Storie di donne, letteratura di genere/ 454 – Di Luciana Grillo
Benedetta Palmieri, «Emersione» – Un romanzo che è una dichiarazione: «adesso basta resistere, è tempo di ricominciare a esistere»
Titolo: Emersione
Autrice: Benedetta Palmieri
Editore: Nutrimenti, 2021
Genere: Letteratura moderna contemporanea
Pagine: 176, Brossura
Prezzo di copertina: € 17
Benedetta Palmieri è una giovane scrittrice che nel 2011, con «I Funeracconti» pubblicato da Feltrinelli, si fece apprezzare dalla critica e dai lettori/lettrici.
Poi, 10 anni di silenzio, prima di dare alle stampe «Emersione», che sembra una lunga lettera d’amore dopo una sorta di annegamento nel dolore.
Con un linguaggio semplice, scorrevole, curato, la narrante racconta di una morte, di un suicidio forse intuibile, ma certamente prematuro: «la cosa non mi stupisce, ma non pensavo che potesse succedere di già. Quantomeno, non prima che ti risentissi, ti rivedessi. Prima di riuscire a pubblicare qualcosa di nuovo che tu potessi leggere, dimostrandoti di avercela fatta».
La protagonista è una donna sensibile e insicura, tormentata dall’idea di non essere adeguata, angosciata, o, come avrebbe detto lui, avvolta «in questa tristezza morbosa».
Eppure lui aveva cercato di sostenerla, di incoraggiarla, forse le avrebbe potuto dire: «Dovresti metterti a scrivere seriamente, invece di cincischiare».
Si erano lasciati, e il senso di inadeguatezza si era fatto più forte, l’aveva costretta a ripiegarsi su se stessa.
Poi, alla notizia della morte lei, immaginandolo in ascolto, gli chiede semplicemente: «Ama le mie cose, ama casa mia, ama me. Amami ancora, fammi capire che hai continuato ad amarmi».
Finalmente gli parla, spalanca il suo cuore, metabolizza il suo dolore che diventa il dolore del mondo, da condividere.
Intorno a lei ci sono oggetti e amuleti, libri, «santini mescolati ai tappi di champagne… il cane di pezza che io accarezzo e vezzeggio… i san Gennaro e i fiori secchi… la bacchetta per suonare la batteria che sembra un tulipano rosso chiuso».
Vive a Napoli, città che ama, ma allo stesso modo ama la Sicilia, il suo luogo del cuore è Stromboli. «La Sicilia fa bene all’anima. E agli occhi, alle orecchie. Agli organi interni», eppure le vittime della mafia – Falcone e Borsellino, Chinnici e Dalla Chiesa, Cassarà, Montinaro, Loi e gli altri – sono davanti a lei che pensa «ai mondi cui appartenevano, ai familiari, a cosa stessero facendo nel momento in cui gli uccidevano figli e fratelli e genitori e amici… vedo rinnegati costantemente i valori che Falcone e Borsellino incarnavano, disattesi gli insegnamenti, tradita l’onestà».
E continua a chiedersi e a chiedere a lui perché abbia scelto di morire, se ha davvero scelto.
Le manca, ci sono momenti in cui «avrei bisogno che mi abbracciassi la testa, per metterla in ordine, per non farmi sentire sola come sono adesso», e ci sono nuovi pensieri, nuovi orizzonti che si schiudono.
Con lui andava al cinema, ora riprende, anche se i film «all’inizio erano troppo impegnativi e carichi di ricordi… e così sono passata alle serie, che mi sono venute in soccorso con la loro presenza durevole e rassicurante, accompagnandomi di giorno in giorno, di ora in ora, nelle giornate sprecate, nelle notti non dormite».
Tutto passa. Tutto cambia, «rientro qui, in questa casa che nel frattempo è cambiata, e io con lei. O io cambiata, e lei con me», così è la vita.
Luciana Grillo – [email protected]
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