Storie di donne, letteratura di genere/ 394 – Di Luciana Grillo
Giusy Sciacca, Virità femminile singolare-plurale – L’autrice ci fa riflettere, ancora una volta, sulla condizione femminile
Titolo: Virità femminile singolare-plurale
Autrice: Giusy Sciacca
Editore: Edizioni d'arte Kalós, 2021
Genere: Narrativa italiana contemporanea
Pagine: 224, brossura
Prezzo di copertina: € 14
L’autrice parla della sua Sicilia, «femmina. Da qualsiasi angolatura la si guardi», ma il suo scritto è rivolto a tutti.
Come scriveva Goethe, «l’Italia, senza la Sicilia, non lascia nello spirito immagine alcuna. È in Sicilia che si trova la chiave di tutto…».
E Sciascia aggiungeva: «l’intera Sicilia è una dimensione fantastica. Come si fa a viverci senza immaginazione?»
E dunque l’autrice immagina, ricostruisce, reinventa storie che hanno però una loro validità storica.
Protagoniste sono «madri, figlie e sorelle nostre. Siciliane, sempre».
I titoli dei capitoli parlano chiaro, ci sono DEE E SANTE, REGNANTI E NOBILDONNE, ERETICHE E PECCATRICI, INNOVATRICI E RIVOLUZIONARIE, ARTISTE, LETTERATE E DONNE DI SCIENZA.
Necessariamente devo fare una scelta fra tante: mi piace ricordare Aretusa, ninfa celebrata dai grandi poeti, «mito dell’insularità, del viaggio e dell’approdo» che si presenta, nella sua Ortigia, dicendo: «Io sono Aretusa e sono acqua. Da sempre»; così come non posso trascurare Demetra e Kore, madre e figlia, dee che «rappresentano due archetipi femminili, una dualità complementare e antitetica assai discussa anche sul piano psicologico, poiché riguarda la personalità di ogni donna come figlia e come potenziale madre».
Dici «santa», pensi alla Sicilia e immediatamente appare Santa Lucia, il cui culto è citato in una epigrafe del IV secolo nelle catacombe di Siracusa. Sciacca ne traccia la storia e l’avvicina ad Agata, venerata a Catania.
Tra le regnanti, ci sono una Cleopatra di Sicilia – Bint Muhammad Ibn ’Abbàd – figlia dell’emiro Mirabetto che sfidò Federico II; naturalmente Costanza II, figlia di Manfredi e dunque nipote di Federico II, ricordata anche da Dante, «genitrice de l’onor di Cicilia e d’Aragona» (Pg. vv 115-116) e la Baronessa di Carini.
Tocca poi alle eretiche e peccatrici, tra le quali incontriamo la schiava eretica Anna Sargola, l’esorcista Delia Digno, la strega forestiera Joana Reyna, capace di convincere gli accusatori e di farsi assolvere.
Nel capitolo dedicato alle donne innovatrici e rivoluzionarie, spicca Peppa «a cannunera», la coraggiosa brigantessa antiborbonica, morta sola e in miseria dopo l’annessione della Sicilia al Regno di Piemonte.
Infine, le artiste, che spesso hanno dovuto nascondere le proprie doti, perché erano uomini gli artisti che si esibivano nei teatri, tanto che tra gli elenchi di musicisti illustri, le donne sono del tutto assenti; «le cantanti, le danzatrici e le musiciste furono considerate cortigiane, generose nell’elargire le proprie grazie essendo donne di poche inibizioni».
Anna Maria Scarlatti, ad esempio, non compare in alcun documento ufficiale dei teatri dove cantò con lo pseudonimo di Caterina Scarani, e «ci è stata tramandata come un’avventuriera senza scrupoli, una seduttrice ammaliante e molto meno come artista».
Dopo qualche nota biografica, l’autrice fa parlare ciascuna di queste donne, fa entrare lettrici e lettori nel loro mondo, ci fa riflettere, ancora una volta, sulla condizione femminile.
E alle sue protagoniste consente, almeno una volta, di raccontare la loro virità.
Luciana Grillo - [email protected]
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