Modi de dir 'n tremtìm/ 25 – Di Cornelio Galas

25ª puntata dei modi di dire e frasi fatte della tradizione dialettica trentina

PRIMA O POI EL VÈI BEN SUL BACHETÓN – Attesa dell’epilogo di una dichiarata azione di vendetta per un torto subito. O di un redde rationem, un regolamento di conti in sospeso. Come chi attende sul ponte il passaggio del cadavere del nemico nel fiume, così il trentino aspetta con sicurezza del risultato che l’antagonista resti attaccato al bachetón, palo trattato col vischio, di solito usato per catturare gli uccelli da richiamo. «Te derài, che vèn quel dal formài»: Abbiamo già riportato questo modo di dire, che però è una bella variante di questo modo di dire.
 
T’HAI SAVÈST DEL GINO? – Prodromo quasi sempre di una brutta notizia che riguarda conoscenti comuni (a chi parla e ascolta). Può anche riguardare la decisione di sposarsi di un noto scapolo. Comunque sempre una sorpresa, un gossip che esce dalla quotidianità.
 
PAGO MI COI TO SOLDI – Nel fatidico (quasi sempre ipocrita) duello su chi vuol pagare il conto del ristorante alla fine c’è chi alza ironicamente la bandiera bianca. Mettendo in fuorigioco l’avversario.
 
TE LA GH’AI GRASSA – Giudizio sullo stato altrui non solo, non esclusivamente dal punto di vista economico. In teoria sta per «sei fortunato». In pratica contiene quasi sempre un sottinteso: «non fai niente, sei un ozioso, un perditempo, vivi bene solo grazie al lavoro degli altri, succhiaruote ecc.». Da evitare questa allocuzione quando l’interlocutore ha una moglie di costituzione robusta.
 
NO ’L GH’ENZÓLA GNANCA LE SCARPE – Non vale niente confronto a lui. Non è all’altezza nemmeno di fargli da servo, da attendente. «El Gino a zugar a bocce? No ’l gh’en ’nzola gnanca le scarpe al Mario, l’è propri negà».
 
MEIO CARGÀRLO CHE EMPIEGNÌRLO – Le persone vanno utilizzate per quello che sono, bisogna prenderle dal verso giusto.
 
NO SERVE MIGA LA SCALA PER ’RIVÀRGHE – Cioè: non occorrono grandi doti intellettuali o capacità manuali per capire un determinato concetto, per avere l’intuizione esatta ed efficace.
«Tei, i ha méss en prèsón el Gigi…» - «Òscia, no ghe voleva miga la scala per ’rivarghe. No ‘l lavora da dese ani e ’l va ’n giro semper co la Ferari e pién de dòne…».
 
ME NONO ’L LO DISEVA SÈMPER – Incipit di un aneddoto, di una perla della tradizione orale, di un proverbio popolare. In pratica un ricordo che diventa allo stesso tempo stile di vita custodito e seguito fino a prova contraria.
 
SE FE’ I BRAVI VE PORTO EN PIAZA A RIVA A VEDER I SIORI CHE MAGNA ’L GELATO – Sarebbe come dire adesso: «Se fate i bravi vi porto a Castelnuovo del Garda a vedere Gardaland dalla strada o dal parcheggio». Eppure era una sorta di … consuetudine in tempi grami. Peraltro qualche ghiacciolo da dieci lire poi ci scappava…
 
SACRAFORMÉNTO – Esclamazione. Attenuazione di evidente (nel suffisso) bestemmia. I produttori di frumento a suo tempo hanno però avviato una class action contro questa, secondo loro, gratuita denigrazione dei loro prodotti agricoli.

SACRANÓN DEI TURCHI – Come sopra, esclamazione che nasconde una bestemmia prendendosela, come sempre, con i tuschi.

GIOSUMÀI! – Esclamazione che invoca Gesù e Maria con una sola parola.

ÒSCIA MADÒNA, ’STA PUTANA DE PRÈSA! – Frase spesso ricorrente di un noto riparatore di biciclette del centro storico di Trento. Tutti volevano star lì e aspettare la riparazione e lui brontolava così.

TE SÉI EN TESTÓN DEL LÓNA – Sei una testa dura, un testardo. Quel Lona era un negoziante di via Cavour a Trento che aveva messo una testa enorme come emblema sopra la vetrina del suo negozio. Per indicare quanto era un testone.
 
CUÈRTETE SU – Copriti. Meglio: metti una barriera, qualcosa di più di un tetto, quello che insomma chiamano, anche per l’impermeabilizzazione e coibentazione delle case, «cappotto». Cfr anche: «Dai che prést sen al cuèrt». «’Na volta che sen al cuèrt se pol anca far la ganzega».
 
CUNÈL DA COÈRT – Coniglio. Nei periodi di penuria di cibo, i gatti si sentivano osservati…
 
TÈGNEME BÒTA – Invito a fornire copertura. O sicurezza. Come quando da una parte si usa il martello e dall’altra occorre appunto qualcosa (o qualcuno con in mano qualcosa) che possa attutire il colpo. Anche «sostegno» morale ad un certo tipo di discorso. Di norma «Cul porta bòta»: il sedere assorbe meglio le contusioni.
 
’SA VOT CHE SIA … – Sdrammatizzazione. In campo sanitario diagnosi immediata di ferita: «Ma valà che no l’è gnènt…». Oppure: «Con do pónti te te la cavi». Nel settore commerciale: «Che vòt che sia dese euri per ’na camìsa…dai cinesi le vei a costar de pù».
 
EH, ’SA GHE VOL PO’? – Dichiarazione di potenza di fronte ad un compito definito (da altri) quasi impossibile. «Portàr su ’l frigo al terzo piano? Eh, ’sa ghe vol po’… Va a zercarme do cinghie che tegna e po’ te fago veder mi».
 
TE VAI PROPRI A ZERCARLI COL LANTERNÌN… – Serve per focalizzare l’attenzione su incredibili coincidenze (quasi sempre nefaste). Meglio: per inquadrare una sequenza sfortunata soprattutto negli incontri negativi. Come per l’appunto li si andasse a cercare caparbiamente con la pila…

TE VAI A MÉTER EL CUL EN LE PEÀDE – Le rogne proprio vai a cercarle.
 
DAI ANCÒI, DAI DOMÀN… – Testardaggine. Incaponirsi con qualcosa. Che non avrà sempre gli effetti sperati. «Dai ancòi, dai domàn…te verai che casca zó el pér.
 
’SA ’N DISIT? – Che ne dici? Richiesta di giudizio, di affermazione, di segno d’intesa. Basta indicare con l’indice, a volte, l’oggetto sub judice. «Ah? ’sa ’n dìsìt? - Mah, che te diga, me par na monada piturar de nero el mur del cesso…».
 
EL TÀCA, EL TÀCA… – Dai che funziona! Dai che va! Può riferirsi ad un francobollo che finalmente si attacca alla busta (se non adesivo dopo tante leccate che lasciano un retrogusto schifoso in bocca). Si può dire anche di qualcosa che aderisce ad una superficie durante lavori di bricolage. Ma attenzione: potrebbe anche essere un grido d’allarme in caso d’incendio. O la soddisfazione di chi è riuscito a far prender fuoco alla carbonella del barbecue.
 
ÒIO DE GÓMBET – Letteralmente «lavorare» con le mani, fare fatica. Comunque un ubrificante non in vendita. Né commestibile. Va usato quando ci si trova di fronte a lavori che richiedono velocità nelle mani, nelle braccia, quindi nelle articolazioni. «Dai, dai…» «Òio de gòmbet, se no prima che t’abi netà su ‘l paviment vei nòt».
 
NAR EN ASÉDO – Non c’entra l’asado. Non vuol dire fare un bagno nell’aceto. Semplicemente il processo di trasformazione del vino in aceto è applicato all’involuzione umana. Del cervello in particolare. Laddove insomma si cambia (di solito in peggio) rispetto all’ingrediente originale. Andare a male.
 
NAR A GUERNÀR – Andare al governo? No. Si tratta di dar da mangiare agli animali domestici o d’allevamento. Pulire la stalla. Insomma accudire galline, conigli, mucche ecc. «Vegno dopo, adès devo nar a guernàr i cunèi».
 
ÓRS – Non è solo il tema d’attualità in Trentino (cfr caso Daniza). È anche un aggettivo sostantivato. O meglio, un sostantivo aggettivato. Peraltro utilizzato genericamente per definire proprio il tipico atteggiamento trentino di chi è maldestro. «Te sei propri n’òrs». Vale per «Sei proprio un tipo selvatico (per non dire di peggio)». O ancora: «Gnanca bom de far balàr l’ors»: missione impossibile. E comunque non a caso il centro sociale di Trento si chiama «Orso Bruno». Ovvero l’essere al di fuori di una certa mentalità. Pur facendo parte della stessa comunità. Incomprensione? Può darsi. Ma questa è un’altra storia.
 
NÀR A PAIÓN – Andare a dormire. Ovvero – secondo tradizione – su un materasso riempito da quello che avanza delle pannocchie. O dalla paglia. Di solito si dice alla fine di una serata pesante (enogastronomica). Ma anche quando alla televisione danno le solite soporose repliche. «Ma sì, valà, ném a paiòn…». Giustificazione: «Che doman devo levarve su prést».
 
DÌME… – Posizione di ascolto. Stand by. «Dìme, dài.» «Dai dime tut…». Massima disponibilità alla ricezione di qualcosa da parte di chi evidentemente ha tanto da dire. E alla svelta. Sollecitazione: «Alora, dai, dime, dime oscia…». Esclamazione: «Dime ti…». Sta per un giudizio negativo su quello che si è appena appreso. «I m’ha dit che i parte adès da Roma e i pensa de arivar a Moena en quatro ore. Dime ti… Ma tél sai dove che l’è Moena?».
 
BECCC - BAREA – (Da Giancarlo Angelini, Riva) – Definizione estemporaea di qualcosa che fa particolarmente schifo. Preannuncio di conati di vomito. Allontana da me questa cosa orribile a vedersi. Che puzza. Che cosa immonda.
 
SE I ME ZÉRCA NO GHE SÓN – (Cfr: dighe che no ghe son). Linguaggio burocratico tra datore di lavoro e segretaria. Ma anche a livello familiare: «Se me zerca el comercialista dighe che no ghe son… Che me son empicà, proprio per colpa sua».
 
I SOLDI I VA E I VEI – Giustificazione utilizzata quando si è chiamati in banca per render conto del «rosso» sul conto. Filosofia epicurea rivisitata dopo la crisi economica del primo Novecento. Consolazione per chi ha appena perso quanto vinto alle slot machines. E volte il bancario conclude con l’iperbole di Sorbole: «El me faga n’assegno, valà».
 
ANCÒI GHE SÉN, DOMÀN NO SE SÀ – Quant’è bella giovinezza. Del diman non v’è certezza. Carpe diem. Vale però - al di là dell’esistenzialismo - anche per determinate offerte quando ci sono i saldi di fine stagione.
 
TÙT MÀL – Alla peggio. Per male che vada.
 
TÙT MÀL SÉN ’RIVAI – Fine di un viaggio particolarmente difficoltoso. Intermezzo: «Te l’avevo dit mi che de là l’era pu corta». «Zerto che se te gh’ai navigadori del do…». In ogni caso arrivo alla mèta. Reazioni: «Si va ben, ma mi con ti no vegno pu ’n machina… ma le curve le vedit o te le ’n dovini per culo?».
 
A PROPOSIT DE MERDA, CHIELO CHE S’E’ NETA’ ‘l CUL COI ME CALZOTI? – Vecchissima battuta trentina per definire una situazione igienico-sanitario ormai oltre il limite. Non va detta prima dei pasti.
 
EL DIÀOL EL CÀGA SÈMPER SUL MÙCIO PÙ GRÒS – I soldi vanno sempre ai più ricchi. In italiano si dice «Piove sempre sul bagnato».
 
DORMIR COL CUL DESCOÈRT – Essere scontrosi, arrabbiati senza motivo, non va bene niente. «L’ha dormì col cùl descoèrt.»
 
SOLDI FA SOLDI, PEÒCI FA PEÒCI – Chi investe fa soldi, chi fa l’avaro resta un povero pidocchioso.
 
MOGLI ZÓVENE CÒRNI E CRÓS, MOGLI VÈCIE PÉTI E TÓS – Mogli giovani, tradimenti e problemi; mogli vecchie, problemi di educazione e di salute. Vale in entrambi i sensi: dare e ricevere.

TE SEI NÀ FÒR DAL SOMENÀ – Sei andato fuori tema. Simile al più volgare «T’hai pisà for dal water».
 
T’HAI CAPÌ EL TÀI DEL PRÀ? – Hai capito come stanno le cose?