti.
«Serve attenzione alla perdita della comunicazione tra pari, alla mancanza di un gruppo di riferimento e all’assenza di amici o di inviti a feste e uscite. Ancora di più è importante osservare se cala l’interesse per la vita reale e prevale la preoccupazione e il rifiuto di uscire o di andare a scuola.
«Deve poi insospettire la tendenza a coprire i polsi con felpe lunghe o con una quantità eccessiva di braccialetti, perché sono in aumento i gesti autolesionistici causati da esperienze negative o aggressioni bulle che possono produrre angoscia, attacchi di panico e atteggiamenti di ritiro sociale.»
 
In caso di problematiche legate all’utilizzo di internet o dei social network cosa può fare un genitore? A chi può rivolgersi?
«La presenza di segnali come quelli esposti fin qui, può mettere l’adulto di riferimento in stato di allarme, ma è bene tenere sotto controllo le proprie reazioni ansiose e ancora di più il giudizio negativo di un figlio. È meglio piuttosto aprire il canale dell’ascolto e della disponibilità.
Quando poi si percepisce il rischio di una compromissione dello stato di benessere psicofisico, è necessario chiedere il supporto psicologico di un esperto o dei servizi sanitari (psicologico e /o di neuropsichiatria infantile) oppure ricercare eventuali gruppi di sostegno per famiglie e minori.»

Nadia Clementi - [email protected]

Chi fosse interessato a questo progetto «SAFE INTERNET SICORO/Adottiamo-ci» può rivolgersi a:
CENTRO IL GERMOGLIO (Ass. La STRADA-DER WEG Bolzano) - Via Dante, 12 39100 BOLZANO
Tel. 0471 061 400 [email protected]