Le riforme costituzionali e il ruolo del Parlamento

Le sceneggiate di questi giorni non portano a nulla, se non a trasferire all’estero l’immagine di un paese incivile

Quanto sta accadendo a Roma in questo periodo è poco edificante, con un Parlamento che diserta l’aula per protesta e Renzi che comunque va avanti nelle riforme a colpi di maggioranza.
Noi siamo del parere che le riforme vadano fatte e, anche se quelle che sono state decise finora non sono di nostro gradimento, le accettiamo come male decisamente minore di una paralisi istituzionale.
Che il sistema bicamerale paritario dovesse essere rivisto, era fuori discussione. Che le Province avessero bisogno di una rivisitazione, anche. Per le regioni ci saremmo aspettati un ulteriore decentramento, anziché il contrario come vuole Renzi.
Ma tant’è, meglio questo che niente, purché con l’acqua sporca non getti via anche il bambino.
A quanto pare le Autonomie rimangono intatte, ma il Governo non ha tratto da queste l’insegnamento che - se gli enti locali funzionano - vanno certamente meglio dello Stato.
Che al Senato venissero attribuiti poteri diversi che alla Camera, era auspicabile. Che venisse formato da gente non eletta dal popolo, ci lascia perplessi. Il rischio è che chi si trova senatore grazie ad altra carica elettiva, sia poco interessato ad andare a Roma per decidere cose di minore importanza.
Le province potevano essere accorpate alle regioni, come accade in Trentino Alto Adige, dove i consiglieri delle prime fanno parte del Consiglio delle seconde. Le economie di scala ci sarebbero state lo stesso, ma le rappresentanze sarebbero state locali. Questo lo diciamo perché, bene o male, il lavoro che dovevamo fare le provincie qualcuno dovrà pur farlo lo stesso.
 
Ma tant’è. Quello che vogliamo spiegare ai nostri lettori è che la Costituzione può essere modificata anche a colpi di maggioranza, ma a certe precise condizioni.
La prima è nota a tutti: il percorso legislativo deve essere doppio, a distanza di sei mesi di una votazione dall’altra. E, si badi bene, all’interno della medesima legislatura: se si va a elezioni anticipate tutto deve essere ricominciato daccapo. Quindi una cosa è certa: Renzi non può volere le elezioni anticipate.
La seconda cosa che si deve sapere è che se l’approvazione della legge costituzionale avviene senza una maggioranza qualificata, prima di entrare in vigore deve essere approvata dal popolo italiano mediante un referendum confermativo.
Va da sé che la maggioranza qualificata per queste riforme non c’è più (e forse non c’è mai stata), per cui si dovranno certamente sottoporre i cambiamenti all'approvazione popolare.
Per cui, gli insegnamenti sono ancora due. Il primo è che il referendum non sarà fatto per gentile concessione del Presidente Renzi, ma perché lo impone la legge.
Il secondo è che non è affatto scontato che i referendum passino. Berlusconi, per fare uno degli esempi più recenti, aveva modificato la costituzione con legge costituzionale. Ma il referendum che ne seguì non la approvò,
Renzi ha maggiori chance di Berlusconi, ma la certezza la si avrà solo dopo.