«Al Villaggio SOS di Trento cercansi mamme»

Nostra intervista a Giovanni Odorizzi, direttore del Villaggio Sos di Trento – Di Massimo Parolini

Con questo articolo il nostro giornale prosegue l’indagine divulgativa della storia di persone e Associazioni che in Trentino hanno dedicato la propria esistenza all’assistenza, all’educazione, alla formazione e allo sviluppo in senso lato dei minori, convinti che la loro testimonianza possa essere utile, oggi, per rilanciare l’impegno sociale e civile di collaborazione e solidarietà tra le generazioni.
Compirà cinquant’anni nel 2013 e sta cercando cinque «Educatrici residenziali» (le ex Mamme) il Villaggio Sos di Trento, diretto da Giovanni Odorizzi e presieduto da Giuseppe Demattè.
 
Si tratta del primo Villaggio Sos nato in Italia: fondato nel 1963 da Hermann Gmeiner e da un gruppo di volontari trentini che si riunivano attorno a Zita Lorenzi, l’allora Assessore provinciale alla sanità e assistenza sociale, e al sindaco di Trento Nilo Piccoli, il villaggio si trova sulla collina che sale da Piazza Vicenza, nell’area verde del Parco di Gocciadoro.
Ospita circa cinquanta bambini dai cinque ai dieci anni, con cinque Educatrici residenziali e vari educatori professionali; gestisce inoltre una casa per adolescenti in via dei Giardini e due appartamenti in città per maggiorenni.
 
Paga l’Università con borse di studio ai «propri» cervelloni e continua a seguirli anche quando ritornano (i più fortunati ) nella loro famiglia d’origine.
Tuttavia, il direttore Giovanni Odorizzi, da noi intervistato, non nasconde i punti di criticità su cui il Villaggio Sos di Via Hermann Gmeiner 25 (nel cuore di Gocciadoro) deve migliorare, per aprire alla cittadinanza una realtà molto amata e supportata dai trentini ma che vuole porsi come consapevolezza educativa a tutta la comunità, per non autoreferenziarsi in uno splendido isolamento da oasi.
 
Negli ultimi anni si sta assistendo ad una accelerazione di fenomeni sociali disgregativi dei nuclei famigliari, complice la crisi economica e – in generale – la crisi di tutto il tessuto sociale, civile e valoriale.
Ciò ha portato ad un incremento delle richieste di affidamenti al Villaggio – come ci spiega il direttore Giovanni Odorizzi (nella foto qui sotto), che dirige il Villaggio da quindici anni, ma lavora in esso da una trentina – alle origini ci occupavamo di bambini (in parte) orfani spesso con un papà che lavorava all’estero e quindi non poteva accudire ai figli. I bambini restavano in comunità finché potevano essere autonomi per poi rientrare nella casa paterna.»
 
Oggi i villaggi Sos si occupano di bimbi in cui le famiglie sono in situazioni di difficoltà varie: son bambini allontanati dalla famiglia con un provvedimento del tribunale per i minori il quale sanziona comportamenti considerati nocivi per il minore, di grave inadeguatezza nelle capacità educative dei genitori o casi di abuso e violenza.
«Si fa perciò ricorso all’affidamento, in base alla legge 183 del 1984 (modificata nel 2001): l’affidamento è una tutela temporanea, nell’ottica di ricostruire nelle famiglie delle condizione buone per crescerci.»
 
Questo è oggi molto complesso: si tratta di ritornare presso un genitore, una famiglia o un paese che spesso non sono più quelli di origine.
Le famiglie da cui provengono i bambini sono in prevalenza trentine, in qualche caso stranieri comunque integrati. 
 

 
Quali sono, direttore Odorizzi, i cambiamenti in atto nel Villaggio?
«Precisamente due. Primo, il lavoro (complesso e articolato) richiede formazione e competenze specifiche e di continuo aggiornamento. Nel villaggio c’è la figura dell’Educatrice residenziale che dal 2005 viene affiancata da Educatori professionali. Secondo, stiamo implementando il progetto educativo e assistenziale con interventi che il Sos internazionale ha attivato con altre organizzazioni: il Quality 4children. La novità è che una volta l’affidamento ai villaggi iniziava in un tempo x e terminava in un tempo y, oggi si è fatto più flessibile. Questi standard prevedono un inserimento spesso graduale (ad esempio con un affido inizialmente diurno) e un graduale seguito post villaggio (un educatore continua a seguire il bambino a casa). In questo modo si vuole realizzare in modo migliore il dettato della legge, che afferma che l’affidamento dev’essere temporaneo (due anni eventualmente rinnovati dal tribunale), e che prevede un’azione di aiuto alla famiglia per migliorare ed essere in grado di riabbracciare il fanciullo al suo interno.»
 
Quanto rimangono, in media, in bambini nel Villaggio?
«Una nostra ricerca di due anni fa ha rilevato che un terzo dei bambini del villaggio rientra entro i due anni nella sua famiglia, un terzo entro sei anni, un terzo dopo i sei anni o non rientra affatto. Spesso questi ultimi non sono ancora autonomi per cui vengono affidati a delle comunità per soggetti non autonomi, come l’Anfas e Villa Maria a Lenzima, presso Isera.»
 
Che fascia d’età accoglie il Villaggio e qual è il loro destino se non possono rientrare in famiglia dopo i due anni?
«La nostra accoglienza riguarda bimbi dai cinque ai dieci anni: dopo due anni di Villaggio, se non ci sono le condizioni per un rientro nella propria famiglia d’origine, ci sono tre possibilità: una famiglia affidataria, una famiglia adottiva, rimanere in villaggio fino ai vent’anni.»
 
Che tipo di contatti mantiene il bambino con la famiglia d’origine?
«A seconda della situazione familiare il bambino tiene dei contatti (più o meno frequenti) con i genitori: se il progetto evolve in maniera positiva il bambino può andare a casa al fine settimana o telefonare tutti i giorni.»
 
Il Villaggio Sos è una cooperativa sociale con 63 dipendenti.
E qui inizia un prima criticità, come ci racconta Odorizzi.
«Si fatica a trovare Educatrici residenziali: ne servirebbero dieci e al momento ne abbiamo solo cinque. Sono le responsabili delle unità operative, delle nove case in cui sono accolti una cinquantina di bambini (una media quindi di 5/6 bambini per casa: più del 50% di Trento, circa il 35% di Rovereto-S.Michele all’Adige-Pergine, il rimanente 15% dalle valli, come il Primiero, Fassa, etc). »
 
Dunque cercasi «mamme», epigoni di quella Cesarina Sottovia che fu la prima mamma del Villaggio nel 1963. Ma che caratteristiche e virtù deve avere un’aspirante «Educatrice residenziale»?
«La «Mamma» deve avere una sua maturità ed «adultità», vista la complessità delle situazioni che deve saper accogliere ed accompagnare: diciamo che tendenzialmente trent’anni rappresentano un dato anagrafico di riferimento e deve avere meno di quarantacinque anni. La «Mamma» si prende cura quotidiana dei bambini affidati favorendo le relazioni sociali esterne, segue l’inserimento scolastico, le attività di tempo libero e le relazioni con la famiglia d’origine secondo gli obiettivi previsti dal Progetto Educativo Individualizzato di ogni bambino. Come titolo di studio richiediamo almeno un Diploma di scuola superiore.»
 
Qual è il loro tempo-lavoro e la loro retribuzione?
Odorizzi: «Sono inquadrate con lo stipendio da Educatrici delle cooperative sociali. Per quanto riguardo il loro impegno ricordo che le educatrici residenziali sono presenti all’interno della casa famiglia cinque giorni alla settimana, in teoria 24 ore su 24 (due giorni alla settimana sono invece di riposo, all’esterno del Villaggio, a casa propria). Nella possibilità di collaborare con i due colleghi che le affiancano, così come grazie alla propria capacità di organizzarsi, le mamme possono ritagliarsi alcuni momenti di ‘libertà’ anche durante le giornate in cui sono in servizio. Esemplifico: se la Mamma si prepara il pranzo per il giorno dopo e la mattina non ha impegni tipo udienze o altro, può andare a farsi un giro, andare dalla parrucchiera, semplicemente riposarsi ascoltando musica, ecc.»
 
Quale inserimento prevedete per i ragazzi diventati adolescenti o adulti?
«All’esterno del villaggio abbiamo una bella casa in via dei Giardini (la Casa del giovane, frutto di donazione) dove ospitiamo (al momento) sette adolescenti (dai quattordici anni) con un’equipe di educatori composta da un’assistente familiare e cinque educatori, di cui uno ha responsabilità di coordinatore. Inoltre gestiamo due «Appartamenti Autonomia» in città, dedicati a ragazzi maggiorenni, autonomi ma non ancora autosufficienti dal punto di vista economico: uno maschile, l’altro per le ragazze, dove i maggiorenni fino ai vent’anni, che non rientrano a casa, possono rimanere. Attualmente abbiamo solo tre ragazze in uno dei due appartamenti. Il Villaggio Sos attiva inoltre, presso una struttura protetta, degli interventi a favore di ragazzi accolti in passato nel Villaggio e che si trovano nuovamente in situazione temporanea di precarietà. Se poi il ragazzo ha voglia di proseguire gli studi all’Università (anche se è rientrato nella sua famiglia d’origine) il Villaggio finanzia borse di studio, chiedendo il vincolo della presentazione semestrale degli esami sostenuti.»
 
A questo proposito il direttore Odorizzi evidenzia un’altra criticità del Villaggio sulla quale bisogna migliorare in futuro: la famiglia spesso non risolve i suoi conflitti, non sana i deficit che hanno portato il tribunale alla scelta dell’affidamento; i servizi presenti sul territorio – assistenziali, di supporto psicologico –sovente non vengono utilizzati per migliorare la propria condizione.
«E’ difficile convincere le famiglie a fruirne.»
In altri villaggi, tra i sette presenti sul territorio italiano, c’è un servizio di counselling che il Villaggio stesso offre a tali famiglie: «anche noi di Trento» confessa Odorizzi «dovremmo andare in questa direzione».
 
Un altro aspetto critico, rilevato da Odorizzi.
«Stiamo interrogandoci se la concentrazione dei bambini nella struttura comunitaria , un po’ da oasi isolata, sia la più valida, col cambiamento dei tempi e della società. Gmeiner, il fondatore austriaco dei Kinderdorf, diceva: ora siamo innovativi ma quando col mutare dei tempi non lo fossimo più e non riuscissimo a interpretare il mutamento sociale dovremmo modificarci.»
 
Gli operatori del Villaggio, insomma, si stanno interrogando se l’esperienza del villaggio possa far crescere anche la società circostante o rischi di essere solo una bellissima oasi impermeabile alla comunità trentina.
«In realtà ogni giorno qualche persona viene al villaggio e dona vestiti, oggetti e cose utili, – aggiunge Odorizzi. – Circa 700 persone all’anno. Siamo molto aiutati anche con la legge del 5 per mille. Alcune volte all’anno promuoviamo delle feste aperte alla cittadinanza. Tuttavia forse è giunto il momento di una più sistematica apertura verso la comunità, attraverso percorsi educativi-pedagogici che contribuiscano a metterci saldamente in rete con la realtà esterna al Villaggio. In tal senso sarebbe interessante se i nuovi enti gestori (le Comunità di Valle) costruissero una sinergia di promozione culturale-pedagogica rivolta alla cittadinanza, anche nell’ottica di una maggiore sensibilizzazione all’affidamento famigliare.»
 
Ricordiamo che si può aiutare il Villaggio Sos di Trento col volontariato, col 5 per mille, comprando le bomboniere solidali, con le adozioni a distanza, diventando famiglie affidatarie.
 
Ma cosa fa un volontario Sos?
Nell'ufficio di Milano: traduzioni, attività di segreteria e supporto organizzativo nelle aree comunicazione e adozioni a distanza, spedizioni lettere, piccole commissioni, partecipazione a eventi e banchetti informativi in occasione di fiere e manifestazioni.
Supporto alle iniziative di sensibilizzazione e di raccolta fondi anche attraverso la creazione di comitati locali e di gruppi, con il supporto dell’associazione nazionale.
 
Nei Villaggi SOS: giardinaggio e piccoli lavori di manutenzione, aiuto in cucina, lavori di segreteria, piccole commissioni, sostegno scolastico e animazione con i bambini.
Per poter collaborare con i Villaggi è indispensabile vivere nelle vicinanze, in modo da poter garantire una presenza continuativa e un impegno costante nel tempo.
 
Volontariato all’estero: SOS Villaggi dei Bambini valorizza in tutti i paesi in cui opera la cultura e le risorse locali.
Per questo non selezioniamo volontari per paesi al di fuori dell’Italia.
Da casa: promuove la conoscenze dei Villaggi attraverso i social network.
 
Massimo Parolini
[email protected]
 
Per informazioni e contatti:
SOS Villaggi dei Bambini Onlus
Via Hermann Gmeiner 25
38100 Trento
Tel. (+39) 0461.384100
E-mail: [email protected] - [email protected]
Website: www.sositalia.it