Verdetto: «La Pandemia influenzale fu emergenza mediatica»
Così si è espressa la Giuria degli studenti universitari di tutta Italia all'ultimo confronto del ciclo «Vero o falso»
«Pandemia influenzale uguale
pandemia mediatica?» era il quesito posto dall'ultimo confronto del
ciclo «Vero o falso», nuovo format di questa edizione del festival,
moderato nuovamente da Federico Rampini de «La Repubblica».
Introdotto da Nerina Dirindin, docente all'università di Torino e
redattore de «lavoce.info», ha visto interventi di Donato Greco,
direttore del Centro nazionale di epidemiologia, Vittorio De
Micheli, direttore dell'assessorato alla sanità della Regione
Piemonte e collaboratore dell'Istituto di ricerca epidemiologica
Mario Negri di Milano, assieme alle testimonianze di Silvio
Garattini, direttore del Mario Negri, Maria Rosaria Russo
Valentini, avvocato.
La giuria degli studenti universitari - provenienti da tutta Italia
- ha emesso anche questa volta il suo verdetto: «Vero, quella
dell'inverno scorso fu emergenza mediatica, forse anche provocata
dalle multinazionali del farmaco, per 18 votanti su 19».
«Sono qui in parte in veste di imputato - ha detto Federico
Rampini nell'aprire i lavori - visto che i media oggi sono
sotto accusa. Ma potrei dire che sono anche qui in veste di
vittima, giacché il primo allarme pandemia, quello causato dalla
Sars, mi costrinse a rinviare, all'epoca, il mio trasferimento
dagli Usa a Pechino.
«E in Cina l'impatto dell'allarme fu particolarmente forte, con
paralisi dei voli, controlli estremamente scrupolosi e così via.
Oggi (lo scrive anche Il Sole 24 Ore) sta emergendo che forse
l'allarme pandemia generato dal virus H1N1 è stato enormemente
ingigantito dall'Organizzazione mondiale della sanità, anche a
causa di rapporti poco chiari con le grandi case farmaceutiche.
«Tuttavia devo anche ricordare il principio di precauzione, che ad
esempio la BP ha ignorato, con le conseguenze che sappiamo per
l'incidente occorso alla piattaforma petrolifera al largo delle
coste statunitensi, incidente considerato dagli esperti
statisticamente improbabile.
«Qualcosa del genere vale anche per i terremoti; insomma, le
autorità pubbliche a volte devono spendere per prevenire, e quando
non lo fanno le critiche, a posteriori, sono feroci. Lo stesso vale
per il mondo dei media.»
Dirindin ha ripercorso l'ascesa dell'allarme relativo all'influenza
cosiddetta «suina», a partire dalla primavera 2009 (a oggi il
livello di allerta per questa pandemia è rimasto quello dichiarato
dall'Oms nel giugno dell'anno scorso, ovvero il massimo, il
sesto).
«I governi cominciarono a fare scorte di vaccini per affrontare
l'emergenza. I costi complessivi non sono ancora disponibili,
comunque si parla di migliaia di euro, un miliardo solo in
Europa.
L'allarme poi non si è rivelato giustificato? C'è chi sostiene che
lo era, e che quindi le autorità si sono attrezzate di conseguenza.
C'è invece chi sostiene che non era giustificato ed è stato
amplificato dai media, ma anche forse da altri soggetti che avevano
degli interessi nel farlo, per aumentare i propri profitti in un
momento di crisi mondiale generalizzata.
«Il Consiglio d'Europa sta inoltre denunciando una generale
mancanza di trasparenza nell'operato delle autorità sanitarie dei
diversi paesi, relativamente ai rapporti con i fornitori dei
farmaci antiretrovirali.»
Donato Greco, che è anche membro di commissioni
internazionali dell'Oms e dell'Unione europea, ha iniziato la sua
esposizione ricordando che «noi con l'influenza conviviamo da
sempre, essa è causa di morte per una fetta di popolazione che va
dalle 3 alle 8.000 persone all'anno, soprattutto anziani o pazienti
già debilitati.
«È la prima infezione del nostro paese dopo il raffreddore ed è
anche molto costosa per le nostre finanze. Cosa è successo questa
volta? Un virus 'mutante' si è combinato con 4 geni umani, 2 geni
aviari e 2 geni di maiale, e ha dato vita a qualcosa di nuovo,
sconosciuto ai 78 laboratori sparsi per il mondo a fare ricerche in
questo campo.
«C'è stata una prima epidemia in Messico - nella città dove c'è il
più grande allevamento di maiali del mondo - e poi il virus si è
diffuso molto rapidamente, e fuori stagione. Il Ministero italiano,
con il suo gruppo di lavoro che monitorizza le pandemie (memore
della catastrofe della Spagnola del 1918) ha cominciato a
muoversi.
«Nel giugno è scesa in campo l'Oms, agenzia delle Nazioni unite,
che ha assegnato alla nuova pandemia il sesto livello, il massimo,
sulla base di 169 criteri presi in esame. Non mi risulta che questi
criteri siano stati modificati per l'occasione.
«In quanto alla vaccinazione, la sua efficacia in questi casi è
assolutamente provata, lo vediamo ogni anno, ad ogni uscita di un
nuovo vaccino. Non si tratta peraltro di un grande business; la
spesa per vaccini non è un grande affare mondiale, rispetto ad
esempio al business delle vitamine. I limiti del piano italiano
sono stati semmai il mancato coinvolgimento dei medici e un cattivo
rapporto stato-regioni.
«Ci sono state pressioni da parte delle case farmaceutiche? Sì, ma
ritengo che gli acquisti di vaccini, data la circostanza, fossero
inevitabili. I mass media hanno anche amplificato la portata
dell'emergenza. Semmai forse si sarebbe potuto procedere con
maggiore flessibilità. Ma quando le campagne di vaccinazioni
falliscono, le conseguenze sono tragiche.»
Vittorio De Micheli ha ricordato invece
l'inchiesta condotta dal Consiglio d'Europa (e di alcuni media) da
cui risulterebbero scarsa trasparenza nell'operato delle autorità
sanitarie nei loro rapporti con le case farmaceutiche, con
conseguente conflitto di interessi.
«Solitamente identifichiamo l'influenza con la presenza di virus -
ha spiegato - che in realtà il più delle volte nel paziente non
viene cercato. Quando lo si fa, normalmente emerge che una
determinata sindrome influenzale che si diffonde in un Paese può
essere dovuta a molti fattori, e che il virus a cui essa è imputata
non ne è responsabile che in minima parte.
«La mortalità è bassa: circa una vittima ogni mille influenzati; 5
milioni di ammalati all'anno in Italia, circa 5.000 morti, ma sono
stime grossolane.
«La mia impressione, quando è esploso l'allarme pandemia, è che
stessimo monitorando fenomeni che succedevano anche gli altri anni,
ma non venivano cercati.
«Da tenere presente che i fattori di equilibrio sono cambiati:
l'essere umano oggi è più forte che in passato e l'ambiente è molto
più pulito. Se anche oggi esplodesse una pandemia come quelle del
passato, probabilmente produrrebbe meno danni.
«L'unica anomalia veramente verificatasi l'anno scorso è stata
l'anticipo della diffusione dell'influenza, già a ottobre anziché
attorno a Natale.
«In quanto al vaccino contro l'influenza, esso da un lato sembra
essere molto poco efficace: bisogna vaccinare 100 persone per
proteggerne una. Puntare tutto sulle vaccinazioni di massa è dunque
una scelta discutibile. Ma avendo alimentato negli anni passati
grandi aspettative sui vaccini, abbiamo di fatto conferito alle
case produttrici un enorme potere. In questo caso, poi, tutto è
avvenuto con un'enfasi mediatica senza precedenti.
«I costi: in totale circa 300 milioni di euro, di cui 180 dovuti
all'acquisto del vaccino. In quanto all'Oms, la stessa definizione
di pandemia è stata, a un certo punto, abbandonata, perché le
condizioni per avere la pandemia devono essere la diffusione del
virus in tutto il mondo e un alto numero di morti, che invece non
si è registrato.
«Consideriamo peraltro che solo il 5% degli addetti all'ordine
pubblico e alla difesa si sono vaccinati. Se ci fosse stata vera
emergenza l'avrebbero fatto tutti.»
L'avvocato Russo Valentini ha illustrato le
procedure adottate dagli stati per fronteggiare l'emergenza
sanitaria.
«In Italia è stata adottata un'ordinanza pensata in realtà per una
grave minaccia terroristica. Subito dopo è stata emanata una
seconda ordinanza che fissava il quantitativo di dosi di vaccino da
acquistare (24 milioni).
«Sempre con questa seconda ordinanza del presidente del Consiglio è
stata individuata la società fornitrice, Novartis, che ha lavorato
in esclusiva, con un contratto fortemente sbilanciato a favore
dell'impresa (anche perché non vi è stato alcun confronto
concorrenziale sul prezzo).
«A oggi ancora non sappiamo quante dosi in realtà siano state
prodotte e in seguito non ritirate. Non solo: lo stato si è assunto
tutti i rischi connessi all'acquisto al buio di un prodotto di cui
non era ancora stata testata l'efficacia.
«In definitiva, con questo contratto non è stata adottata nessuna
delle misure di precauzione che lo stato avrebbe potuto
assumere.
«Una terza ordinanza, emanata dopo l'esaurimento dell'emergenza, e
riguardante i quantitativi di vaccino, non ha risolto le cose e
potrebbe essere facilmente impugnata dalla società messa sotto
contratto, che ha la facoltà di ritirare il vaccino non utilizzato
dall'Italia e rivenderlo a altri clienti o di lasciarlo in carico
al committente.
«Il collegio arbitrale che dovrà dirimere le eventuali controversie
future è composto di soggetti privati: non si vede perché lo Stato
non sia ricorso ai suoi legali.»
Silvio Garattini, intervenuto in videoconferenza,
ha riconosciuto che nessun paragone con la famosa Spagnola
era proponibile nel caso dell'emergenza prodotta dal virus H1N1.
Sono stati fatti dunque errori di valutazione molto importanti.
«Vedremo se il prossimo anno avremo di nuovo un'influenza molto
precoce come l'anno scorso; in tal caso dovremo cercare di ridurre
i tempi fra l'esplosione dell'infezione e l'inizio della
vaccinazione. In questa circostanza abbiamo perso una buona
occasione per fare della ricerca. Abbiamo anche imparato che la
fiducia del pubblico non è stata molto forte, e quindi dobbiamo
recuperare credibilità.»
Infine - dopo le domande degli studenti (e un suggestivo confronto
fra la bolla speculativa creata dalle banche che ha provocato la
crisi economica di fine 2008 e la bolla pandemica forse creata ad
arte dalle case farmaceutiche) - la sentenza della giuria: «Sì,
l'emergenza febbre suina è stata emergenza mediatica, per
18 votanti su 19.»