Votiamo per l'Europa sognata da De Gasperi, Schuman e Adenauer
È giunto il momento di non lamentarsi più dell’Europa, ma di andare a cambiarla
Abbiamo appena pubblicato l’intervista realizzata dalla nostra Nadia Clementi al collega Paolo Magagnotti (vedi), attualmente presidente dei giornalisti europei. |
Ancora una volta si va alle elezioni europee senza che i partiti abbiano detto esattamente che cosa intendano fare se, insieme con gli alleati europei, raggiungessero la maggioranza nel parlamento europeo.
Anche questa volta, come cinque anni fa solo la Lega (quando si erano ripromessi di impedire alla Turchia di entrare nella UE...) ha dato una precisazione sulla propria volontà: uscire dall’Euro. Ma dato che noi, per contro, siamo assolutamente favorevoli all’euro, in buona sostanza non abbiamo visto avanzare proposte di una certa importanza.
Renzi, Berlusconi, Grillo e Alfano sono stati chiari nel dire cosa faranno in Italia se vincono (o se perdono), ma nessuno ha affrontato il futuro dell’Europa come tale.
E sebbene i problemi italiani generati dall’Europa siano tanti, ancora una volta non sono stati affrontati dal punto di vista politico.
Cosa fare con la Russia e con l’Ucraina? Secondo noi il rischio di un ritorno alla Guerra Fredda va evitato nel più assoluto dei modi. Non si tratta di dare ragione a Mosca o a Kiev, ma di trovare soluzioni condivise, armati solo di buona volontà.
Non può sfuggire come al Mondo Occidentale abbia due metri e due misure a seconda che l’autodeterminazione dei popoli risulti utile all’Oriente o all’Occidente. Eppure l’esperienza insegna (noi trentini e altoatesini lo abbiamo scoperto personalmente) che la tolleranza e la libertà portano benessere e civiltà.
La buona volontà delle popolazioni del Trentino Alto Adige ha sconfitto il terrorismo e ha generato la più prospera convivenza di popoli, al punto da essere esempio un po’ per tutte le aree dove si prova con difficoltà a trovare il giusto confine proprio ora che i confini li abbiamo cancellati.
In Ucraina si deve procedere solo ed esclusivamente nell’interesse della gente che ci vive e non con la lettura degli interessi di chi ci sta intorno.
In due parole, ci vuole una politica estera chiara, unitaria e condivisa. Chiediamo tanto? Forse sì, ma diversamente non ha senso l’Europa.
E cosa fare con il fenomeno dell’immigrazione dalle coste africane?
L’unica cosa certa è che il problema non è italiano ma europeo per la semplice ragione che chi sbarca in un punto qualsiasi dell’unione Europea sbarca in Europa. Lo stabilisce il trattato di Schengen.
Eppure, la Commissaria agli esteri europei assume la problematica con sufficienza. Fa finta di seguire la cosa ma senza fare nulla per prendere posizione di sorta.
Si parla di milioni di immigranti potenziali e nessuno a Bruxelles si pone il problema di trovare una soluzione per tempo?
Le navi usate per la missione umanitaria mare Nostrum sono italiane. I nostri marinai pattugliano il Canale di Sicilia alla ricerca di disgraziati da salvare. Noi italiani siamo particolarmente tagliati all’umanità, questo è vero, ma i soldi sono uguali dappertutto.
E al di là dei costi veri e propri della missione, che vanno comunque suddivisi equamente con tutta la UE, bisogna anche imparare a condividere le decisioni nelle problematiche comuni.
Dato che Charles De Gaulle è scomparso da oltre 40 anni (era il capo di stato europeo più contrario a una forze militare comune), potremmo anche decidere oggi di costituire delle forze armate comunitarie reali (o almeno virtuali come quelle della NATO), ma qualcosa andrà pur fatto per costringere l’Europa a ad affrontare i problemi europei.
[La tautologia è una citazione proprio di De Gaulle che, pur senza esercito comunitario, voleva un’Europa Europea – NdR]
Per restare agli Esteri della UE, non possiamo dimenticare che abbiamo due marò prigionieri in India. Il problema Marò, lo sappiamo, è delle Nazioni Unite. Ma se l'ONU non risponde (come d’abitudine), l’Europa non può evitare di affrontare la soluzione comunitaria dei due militari sacrificati nel nome di un paese non appoggiato dalla UE.
Cosa fare con l’Euro? E con l’economia in genere?
La moneta unica è stata una grande conquista. Sia perché, dopo la caduta dei confini, rappresenta il più grosso risultato della volontà unitaria dei popoli che la compongono, sia perché più grande è il mercato in cui una moneta circola e più la moneta è sicura.
E indietro non si torna, se non altro perché significherebbe buttare dalla finestra i sacrifici che abbiamo fatto fin qui per averla voluta e rispettarla.
Ma è altrettanto vero che una moneta deve servire all’economia d tutti e non solo a quella di alcuni paesi.
E soprattutto una moneta non deve essere funzionale solo a se stessa. Cosa ci importa sapere che gli americani per comperare un euro devono spendere quasi un dollaro e mezzo?
I lati negativi di questo super-euro sono sotto gli occhi di tutti: è quasi impossibile fare concorrenza ai prodotti americani. È ben vero che l’energia acquistabile con questo euro costa meno, ma se l’economia sta ferma potremmo trovarci nelle condizioni di non poterla pagare.
È necessario svalutare, stampare cartamoneta, fare politiche finanziarie unitarie, con o senza la volontà di tutti gli stati membri.
Nella citata intervista a Magagnotti si legge come le problematiche da superare in questo campo siano immense, generate da mille anni di storia, da diversità diametrali, di guerre susseguite incessanti nei secoli.
Non possiamo dimenticare che la prima metà del 1900 ha visto scatenarsi la più grave ferocia militare della storia dell’Umanità. Ma vogliamo anche prendere atto che si è trattato di una Guerra si Secessione.
Ci è costata 100 milioni di morti. Facciamo sì che almeno non siano morti per nulla.
Ma allora come procedere al rilancio dell’economia dell’Europa, che purtroppo significa somma delle economie dei vari stati?
Secondo noi, la soluzione è strettamente legata alla sorte dell’Euro, che - come abbiamo detto - va svalutato.
È ben vero i paesi affacciati sul Mediterraneo si sono indebitati all’inverosimile. Ma l’unica via per il rilancio è quella di ridare disponibilità ai cittadini. Uno stato come quello italiano, costretto a mantenere il debito pubblico sotto controllo a tutti i costi, non risolverà mai il problema.
Uno stato come quello italiano, che ha una pressione fiscale che si avvicina alla metà del PIL, non potrà mai farcela senza rompere gli schemi.
Gli introiti fiscali di un paese devono derivare dai redditi e non dalle posizioni. Senza confrontarsi sul reddito è come un serpente che si mangia la coda.
Insomma, la si veda come si vuole, ma l’Italia (e i paesi nelle sue stesse condizioni) ha bisogno di fare un passo indietro per prendere la rincorsa e fare un balzo in avanti.
Questo deve essere capito dai politici italiani che andranno a sedersi nel parlamento europeo.
Di tutte queste problematiche abbiamo sentito parlare poco nel corso della campagna elettorale.
Sì, ne ha accennato Berlusconi e ne ha ventilato i concetti Renzi (gli altri, o sono replicanti dei due, o sono fuori dagli schemi), ma in realtà pare che tutti abbiano voluto rinviare il problema a «dopo». Come dire che dovremo vedere come andranno i risultati e poi ne riparleremo.
Tra non molto comincia il semestre italiano. Se non ne approfittiamo per sbattere sul tavolo tutto ciò di cui abbiamoi parlato fin qui, perderemo la nostra ultima occasione.
Il mondo (e tanto più l’Europa) andrà avanti lo stesso, sia ben chiaro. Ma non dimentichiamo che la generazione più importante, quella che sta andando verso l’assunzione delle responsabilità, è trattenuta al palo. I giovani non hanno lavoro, non hanno opportunità di sorta, non hanno nulla su cui discutere il futuro della loro vita.
Come diceva un proverbio popolare, se vogliamo fare una frittata dobbiamo rompere le uova.
Dobbiamo farlo e non possiamo aspettare un solo giorno di più.
Guido de Mozzi