Il capitale e le diversità etniche al «Focus» di questo pomeriggio
Eliana La Ferrara: «Il una società multietnica ci sono gioie e dolori, ma bisogna puntare sull'incontro»
La multietnicità aumenta
la performance economica di un Paese solo se scattano i meccanismi
dell'accoglienza e del dialogo - Essere soli è comunque una
prigione!
Eliana La Ferrara insegna economia politica alla
Bocconi di Milano, ma al Festival dell'Economia, dov'è stata
chiamata a parlare di «Capitale delle diversità etniche», non ha
portato solo la sua esperienza di giovane economista, consulente
della Banca Mondiale e collaboratrice di numerose importanti
riviste di settore.
Al «Focus» di questo pomeriggio nel
Giardino dell'Auditorium Santa Chiara, dove è stata introdotta da
Laura Strada, caporedattore RAI di Trento, Eliana La Ferrara ha
portato soprattutto i risultati di alcune sue interessanti ricerche
compiute sul campo, in Africa e in Oriente. E una poesia finale,
che ha riassunto soprattutto le speranze e le prospettive
dell'integrazione interetnica soprattutto nei Paesi
occidentali.
Rispondendo alla prima domanda, «Perché bisogna parlare di capitale
etnico, oggi?», l'intervento dell'economista si è fatto subito
concreto.
«Dobbiamo parlarne perché la nostra società occidentale, diciamo
europea per rimanere nell'ambito a noi più vicino, sta diventando
multietnica. Nel 1995 gli stranieri presenti in Europa erano il 23
% della popolazione, oggi sono diventati già il 27%, distribuiti
soprattutto in Germania, Francia, Regno Unito e Italia. Gli
stranieri, in Italia, in questi ultimi quattro anni sono pressoché
raddoppiati: erano il 2,7% allora, oggi sono il 4,5%, e l'andamento
delle cifre ci dicono che la velocità di aumento continuerà anche
nel prossimo futuro. In Europa assistiamo quindi al nascere
prepotente di una società con molte diversità etniche, diversità
che cambiano da Stato a Stato: abbiamo Nazioni in cui si raccolgono
etnie provenienti dall'America Latina, altre in cui prevalgono
quelle asiatiche, altre ancora che catalizzano etnie dell'est
Europa. Questa diversità offrirà all'Europa opportunità di
crescita, ma le procurerà anche problemi di convivenza.»
Analizzando la struttura dei conflitti, ha poi detto Eliana La
Ferrara, «in questi ultimi decenni si sia passati, in Europa, da
conflitti originati da diversità economiche del tipo ricchi contro
poveri, borghesi contro proletari, destra contro sinistra con una
visione tutto sommato marxista, ad una visione più etnica della
diversità e del conflitto, e questo ha dato origine a contrasti
violenti (nei Balcani, ad esempio, o in Indonesia, in Afghanistan,
in Irlanda del Nord e in Medio Oriente), ma anche a conflitti non
violenti o meno violenti (come in Kenya, nello Zimbabwe, nel Niger
o, anche, negli Stati Uniti d'America).»
A questo punto, assodato che le diversità etniche esistono, sono
percepite e possono provocare conflitti o coesioni sociali, La
Ferrara ha provato a rispondere a un'altra domanda: «La diversità
etnica può avere effetti positivi sulla performance economica di un
paese? In altre parole: la diversità etnica è un capitale?»
«È evidente - ha proseguito la relatrice, - che la percezione di un
miglioramento economico la si ha solo se la performance coinvolge
le persone del mio stesso gruppo: se tocca a me decidere, come
avviene negli Stati Uniti, l'aliquota delle tasse sulla casa per
finanziare la scuola pubblica, in una comunità coesa, in cui tutti
si riconoscono, è più facile che il livello dell'aliquota deciso
per votazione sia maggiore, rispetto a quelle comunità in cui la
presenza di altri gruppi contrastanti, porta la maggioranza a
chiudersi in sé stessa, a preferire le scuole private e a votare
per aliquote di prelievo fiscale molto basse!»
Non solo: in una società multiforme, ogni individuo avrà più
difficoltà a riconoscersi nelle scelte operate da coloro che sono
stati eletti come rappresentanti, perché è più facile che tali
scelte vadano contro i miei interessi di gruppo. E questo è provato
da alcune città americane in cui la presenza di una realtà
multietnica ha come conseguenze strade, ospedali e scuole con
pochi, pochissimi fondi pubblici a disposizione. Se faccio
transazioni commerciali, è evidente che mi fido di più di un
appartenente al mio stesso gruppo, così come le banche in certi
Paesi in via di sviluppo sostengono solo gli imprenditori di gruppi
etnici vicini
«Ma non dobbiamo esaminare il problema solo da un punto di vista
economicistico - ha allora proseguito Eliana La Ferrara, - perché
numerose ricerche, ma anche l'esperienza pratica raccolta sul campo
mi fa dire che esistono anche altri fattori ugualmente
determinanti. Se metto assieme in un gruppo persone tutte brave in
egual misura e in un secondo gruppo persone brave e persone meno
capaci, mi accorgo che a livello di risultati, di creatività nelle
soluzioni, di innovazione negli strumenti individuati, il secondo
gruppo è migliore, ottiene le performance più qualificanti! La
diversità, allora, offre spunti e vantaggi, stimoli e risultati.
Ecco, allora, che sempre le città multietniche americane attraggono
stranieri più di quelle monoetniche, e attraggono soprattutto
persone con molto capitale umano, persone molto istruite, che
innalzano ancor di più il livello di civiltà di quella città. E se
vado a spulciare le statistiche degli immigrati che sono arrivati
in questi anni in Italia, mi accorgo che il 12% della popolazione
straniera è laureata o in possesso di un diploma di istruzione
universitaria, mentre gli Italiani laureati sono all'incirca il
10%. Il 28% circa degli immigrati Ucraini sono laureati, e
dall'America Latina i dottori sono il 10%...»
Siamo allora un Paese multietnico, e questo lo sapevamo; siamo un
Paese che attrae cultura d'eccellenza, ma non è ancora
sufficiente.
«Non basta creare quartieri multietnici, per dire che abbiamo
raggiunto l'integrazione - ha quindi concluso Eliana La Ferrara, -
perché nei quartieri misti possono scoppiare conflitti di
appartenenza etnica che nascono dalla non-accoglienza
reciproca.»
E allora è tutto un fattore più che altro culturale e psicologico,
un fattore di comportamento e di atteggiamento che nasce da lontano
e dal profondo di ognuno di noi. Lo pensa anche il poeta camerunese
del quale Eliana La Ferrara ha letto, in chiusura, una poesia:
«Vivere una sola vita / in una sola città / in un solo Paese /
in un solo mondo... è una prigione! Amare un solo amico, /
conoscere una sola lingua, / conoscere una sola logica... è una
prigione! / Vivere in una sola famiglia, / avere un solo lavoro, /
un solo costume, / una sola civiltà... è una prigione!»
(mn)