La Tesi di Cippolletta: «Troppe tasse in Italia, mito da sfatare?»
In un libro provocatorio spiega che «le tasse non vanno ridotte ma riviste: questo è il significato della spending review»
Nella foto, Innocenzo Cippolletta e Fabrizio Saccomanni.
«In Italia paghiamo troppe tasse. Falso!»
Un titolo forte per il libro di Innocenzo Cippolletta, che è stato al centro questo pomeriggio dell'incontro con l'autore alla Facoltà di Giurisprudenza.
Molti di noi credono di essere in credito con lo Stato perché ritengono di pagare più tasse di quanto ricevono in servizi. In realtà, questa la tesi dell'opera, per molti non è così. Equità sociale, margini di manovra della politica, buoni servizi: questi alcuni dei temi approfonditi nell'incontro.
Ha introdotto la discussione l'ex ministro dell'Economia e delle Finanze (del governo Letta) Fabrizio Saccomanni, un uomo che per definizione non può che sostenere la tesi di Cipolletta.
Nel libro, secondo Saccomanni, c'è l'acuta analisi politico sociale del nostro paese, composto in parte da gente benestante che ha perso il senso della solidarietà e del dovere di contribuire al benessere collettivo.
Saccomanni ha spiegato che il libro contiene una tesi controcorrente.
«Secondo l'analisi di Cippolletta lo spazio per ridurre le tasse e per ridurre le spese è molto modesto.»
Invece il margine per migliorare il sistema della spesa pubblica sarebbe enorme e non sufficientemente esplorato. Inoltre, è stato ribadito, il ruolo dello Stato nell'economia è molto importante e c'è una domanda di servizi pubblici che non è comprimibile più di tanto.
In Italia, ha aggiunto Saccomanni, non c'è abbastanza comprensione del fatto che il deficit annuale è strettamente collegato al debito pubblico, visto che lo genera.
Sono i disavanzi a due cifre ad aver creato l'enorme debito italiano. Un altro problema è la sproporzione tra spesa corrente e spesa per investimenti, specie nei settori dove sono disponibili ingenti fondi europei.
Da questo libro, secondo l'ex ministro, emerge un problema di fondo: ci troviamo di fronte a un bilancio pubblico che è piuttosto bloccato.
C'è poca possibilità di utilizzarlo, se non limitatamente, per manovre anticicliche. Esiste quindi poco margine per la politica economica e tutto ciò, naturalmente, ha effetti anche nel campo della politica fiscale.
La semplificazione, il dare maggiori certezze al contribuente, ha ricordato Saccomanni, sono operazioni fondamentali come pure l'impegno in materia di revisione della spesa pubblica e di miglioramento della sua qualità.
«Non so – ha quindi scherzato Cipolletta, – se tutte le persone che sono venute qui oggi sono d'accordo con me.»
Il libro, ha spiegato, è nato in occasione del dibattito sull'abolizione dell'Imu sulla prima casa.
«In tutto il mondo – ha detto Cipolletta – si cerca di togliere tasse dai redditi e di spostarle sui beni. In questo modo si riescono a recuperare risorse e si fa emergere il sommerso.»
In altre parole, è un’ammissione di incapacità da parte degli Stati.
«In realtà – ha aggiunto Cipolletta, – noi paghiamo le stesse tasse degli altri paesi al nostro livello di sviluppo. Esclusi i contributi sociali, che sono una sorta di risparmio forzoso, in qualche caso paghiamo meno degli altri paesi al nostro livello.»
Dobbiamo, secondo l'autore, rivedere le tasse, non ridurle. La leva della politica non può quindi essere solo la compressione della spesa pubblica, che è il primo strumento per togliere le diseguaglianze sociali.
Secondo Cipolletta, anche se per molti è difficile accettarlo, «la maggioranza degli italiani riceve dallo Stato più di quello che paga».
E questa è la conclusione: quando si propone di ridurre le spese pubbliche bisogna stare attenti a non tagliare il ramo su cui si è seduti.
Per Cipolletta «è meglio vivere in un paese che ha buoni servizi piuttosto che in uno in cui si pagano poche tasse».
Sono i nostri servizi che possono essere migliorati. La loro qualità, a macchia di leopardo, suggerisce a Cipolletta che non è il sistema ad essere sbagliato, ma il modo in cui viene interpretato e tradotto in fatti.
«Spending Review – ha aggiunto – nella sua etimologia, non vuol dire tagliare la spesa, ma rivederla. Si tratta di levare sprechi e corruzioni e concentrare la spesa nei servizi importanti per i cittadini.
Sul piano istituzionale Cipolletta sottolinea che in Italia le spese sono decentrate, ma la raccolta delle tasse è centralizzata nelle mani dello Stato.
Questo, secondo lui, non va bene perché induce le periferie a spendere tutto quello che hanno a disposizione o a scaricare altrove la responsabilità dei loro mancati interventi.
Va data quindi maggiore capacità impositiva agli enti locali, questa la conclusione.