Moser 1984, l’anno che cambiò il ciclismo

Il campione trentino oggi al Festival dello Sport

Foto @ Marco Oss.

Se c’è uno spartiacque tra il vecchio e il moderno ciclismo è il 1984 e il protagonista ha nome e cognome: Francesco Moser, quell’anno divenuto per tutti «Moserissimo».
Il campione trentino oggi al Festival dello Sport di Trento ha ripercorso le tappe salienti di quell’anno memorabile e della sua vita - non solo sportiva - insieme a Davide Cassani, non lesinando aneddoti e curiosità.
«Lo stesso giorno in cui Neil Armstrong mise piede sulla luna un diciottenne Moser disputò la sua prima gara» – esordisce Cassani introducendo il ciclista professionista italiano più vincente in assoluto, 273 vittorie, dietro solo a Merckx e Van Looy.
 
Il racconto, accompagnato dalle immagini, parte dall’infanzia di Francesco, vissuta a Palù di Giovo con la famiglia (dodici fratelli), e Moser non disdegna di raccontare al pubblico curiosità e aneddoti, dalla fede della madre («Ha consumato i banchi della chiesa»), alla caduta quasi mortale all’asilo («Pensavano fossi morto e tutti, bambini e maestra, si misero a pregare»), alla vita in campagna («una delle ultime vacche l’ho comprata io con i primi guadagni delle corse»).
Gli inizi, a diciotto anni, spinto dai fratelli già corridori, Enzo, Diego e Aldo, e subito l’introduzione di alcune novità sconosciute al mondo delle due ruote: gli occhiali da ciclista, i copriscarpe in neoprene.
«Gli occhiali mi facevano comodo perché soffrivo di congiuntivite mentre i copriscarpe furono un’intuizione nata osservando dei calzari da sub, che insieme ad un’azienda dell’epoca adattammo.»
 

 
Il racconto scandisce poi le tappe salienti della carriera di Moser: giro di Lombardia nel 1975, il campionato del mondo in Venezuela nel 1977, le tre vittorie consecutive alla Parigi-Roubaix tra il 1978 e il 1980, l’anno magico del 1984, quando lo «sceriffo» sarà capace di aggiudicarsi Giro d’Italia, Milano-San Remo e lo storico Recod dell’ora a città del Messico.
«E pensare che allora la mia squadra, la GIS, neanche voleva partecipassi, abbiamo dovuto convincerli», – ricorda Moser, che a quella competizione sperimentò alcune importanti innovazioni sia tecniche sia nella preparazione, dalla ruota lenticolare al cardiofrequenzimetro sino all’allenamento SFR - salita, forza, resistenza, che cambieranno per sempre il modo di intendere il ciclismo.
«Probabilmente i tempi erano maturi perché ciò accadesse e sono stato fortunato a trovarmi al posto giusto nel momento giusto» – si schernisce Moser.
 
Infine un accenno alla storica rivalità con Beppe Saronni («Impossible andare d'accordo con uno che vuole sempre l’ultima parola») e un siparietto con un altro grande protagonista del ciclismo dell’epoca, «Monsieur Paris-Roubaix» Roger de Vlaeminck, presente in sala.
Compagni di squadra due volte, nel 1978 alla Sanson e nel 1984 alla Gis, ricorda Cassani.
«Sì, ma ci sono andato solo perché mi hanno pagato molto bene, – precisa subito il belga salito sul palco, aggiungendo: – Non è possibile essere in squadra con uno forte come Francesco o come Merckx, due così forti in una sola squadra sarebbe troppo.»