Il Festival dell’economia sul Futuro – Di Daniele M. Bornancin
Portare l’economia tra la gente è una giusta informazione, che sollecita interesse, curiosità, ma che aiuta la crescita di tutte le comunità
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Terminata la diciottesima edizione del Festival dell’Economia di Trento 2023, a bocce ferme, nell’oramai collaudata gestione promossa dal Gruppo del sole 24 Ore, con la Provincia, il Comune e la nostra Università, mi permetto di fare una considerazione, soffermandomi solo sul pensiero di alcuni protagonisti che mi hanno destato particolare interesse mettendo a disposizione della popolazione del Festival il loro sapere, le loro esperienze con un linguaggio semplice e comprensibile.
Un tornare sull’argomento, in un momento diverso rispetto alla normale scadenza, proprio per ravvivare l’interesse e così non lasciare il tutto nell’agenda del tempo che passa.
Merita menzione innanzitutto il ruolo dell’Università Trentina, che in questa edizione è stato importante, anche perché molti docenti hanno partecipato in qualità di relatori a diversi dibattiti del programma.
Sono state presentate analisi, studi e ricerche effettuate dai Dipartimenti di economia e di altre discipline di studio e degli Istituti di ricerca scientifica e tecnologica trentina.
L’Università ha avuto un ruolo efficace sin dalle fasi di costruzione del Festival, con la partecipazione di due docenti della Facoltà di Economia al Comitato Scientifico a fianco degli altri soggetti promotori.
Diciamo che mai come in questa edizione sono state promosse una serie d’iniziative rivolte alla comunità studentesca e alla gioventù in generale.
«Il Futuro del Futuro», un tema questo che ha interessato i giovani, come abitanti delle comunità del domani, anche per significare che queste giornate di contenuti culturali e di formazione permanente hanno ben rappresentato il diciottesimo anno di vita, ossia il raggiungimento della maggior età di questo appuntamento tra generazioni diverse, che ha continuato, grazie anche al supporto della stampa a far parlare il Trentino a livello internazionale.
Un grande successo quindi che ha saputo intrecciare idee, opportunità e necessità delle varie istituzioni, delle imprese, delle famiglie, dei giovani, degli anziani, dei professionisti, in altri termini delle intere comunità. Un’edizione ricca di approfondimenti tecnico-scientifici e di relatori di rilievo, una bandiera che ha ben rappresentato le peculiarità trentine.
Un programma con 650 relatori, 270 momenti di approfondimenti, 40 tra i più importanti economisti nazionali e internazionali.
Ci tengo a ricordare che all’evento sulle Startup sociali quale futuro per i territori montani? (26 maggio) ha partecipato, come relatrice, anche Silvia Atzori della Società Atotus di Vezzano, da me intervistata recentemente nell’ambito della rubrica scenari sul tema dell’economia circolare e sulla sua esperienza nella Valle dei Laghi.
I temi trattati in questa edizione: l’economia circolare, la transizione energetica, la sostenibilità, le disuguaglianze, la povertà, l’economia delle imprese, la recessione, l’inflazione e altri comparti della realtà socio economica della vita quotidiana di tutti.
Desidero ora mettere a disposizione dei lettori della rubrica Scenari del nostro giornale, alcuni momenti a partire dalla giornata inaugurale.
La cerimonia di avvio, è stata il dialogo tra la giornalista Francesca Fagnani e il Cardinale Gianfranco Ravasi, un confronto divenuto intervista, sul dubbio, sulla conoscenza e sull’amore nella realtà quotidiana.
Per Ravasi la morte o il futuro nella dimensione ultraterrena, è un tema d’interrogativi, ma anche di rispetto e di pudore.
Ai credenti, Dio dice che la morte non è solo un’assenza, non è un vuoto è anche ricordi, è comunque il futuro di tutti noi. La società contemporanea continua però a scartare l’idea della morte.
Il futuro non è un vuoto, è un’assenza da colmare, anche se è difficile. Pensiamo con i ricordi ai nostri cari e alla nostra visione o modo di pensare di ognuno di noi, a queste situazioni che creano dubbi, ma non devono diventare tabù.
Sulla volontà di tornare indietro rispetto al momento attuale, il pensiero si è sviluppato sulla certezza che la comunicazione deve essere profonda, il dialogare tra persone, anche in pubblico, deve essere determinato dallo sguardo, dal guardare negli occhi, dove si può notare la profondità del vedere e dell’animo.
Accade in tutte le esperienze umane di avere momenti di dubbio, periodi di crisi. Sono esperienze esistenziali con movimenti oscillanti, che spesso diventano interrogativi.
Richiamando Manzoni, ha citato un pensiero del poeta ossia: è peggio essere nel dubbio che riposare nell’errore. Il valore del dubbio, dell’interrogarsi è nell’andare oltre.
Sulla responsabilità Ravasi ha sostenuto che noi non conosciamo un solo percorso, abbiamo altri momenti veri che non si mostrano con la logica formale o con la razionalità.
L’essere umano è ricco di emozioni, l’arte come la religione non serve a nulla, tranne che a mostrare il senso della vita.
Esistere è un dato quantitativo, vivere è un’altra cosa è affascinante e nello stesso tempo drammatico.
Quando un giovane è innamorato, il volto dell’altro diventa un panorama. L’amore diventa conoscenza fondamentale, che dobbiamo coltivare senza paura del tradimento.
Non siamo noi che scegliamo l’amore ma è l’amore che sceglie noi. Sulla natalità, ha aggiunto che non si può dire di costruire una società felice e infelice, non si può vedere tutto negativo.
Pensiamo invece cosa e come possiamo costruire una società migliore. La nascita è un segno di speranza; ogni volta che nasce un bambino, significa che Dio non si è stancato di noi.
Sulla domanda della guerra e sulla mediazione del Papa ha risposto che bisogna continuare a cercare la pace e tentare al di là dalla situazione complessa di giungere a fermare questa catastrofe.
Sull’economia ha chiarito che se non è nella rappresentazione del tempo che siamo, l’economia è comunque una scienza forte. Dobbiamo essere capaci di guardare la rotta della vita e guardare oltre.
Ha così terminato: «Forse la preghiera e la guarigione convergono, dove la guarigione come la voce di chi la nega si scopre nei momenti difficili».
Paola Iamiceli Prorettrice vicaria dell’Università trentina, ha esordito che questa manifestazione che parla di futuro non può che far riflettere anche la nostra università che ha nel domani la propria missione, rivolta ai giovani.
Questo Festival non deve essere un tema fisso di verità discutibili. Dobbiamo insieme trasmettere ai giovani la capacità di pensare, di fare domande, di mettere in discussione anche verità acquisite con rigore e metodo scientifico.
Questo è un Festival dedicato ai giovani, ma dobbiamo dargli punti fermi. Giovani che fanno ricerche in tutti i campi per giungere a nuove conquiste.
Loro stanno vivendo in un periodo dove con capacità riescono a dialogare con lingue diverse della scienza. Quel saper ragionare con professioni diverse e insieme, è il futuro.
Poi le collaborazioni tra università innovative europee, questi sono i profili del futuro. Importante ora, ma anche domani, saranno le competenze di ognuno, ecco quindi l’importanza di una formazione permanente a tutti i livelli.
Il Festival è influente perché è un’occasione per discorrere con tutti, per costruire un dialogo diverso per approfondire nuove ricerche, per l’innovazione e per lavorare insieme. Un’occasione per creare futuro.
In conclusione un Festival che ha dato buoni risultati in termini di contenuti, di proposte, di analisi, nello stesso tempo una manifestazione dove le molte donne sono state protagoniste nei vari incontri.
Anche le ricadute sul territorio sono state importanti per le presenze nelle strutture alberghiere, dei B&B e della ristorazione, una soddisfazione per i tanti operatori del settore.
Diciamo che il turismo del Festival continua con successo.
Certo, non è spronante e naturale vedere una sorta di evidenziazione, ripresa da più commenti anche dalla stampa, sulle differenze tra la passata gestione e quella di questi ultimi due anni.
Quel segnalare le possibili diversità, più di colore politico delle gestioni anziché cercare di far capire che l’economia in sé non è ideologia, ma si occupa del benessere e di valutare l’efficienza di sistemi specifici, anche per l’allocazione delle risorse, per giungere a condizioni in base alle quali le politiche economiche hanno migliorato e miglioreranno anche domani il benessere sociale.
La radice del pensiero è che bisogna lavorare insieme per far sì che il Festival dell’economia diventi sempre più la bandiera del Trentino, che è una bandiera di qualità.
Portare l’economia tra la gente è una giusta informazione, che sollecita interesse, curiosità, ma che aiuta la crescita di tutte le comunità.
A cura di Daniele Maurizio Bornancin.