Il volontariato: l’evoluzione del terzo settore in Italia

Preoccupazione per il fenomeno delle false fondazioni non profit istituite dai Comuni per gestire in modo diretto i servizi. Il futuro delle cooperative: «dalla mutualità alla solidarietà»

Nell'ultimo decennio, il settore non profit è stato al centro di un crescente interesse, non solo da parte degli operatori sociali, dell'opinione pubblica e dei decisori politici, ma anche degli studiosi. All'analisi del terzo settore in Italia, delle sue trasformazioni e del nuovo carattere, marcatamente imprenditoriale, che ha assunto negli ultimi anni la cooperazione sociale, è dedicato il volume di Carlo Borzaga, docente di Politica economica all'Università di Trento e Alberto Ianes, ricercatore in Storia d'impresa, sistemi d'impresa e finanza aziendale all'Università Statale di Milano, dal titolo «L'economia della solidarietà. Storia e prospettive della cooperazione sociale» (Donzelli Editore).

Il volume è stato al centro questa mattina alla Biblioteca Comunale di Trento di uno degli incontri promossi nell'ambito del programma partecipato del Festival dell'Economia. Alla discussione, moderata da Roberto Ippolito, condirettore della Scuola superiore di Giornalismo della LUISS, era presente insieme agli autori anche Felice Scalvini, presidente della Confederazione europea delle Cooperative di lavoro e sociali (Cecoop).
«La vecchia concezione di welfare state - ha detto Roberto Ippolito nella sua introduzione al dibattito - si è chiusa sul finire degli anni '80, quando la nascita di nuovi bisogni, a cui lo Stato non sapeva rispondere da solo, ha portato al coinvolgimento del cosiddetto terzo settore. Le cooperative sociali, istituite per combattere l'esclusione sociale e rispondere in modo più adeguato all'evoluzione della società, hanno mostrato da subito tutta la loro forza innovatrice, aprendosi ad una dimensione imprenditoriale.»

«Fino agli anni '70 - ha chiarito Alberto Ianes - la convinzione diffusa si basava sul fatto che il benessere economico e sociale della popolazione dipendesse dalla combinazione di mercato (scambio di beni e servizi) e Stato (che faceva fronte agli squilibri lasciati da quest'ultimo). Lo Stato esercitava la funzione di garante dei diritti dei cittadini attraverso la produzione di servizi e la redistribuzione della ricchezza (con la tassazione progressiva). Questo meccanismo ha retto fino agli anni '70, cioè fino a quando inflazione, recessione e disoccupazione non hanno fatto sorgere nuovi bisogni sociali di servizi e assistenza. La risposta in Italia è stata dunque la nascita del terzo settore.»

«La maggior caratteristica del volontariato, che ha dato vita al terzo settore - ha aggiunto Carlo Borzaga - è stata quella di esprimere un'istanza di libertà. Secondo vari studiosi di welfare di diverse provenienze culturali, la criticità del sistema italiano sviluppato dopo la Seconda Guerra mondiale, stava infatti nella struttura troppo limitante.»

«Il problema era dunque - ha completato Ianes - quello di produrre in modo stabile servizi per la collettività e, allo stesso tempo, perseguire principi di efficienza. La mancanza di efficacia rappresenta infatti un grave rischio per la solidarietà, che sta alla base del sistema. Essere solidali, ma essere anche impresa: per farlo, l'unica forma giuridica adatta era quella dell'impresa cooperativa. Non dell'associazione (che non può avere personale remunerato), né quella della fondazione (che rischia, come lo Stato faceva in passato, di monetizzare i bisogni, e di preoccuparsi più della redistribuzione della ricchezza che non della produzione di servizi). Il vero passaggio cruciale è stato nella trasformazione del focus delle cooperative sociali: dalla mutualità alla solidarietà.»

«Un'evoluzione fondamentale - ha commentato Felice Scalvini - anche per gestire un altro cambiamento epocale: quello che ha visto l'aumento dei bisogni sociali e di assistenza delle famiglie e dei singoli. Il movimento cooperativo è stato chiamato a rispondere ad una pluralità di istanze portate dai lavoratori: oggi divenuti anche risparmiatori e, a loro modo, piccoli capitalisti. Le cooperative sociali, dovendo rispondere ad una nuova visione multistakeholders, possono dunque essere ritenute un vero e proprio laboratorio di esperienze per il futuro.»

«Il vero valore aggiunto del volontariato - ha precisato Borzaga sullo spunto di una domanda di Ippolito - è quello di essere riuscito, pur tra mille difficoltà (un contesto caratterizzato dall'assenza di regole), a rapportarsi in modo contrattuale con lo Stato. In realtà più dinamiche, come il Trentino, alcune delle realtà del volontariato hanno saputo svolgere una funzione proattiva, inventandosi ad esempio nuove forme contrattuali, come le convenzioni. Da parte sua, la pubblica amministrazione ha maturato una sensibilità verso l'importanza e l'urgenza di prestare servizi sociali adeguati.»

Ma Borzaga lancia un allarme. «Negli ultimi anni si assiste ad un fenomeno preoccupante, legato allo sviluppo di un falso terzo settore. Molte amministrazioni locali (soprattutto i Comuni) tendono a dar vita a false fondazioni non profit per gestire in modo diretto la produzione di servizi. L'esternalizzazione rende, infatti, le cooperative non controllabili da parte dell'ente pubblico. Ecco perché si preferisce adottare lo strumento privatistico delle fondazioni (che nascondono una forte presenza del pubblico), che però non garantiscono democraticità nei processi.»

Un ulteriore accenno al valore delle cooperative sociali dal punto di vista economico si è registrato nelle conclusioni di Ianes. «Vi è un pregiudizio diffuso sulla reale capacità di sostenibilità da parte delle cooperative sociali rispetto alle imprese. Niente di più sbagliato: L'indice di sopravvivenza delle prime (85% circa dopo i primi dieci anni) è infatti molto più alto delle piccole aziende private. Quello che occorre oggi è invece mettere a punto un vero bilancio sociale e rafforzare il sistema di controllo della base e dei singoli soci sull'operato dei manager, attraverso uno sforzo normativo ulteriore e una maggiore acculturazione dei soci.»

(as)