«Il mercato dell’informazione» affrontato al Buonconsiglio
Una buona lezione di John Lloyd, in un contesto piuttosto banale. Accettate poche domande, marginali e scontate
Abbiamo voluto assistere alla
conferenza che si è svolta al Castello del Buonconsiglio lunedì
alle 10.30, relatore John Lloyd, introduzione di Dario Laruffa,
perché il tema ci riguardava da vicino: «Il mercato
dell'informazione».
Laruffa ha introdotto l'argomento descrivendo le tendenze del
settore Informazione, precisando come la vendita dei giornali sia
in leggero ma costante calo, mentre la lettura registri invece un
certo incremento. Ovviamente il fenomeno, apparentemente
incongruente, si giustifica su due argomenti: la duplicazione di
lettura dei giornali a pagamento, che nei momenti di crisi si
accentua, e il crescere della stampa gratuita, la cosiddetta
«free-press». Solo il 10% della popolazione legge un giornale
(forse meno, dato che chi acquista un giornale, probabilmente ne
acquista un secondo), mentre l'80% guarda la televisione per una
media di quattro ore al giorno. Inoltre, i dati dicono che i
giovani leggono meno e che le donne leggono meno degli uomini.
Il 50% della popolazione naviga in rete, ma non ci è stato detto se
lo faccia per leggere un giornale o per guardare un sito porno, per
comunicare con il vicino di computer o per scaricare illegalmente
un film.
L'unica cosa che possiamo dire in merito, ovviamente, riguarda il
nostro giornale, l'Adigetto.it, che ha una media di 3.000
visitazioni al giorno, per un totale di oltre 10.000 pagine aperte,
in un territorio di 400.000 persone.
Di Lloyd ne abbiamo già parlando, esprimendo la nostra simpatia nei
suoi confronti. E oggi non è stato da meno, avendo descritto con
una certa chiarezza i mutamenti che stanno caratterizzando il mondo
giornalistico in questi ultimi anni.
«Gli editori cercano redditi. - Ha detto. - Per cui cercano di
ridurre le spese, che sono rappresentate dai giornalisti. Perfino
le grandi agenzie hanno ridotto gli inviati speciali. Pensate che
all'epoca della Guerra Fredda la maggior parte dei giornali aveva
un corrispondente fisso a Mosca. Adesso non ce l'ha neanche la
Cnn.»
D'altronde, la stampa per restare indipendente non può che vivere
di mercato e pertanto è il mercato che dovrà seguire.
«È stato a Venezia che sono nati i primi giornali - ha ricordato
Lloyd. - Se provate a pensare al dramma di Shakespeare "Il mercante
di Venezia", vi accorgerete che alla base dei grandi commerci della
Serenissima c'era una profonda e capillare azione giornalistica che
pubblicava giorno per giorno lo stato dei mercati, il reperimento
delle merci, l'arrivo delle navi, i naufragi, le delegazioni in
arrivo e in partenza, e così via. Da allora ne è stata fatta di
strada e tante sono le cose cambiate. Noi che abbiamo lavorato nel
dopoguerra credevamo che fare il giornalista fosse un lavoro
tranquillo che non potesse essere mai messo a rischio. Bene, adesso
non è più così, a meno che non si lavori alla Rai…»
Ovviamente era una battuta rivolta al collega Laruffa, ma
perfettamente coerente.
Nel proseguire l'evoluzione della comunicazione, Lloyd ha parlato
di televisione raccontando un aneddoto legato a Ben Gurion, uno dei
padri fondatori dello Stato di Israele.
«La televisione si stava diffondendo rapidamente in tutto il Mondo
Occidentale. - ha premesso Lloyd. - Ma Ben Gurion non era molto
sicuro se fosse un bene o un male portarla nel suo Paese. Un giorno
andò a trovare sua figlia a Londra e si accorse che, contrariamente
al solito, i nipotini non gli erano corsi incontro a festeggiarlo.
"Che succede? - Chiese alla figlia. - Non stanno
bene?" "Nessun problema - rispose lei. - Stanno
guardando la televisione". Fu così che quando tornò a Tel Aviv
comunicò ai suoi collaboratori che finché fosse stato lui al
potere, la televisione non sarebbe mai stata introdotta in
Israele.»
Quando è terminata la conferenza, ho raggiunto Lloyd e gli ho detto
che oggi qualsiasi politico di razza, di fronte a quell'episodio
sarebbe tornato a casa per dire ai suoi più stretti collaboratori
"La prima cosa che faremo è introdurre la televisione in
Israele.»
John Lloyd ha approvato sorridendo e mi ha assicurato che nelle
prossime conferenze citerà il mio commento.
D'altronde, quella di Ben Gurion appartiene ad un paio di
generazioni addietro. Ricordo che quando mia nonna mi chiese che
lavoro facessi, le dissi con orgoglio «Il giornalista!».
Ma mia nonna mi rispose sottovoce: «Lo so, figliolo, ma per
vivere, cosa fai?»
La conferenza si è poi portata su Internet, il nostro
settore. Lloyd ha spiegato come sia un po' tutto in ebollizione in
Rete, come tutti dicano tutto e nessuno tiri le fila.
«E' un grande mondo di persone che comunicano tra loro - ha detto,
- ma ci sono molte controindicazioni. Chi controlla le notizie? Chi
sceglie quali notizie mettere online? Perché pubblicano i pareri
della gente in maniera funzionale a quello che vogliono dimostrare?
È un po' come la stampa "libera", i cui editori, essendosi accorti
cosa interessa la gente, pubblica solo ciò che interessa loro.
Quindi niente più terremoti, niente più guerre, niente più Tibet,
Birmania, ecc.»
Su questo siamo d'accordo, ma Lloyd doveva fare una premessa
fondamentale. Doveva dividere in opportune classificazioni tutto
ciò che si trova in rete. Ci sono blog, ci sono spettacoli, ci sono
enciclopedie, siti personali, imprenditoriali, pornografici,
canzoni, film, e-commerce, versioni elettroniche di giornali
cartacei e infine giornali nati esclusivamente per internet come
L'Adigetto.it.
In questo bailamme, l'Ordine dei Giornalisti potrebbe giocare un
ruolo indispensabile per dare una classificazione fondamentale in
modo che la gente possa districarsi in questo oceano di
onde al vento.
Tuttavia, nel corso della conferenza tutto questo non è stato
affrontato. Né è stato possibile parlarne nel contradditorio, visto
che al termine della conferenza il presentatore ha concesso sono
una decina di minuti ai presenti. E i pochi che hanno potuto
esprimersi al microfono hanno sostanzialmente chiesto a Lloyd di
esprimersi sul conflitto di interessi, come se fosse l'unico
problema al mondo. Problema sul quale il giornalista britannico ha
cercato di spiegare il fenomeno, senza però commentarne la
liceità.
Insomma, sembrava che i presenti volessero solo sentirsi dire che
Berlusconi non dovrebbe essere alla guida del governo. Lloyd ha
spiegato invece che il problema non sta nel fatto che Berlusconi
sia diventato così popolare grazie all'utilizzo dei suoi mezzi di
comunicazione, quanto piuttosto alla simpatia che il suo successo
personale e il successo dei suoi canali televisivi hanno trasmesso
alla sua persona. Come dire che chiunque raggiungesse il successo
potrebbe essere condannato a non candidarsi alla guida del paese
perché sfrutterebbe una simpatia che lo avvantaggia rispetto alla
media del Paese.
Ma il problema reale dell'argomento non era Berlusconi. Ed anzi
diciamo che aspetti veri non sono stati affrontati. E che la
conferenza si è dimostrata, alla fine, piuttosto banale
G. de Mozzi