Ripensare la crescita e lo Stato con Philippe Aghion

«Per crescere, non abbiamo bisogno di uno Stato meno ingombrante ma piuttosto di uno Stato di dimensioni adeguate»



«Al castello del Buonconsiglio Aghion, docente da oltre 10 anni ad Harvard e consulente di numerosi policy makers europei, discute riguardo l'intervento o meno dello Stato all'interno delle economie nazionali.
Nella teoria espressa dall'economista francese forti sono i rimandi agli insegnamenti di Schumpeter, in cui l'innovazione tecnologica è a servizio dello sviluppo economico di un paese.

Obiettivo della nostra società è quello di ripensare al significato della crescita e al ruolo dello Stato.
«Dopo la crisi eravamo portati a pensare che un intervento forte dello Stato nell'economia fosse normale più che importante. Invece, le notizie di cronaca ci raccontano che molti paesi europei, come il Regno Unito governato da Cameron, tendono a mettere in secondo piano il ruolo statale.»

Per oltre trent'anni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, le economie dei paesi europei sono state contrassegnate dall'imitazione.
Ora invece che siamo chiamati a concorrere con paesi molto più popolati, dove il costo della manodopera è molto basso, dobbiamo spostarci da quel modello a una economia dell'innovazione e dello sviluppo tecnologico.
Per fare questo si dovrà procedere con la realizzazione di nuovi prodotti e investimenti.

In questo scenario i ruoli delineati per lo Stato sono essenzialmente due.
Il primo quello di investitore, ponendo in essere finanziamenti non verso specifiche aziende ma proponendo prestiti agevolati a interi settori.
Lo Stato non deve finanziare individui e imprese in difficoltà a fondo perduto ma cercare di far percorrere a questi soggetti od organizzazioni dei percorsi di ripresa fortemente regolamentati.
Intervenire, quindi, per reinserire nel mercato del lavoro non per mera sussistenza.

Il secondo ruolo statale è quello di garante.
Quando c'è un investimento di qualsiasi genere da parte di soggetti privati, infatti, il risultato non è mai certo ne assicurato.
Di fronte a questo rischio lo Stato dovrebbe intervenire a garanzia delle imprese che hanno deciso di investire in ricerca, innovazione e sviluppo.

Gli altri ambiti pronosticati dallo studioso francese in cui il ruolo dello Stato dovrebbe fungere da garanzia sono il rischio di fronte ad una recessione macroeconomica, alla minaccia ambientale e ad una disgregazione all'interno della base sociale di una qualsiasi nazione.

La qualità, rispetto alla quantità deve risultare di particolare interesse in tutte le agende politiche dei governanti.
Ad esempio, secondo alcuni indicatori presentati durante la conferenza da Aghion, maggior anni di scuola non corrispondono necessariamente a una miglior crescita professionale se le scuole o le università scelte non sono di massima qualità e valore.
Lo stesso per quanto riguarda la corruzione: in un paese dove c'è maggior fiducia nei governanti il livello di crescita è molto più alto. Ridurre la corruzione rafforza inoltre anche gli effetti positivi della tassazione sulla crescita.

Dal punto di vista delle misure fiscali attuate dai governi secondo Aghion, gli Stati dovrebbero applicare una politica maggiormente anticiclica, cioè con tassi di interesse reali di breve termine più bassi durante le recessioni e più alti durante i periodi floridi.

«La soluzione non può essere quella pronosticata da Keynes di un forte aumento della spesa pubblica per far ripartire l'economia perché non prevede la variante della globalizzazione e neppure quella proposta da Cameron, dove lo Stato si ridurrebbe ad osservatore di un mercato regolato dalle leggi della contrattazione economica e finanziaria.
«La terza via, da me proposta, è quella di non tagliare per motivi di bilancio i finanziamenti a PMI, sanità e istruzione in quanto ciò causerebbe minor gettito d'imposta e così minore crescita del paese, ma un generale cambio nella governance sia strutturale che delle scelte messe in atto dai governi.»

L'idea è di riuscire ad introdurre politiche fiscali anticicliche, cioè politiche che aumentano il deficit pubblico durante le recessioni e lo riducono durante le fasi positive.
Sono più favorevoli alla crescita in paesi o settori che hanno maggiori problemi di credito.

Tesi che sottolinea, a differenza dei sostenitori del moltiplicatore keynesiano che pongono invece l'attenzione sugli effetti di breve periodo sulla domanda, i vantaggi sulla crescita di lungo periodo e derivanti soprattutto dal lato dell'offerta economica.