Web e democrazia? «Internet come un’Agorà greca, ma senza sintesi finale»
Ma l'analisi è finita lì. Si è notato il «rapido sviluppo della rete», ma si è giunti al concetto che… non si tratta di un «mass media»
Un dibattito che è servito
sostanzialmente a formulare dei concetti accademici e dei dotti
riferimenti ai classici, ma anche delle acute osservazioni, prive
però di una fase successiva capace di concentrare il dibattito
sulla validità del sistema informativo di internet.
Non è stata fatta puntuale distinzione tra un blog e un giornale, è
stato dato stesso peso ai sistemi di ricerca ed ai momenti di
aggregazione, sono stati tracciati scenari futuri che dimostrano la
poca considerazione generalizzata nei confronti di un sistema che
risulta sostanzialmente incontrollabile.
Eppure è qui che si deve credere al principio del Festival
dell'Economia 2008: sarà il mercato a fare democrazia, soprattutto
in rete.
Nell'incontro di ieri, intitolato «La democrazia è nella rete? I
labili confini tra comunità aperte e potere mediatico», sono
intervenuti Daniele Pitteri, docente di Sociologia della
comunicazione politica e di massa all'Università LUISS e di
marketing e Nuovi media all'Università Federico II di Napoli e
Giuseppe Granirei, blogger ed esperto di comunicazione e culture
digitali, moderati da Ernesto Assante, giornalista de «La
Repubblica».
«Internet è uno strumento democratico perché offre a tutti le
stesse possibilità, ma questo non significa che sia anche equo ed
egualitario - ha spiegato con una semplice constatazione Giuseppe
Granirei. - Inoltre, è difficile ricondurre il concetto ad una
categoria già conosciuta, ma è possibile indicarne le
caratteristiche con tre parole chiave.
«Innanzitutto lo spazio pubblico, simile ad un agorà greca per
quanto riguarda la possibilità di espressione, ma al quale manca
però il momento finale della decisione e della sintesi. La facilità
di diffusione delle informazioni permette di intervenire nel
sistema pubblico, dei media tradizionali e soprattutto dell'agenda
settings globale. Ne è un chiaro esempio il caso del bullismo nelle
scuole, un fenomeno che è sempre esistito, ma che attraverso la
diffusione in internet è entrato a far parte del dibattito
quotidiano.
«La seconda parola chiave suggerita da Granirei è la
partecipazione, cioè la possibilità di acquisire e di fornire
informazioni.
«La terza, invece, è il nuovo "concetto di rappresentanza". Quella
di internet è, quindi, una nuova democrazia che difficilmente si
concilia con una classe dirigente sempre più anziana che, in campo
tecnologico "non va oltre l'utilizzo degli Sms".»
Anche Daniele Pitteri concorda con le tesi di Granirei e «se è
ancora difficile ricondurre il fenomeno di internet ad una
categoria da noi già conosciuta, è altrettanto facile stabilire
cosa questa realtà non sia: non è un mass media.»
Ma questa è un'osservazione piuttosto superficiale, dato che non è
stata fatta una preventiva classificazione dei mille rivoli della
Rete prima di proporre questo concetto. Perfino la carta stampata,
che ha meno possibilità di espressione, viene classificata secondo
principi ormai assodati dai responsabili media della
comunicazione.
«Il ruolo della rete ha avuto un'evoluzione, - secondo Pitteri. -
Prima è servita per acquisire informazione e adesso, nella seconda
generazione, per fornire e diffondere pensieri personali.»
Per la verità ci sono state altre generazioni, o quanto meno
diramazioni in altri gradi di parentela. Internet è un mondo
variegato e complesso. Va studiato e interpretato. Per la prima
volta, forse, ci si trova a dover studiare i fenomeni per capire
quali siano le leggi che li muovono. Già gli scienziati di
matematica hanno da tempo cominciato a studiare i processi dei
computer per imparare a risolvere complessi problemi di matematica.
Adesso si deve studiare la rete per imparare a conoscere
l'evoluzione del pensiero, della formazione, dell'istruzione, della
cultura, della ricerca, della conoscenza, delle relazioni sociali e
umane, relazionali e commerciali.
E invece la preoccupazione dei due relatori riguarda unanimemente…
la privacy. «È una paura che, in verità, riguarda soltanto una
certa generazione, cioè quella che ha visto la nascita e lo
sviluppo di Internet e non invece quelli che sono stati definiti da
Granieri i "nativi digitali. Probabilmente nel XXI secolo ci
dimenticheremo della tutela dei dati personali.»
GdM