Libertà, faticosa mediazione tra società, religione ed economia
Vi sono interrogativi che sorgono spontaneamente a chiunque stia attento della nostra contemporaneità
Le domande sorgono spontanee ad un lettore mediamente
attento della nostra contemporaneità.
Perché religioni diverse impongono o sanzionano comportamenti
diversi?
Se una religione vieta alcuni cibi mentre un'altra impone ai
genitori di insegnare a leggere ai propri figli, che conseguenze
economiche ne derivano?
Perché l'India di oggi abolisce un'istituzione - la dote dalla
sposa allo sposo - che è esistita per millenni in tante
civiltà?
Perché tante civiltà dall'antichità a oggi hanno leggi o norme
religiose anti-usura, e che effetti creano queste restrizioni?
«Le risposte - ci spiega Maristella Botticini, docente di economia
dell'Università Bocconi di Milano, protagonista dell'incontro per
"Passato Presente" al castello del Buonconsiglio - ci vengono dalla
storia.»
«Negli ultimi anni - esordisce Botticini - l'economia ha
incominciato a studiare il legame tra norme sociali e valori
religiosi, e come questi possono interagire con la vita di tutti i
giorni.»
L'economista porta due esempi: l'abolizione nel 1961 in India della
tradizione della dote, che però non ha portato allo sradicamento di
questa usanza che continua a fiorire; e gli effetti sull'economia
dei divieti imposti dalle religioni.
Gli studi scientifici sulla dote si dividono in due: da una parte,
gli antropologi spiegano la dote come una sorte di eredità
pre-mortem alle figlie; dall'altra, gli economisti per i quali
prevale il mercato e che definiscono la dote come il prezzo che
rende competitiva la donna agli occhi del marito.
La dote alle figlie
«Entrambi hanno ragioni, - spiega Maristella Botticini, che compie
un viaggio spazio-temporale dagli assiri-babilonesi del 350 a.C.
alla società fiorentina del 1300. - Nella storia cogliamo una
costante, ovvero la figlia lascia il nucleo familiare e va a vivere
in un altro luogo, in un'altra famiglia.
«Il padre - teorizza la docente - lascia partire la famiglia a
15-16 anni e finanzia il suo futuro. Così lui si prende cura della
figlia, che grazie alla dote trova il miglior marito su piazza, pur
mantenendone la proprietà. Al contempo, il padre motiva i figli
che, attratti dall'eredità, hanno tutto l'interesse a lavorare bene
per la famiglia.
«Questa tradizione è trasversale a tutte le religione. Le doti
muoiono di morte naturale con il passaggio dalla società agraria ad
una società più evoluta, dove i maschi non lavorano solo per la
famiglia.
«Maschi e femmine - osserva la docente - sono uguali e il genitore
preferisce investire in istruzione. In prospettiva, maschi e
femmine si divideranno l'eredità.»
In India, a differenza del mondo, la tradizione della dote resiste
perché il patrimonio familiare non resta di proprietà della figlia
ma passa al marito. In caso di morte, la donna resta senza nulla e
spesso la famiglia non accetta il suo ritorno perché
significherebbe la prospettiva di recuperare una seconda dote.
Gli effetti della religione sull'economia
La professoressa Botticini prende ad esempio gli ebrei.
«Un popolo a cui va ascritto il 50 per cento dei Premi Nobel, un
alto numero di scienziati, con un'alta percentuale di professioni
nobili, quali notai e banchieri mentre quasi nessuno fa il
contadino. Siamo in presenza di una società che una scelto di
vivere in città, investire su se stessi e non nella terra, perché
quella te la possono portare via il giorno dopo.»
Nella storia, gli ebrei sono diminuiti dal 60 d.C. al 600, passando
da 5,5 milioni a 1,2 milioni, per diminuire ancora tra il 1250 e il
1500 da 1,2 milioni a 800 mila persone.
«I due trend - svela l'economista - si spiegano perché all'inizio
gli ebrei erano contadini, per poi passare, a partire dal X secolo
durante l'impero Ottomanno, ad essere commercianti e mercanti del
credito. In seguito si specializzeranno in professioni e si
sparpaglieranno per il mondo.»
Per gli ebrei - secondo l'analisi economica - cambia l'impostazione
religiosa con l'introduzione della norma secondo cui per essere un
buon ebreo, il padre deve mandare il figlio maschio a leggere i
leggi sacri.
«Dai sacrifici di animali nel tempio - osserva ancora la docente -
si passa agli studi della Bibbia: questo dettame religioso causa
all'inizio una conversione di ebrei contadini verso altre
religioni, quali il cristianesimo che abolisce l'obbligo dello
studio delle sacre scritture. Con l'arrivo della religione
islamica, gli ebrei lasciano l'agricoltura, smettono di convertirsi
in massa, e si dedicano al commercio. Si spostano dalla Mesopotamia
e si spingono in Siria, Egitto e nelle terre affacciate sul
Mediterraneo. Alcuni governanti li invitano perché sono istruiti e
hanno conoscenza che la gente del posto non possiede.»
Così come l'ingresso degli ebrei nella finanza è dovuto alla loro
situazione iniziale, ovvero sono ricchi, istruiti, hanno contatti
in tutto il mondo e le leggi consentano loro di tutelare i loro
contratti.
«A distanza di secoli - conclude la docente - un'imposizione
religiosa, apparentemente assurda, quasi folle e controproducente,
si rivela secoli dopo una leva per lo sviluppo dello stesso
popolo.»