Il ricordo trentino di Gianfranco D’Angelo – Di Sandra Matuella

È dolce ricordarlo ora con la versione teatrale di «Indovina chi viene a cena?» che D’Angelo donò al pubblico trentino nel 2007

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«Credo che pochi abbiano fatto delle imitazioni, dei veri camei, di sarcastica e sana, zannica valenza: la Ricciarelli che parla con i parrucchini di Pippo, Angela, la mora dei Ricchi e Poveri, la Carrà…la velocità di rotazione velocissima delle parole, era un vero gesto da mattatore.»
Così Carmelo Serafin, grande artista trentino del cabaret d’autore, originario della Valle di Cembra, ha ricordato Gianfranco D ’Angelo, comico culto degli anni Ottanta, ma soprattutto attore di cinema e teatro, molto amato anche nella nostra regione, dove si esibì in due occasioni, sempre all’insegna del tutto esaurito.

La prima fu al Teatro Auditorium di Trento, nel 1993, con ben quattro repliche di «Tredici a tavola», mentre la seconda fu nel marzo del 2007, nella Sala dei Mille del Palacongressi di Riva del Garda, con la versione teatrale di «Indovina chi viene a cena?», celebre film hollywoodiano del 1967: la regia era di Patrick Rossi Gastaldi, e Gianfranco D’Angelo e Ivana Monti interpretavano la coppia che nel film è affidata a Spencer Tracy e Katharine Hepburn.
Questa versione fu un successo teatrale clamoroso con centinaia di repliche in tutta Italia, ed è dolce ricordarlo ora, non solo perché questa commedia ha ancora oggi una sua attualità, ma anche per la superba prova di attore a tutto tondo, che D’Angelo donò al pubblico trentino.
 
Era una versione sostanzialmente fedele al film, a partire dalla fisicità degli interpreti che assomigliano agli attori cinematografici, ma con uno scarto interpretativo di natura comica, soprattutto nella prima parte, che in teatro è stata resa più divertente rispetto al film.
La vicenda dei due giovani, lei bianca e lui nero, che per un colpo di fulmine si innamorano e decidono di sposarsi, sconvolge i rispettivi genitori, che in nome del bene per i loro figli, si oppongono al matrimonio: entrambe le famiglie sfiorano però, atteggiamenti razzisti.
Nella prima parte dello spettacolo, la vicenda è trasformata in commedia divertente basata su sequenze di battute: e qui Gianfranco D’Angelo, nel ruolo del padre dell’euforica July, recupera dal suo ricco bagaglio cabarettistico i tempi comici e la sua mimica inconfondibile, basata sui colpi di «maschera», in cui il suo volto si blocca in una smorfia e sguardo stralunato.
 
In questa parte Ivana Monti, attrice squisitamente teatrale, asseconda D’Angelo e regge il ritmo; le cose si invertono nel secondo atto, in cui il clima della commedia si fa più intimista per mettere a fuoco questioni più spinose, come i problemi legati ai pregiudizi razziali, di cui le prime vittime sono i figli.
La recitazione di D’Angelo diventa più raccolta e unitaria rispetto alla prima parte, e tutti, dopo essersi scontrati duramente su questo matrimonio, convergono nel lieto fine.
Questo spettacolo era il penultimo appuntamento della stagione di prosa di Riva del Garda, che quell’anno propose i nomi più amati del teatro italiano soprattutto comico, come appunto Gianfranco D’Angelo, Cochi e Renato, Franco Oppini, Nini Salerno, Corrado Tedeschi e Giobbe Covatta.


 
In occasione della data di Riva del Garda, Gianfranco D’Angelo ci spiegò perché scelse questa commedia, e poi, in generale, ci ha parlato della sua arte e, naturalmente, del rapporto con il Trentino:
«Quest’opera cinematografica tecnicamente si avvicina di più ad una commedia teatrale, perché si svolge quasi interamente in casa, quindi in un interno, ed è stato facile adattare la sceneggiatura originaria al teatro.
«Rispetto al film, lo spettacolo ha un ritmo più sostenuto, ed i dialoghi sono stati asciugati in alcuni punti. Personalmente sono soddisfatto perché fino ad ora il pubblico del nord come quello del sud senza distinzioni, ha accolto molto bene questo lavoro e si diverte tanto.»
 
I pregiudizi razziali trattati nel film ancora oggi sono persistenti e duri a morire.
«Certo e purtroppo sono temi più attuali che mai perché viviamo in una società multietnica dove le differenze di colore, religione, denaro contano tantissimo. Certo questa commedia si risolve come una bella storia d’amore con il lieto fine, mentre nella realtà, purtroppo, spesso non succede così.
«Forse i matrimoni misti oggi non causano più reazioni di rifiuto, come quelle rappresentate in Indovina chi viene a cena?: il colore della pelle non dovrebbe essere più un problema, casomai oggi lo è quello religioso. In ogni caso lo spettacolo provoca delle reazioni nel pubblico, soprattutto fra le persone più anziane, che parteggiano in modo evidente per la giovane coppia ricca di sogni e di entusiasmo.»
 
Lei che è stato uno dei personaggi televisivi più amati e che ha segnato la storia della comicità, cosa pensa della televisione di oggi?
«Non ne penso bene: non amo il varietà televisivo che va sempre più indietro, perché vedo molto cattivo gusto e poca fantasia. In generale, anche in televisione come nel cinema si inseguono i filoni alla moda: dieci reality sono decisamente troppi. La televisione è un mezzo delicato perché entra in tutte le case, è informativo e quindi bisognerebbe soffermarsi di più sulla qualità, mentre oggi si bada solo ai numeri d’ascolto per avere più sponsor.»
 
Tornerà in televisione?
«Mi hanno fatto delle proposte, però preferisco lasciare un ricordo televisivo buono. E così il pubblico che mi seguiva in televisione adesso viene a vedermi in teatro.»
 
L’ultima volta che a recitato a Trento è stato nel 1993 con «Tredici a tavola», con grande successo da tutto esaurito per quattro serate al Teatro Auditorium: nel frattempo, non avrà mica snobbato il Trentino?
«Ma figuriamoci, è una terra che amo moltissimo e dove ho tanti amici perché per anni sono andato in vacanza a Madonna di Campiglio e a Pinzolo. Per quanto riguarda il teatro, ricordo di un pubblico bellissimo e ho sempre fatto tanti tentativi per venire a recitare nella vostra regione, ma non è stato proprio possibile perché io sono fuori da certi circuiti teatrali, legati soprattutto alle logiche di scambio dei teatri stabili.»

Sandra Matuella – [email protected]