«La trappola della disuguaglianza vincola le opportunità»

L’analisi di Vito Peragine oggi al Dipartimento di Economia e Management per il Festival dell’Economia

Le disuguaglianze nocive per la crescita sono quelle di dotazione e di risorse che impediscono gli investimenti economici e in capitale umano.
Peragine: «È difficile raggiungere un consenso su come misurare la differenza di opportunità, ma si possono stabilire i fattori che avvicinano o allontanano dall’obiettivo di una minore disuguaglianza, come l’origine familiare, la provenienza geografica, la razza o il genere.»

Occorre contrastare la disuguaglianza nelle opportunità è un concetto su cui tutti concordano. Ma su come farlo, le ricette sono diverse.
Entra in campo il ragionamento sulla compensazione da mettere in atto rispetto alle circostanze esogene, quelle che non dipendono dal talento o dall’impegno dell’individuo.
E anche quando si parla di meritocrazia bisogna fare attenzione: se si considerano solo i risultati scolastici la valutazione potrà essere insoddisfacente, se non addirittura pericolosa perché non tiene conto dei fattori esterni che influenzano la performance.
A pesare sono l’origine familiare e soprattutto il background e il reddito dei genitori, la provenienza geografica e altri fattori come la razza, l’etnia o il genere. Vito Peragine, professore di Economia pubblica all’Università di Bari, ospite oggi Festival dell’Economia di Trento ha tracciato la mappa delle disuguaglianze partendo da un’amara constatazione: negli ultimi trent’anni sia negli Stati Uniti sia in Italia si è registrato un incremento della quota di reddito a vantaggio dei ceti più ricchi, il 10% circa della popolazione.
Nel nostro Paese la crisi ha avuto un effetto repressivo: tutte le famiglie italiane l’hanno avvertita, ma le famiglie più povere l’hanno sentita di più. E tutto ciò ha generato un aumento delle disuguaglianze.
 
Ma esiste un livello di disuguaglianze accettabile? Che differenza c’è tra disuguaglianze di risultati e di opportunità?
«Le disuguaglianze sono più tollerate in alcune circostanze, – spiega Peragine. – Quando il benessere aumenta per tutti, come capita in un periodo di crescita; quando vi è la percezione della mobilità infra-generazionale e anche inter-generazionale, quando il successo è generato dal talento individuale piuttosto che da fattori ereditari o di condizionamento sociale.
«Conta anche l’origine delle disuguaglianza: non è sufficiente guardare alla distribuzione delle risorse ma occorre guardare anche alla storia, a come sono state generate.
«Le disuguaglianze incidono sulla crescita economica in modo diretto: possono generare un utilizzo più o meno ampio delle risorse disponibili. Ma anche in modo indiretto, perché a maggior disuguaglianze corrisponde un maggiore intervento di tipo redistributivo.
«Le disuguaglianze nocive per la crescita sono quelle di dotazione e di risorse che impediscono gli investimenti economici e in capitale umano.»
 
Ma cosa intendiamo per disuguaglianza di opportunità?
«A incidere sono fattori come la mobilità sociale (ad esempio l’origine familiare), la discriminazione (razza, genere), l’istruzione, il ruolo della ricchezza ereditata.
«A differenza della disuguaglianza nel patrimonio che è osservabile, l’analisi della disuguaglianza di opportunità è più complicata. Occorre un modello che combini le circostanze esogene (fattori genetici, socio-familiari ma anche istituzionali) con l’impegno individuale.
«Un modello a cui poi vanno aggiunti dei correttivi: il principio di compensazione o, al contrario, il principio di ricompensa. La parte più difficile sta proprio nel distinguere l’impegno dalle circostanze, perché questi due aspetti si influenzano a vicenda.
Ma la misurazione è possibile ed è determinante per disegnare politiche di diminuzione delle disuguaglianze.»
   
Come stabilire la giusta ricompensa per l’impegno?
«Il tema della ricompensa è un’altra questione aperta. Pur riconoscendo una differenza nel talento e nell’impegno non è detto che sempre sia legittimo una differenza molto alta nei salari.
«Per tentare una misurazione, il metodo più utilizzato è quello di valutare la posizione di un individuo in termini di impegno, all’interno di un gruppo omogeneo per caratteristiche (ad esempio, provenienza geografica e tasso di istruzione dei genitori).
«Ma gli economisti hanno elaborato anche altre possibilità.»
   
In tema di disuguaglianze il dibattito si sposta rapidamente sull’istruzione, terreno di acceso dibattito anche nelle ultime settimane.
«La scuola è uno dei terreni su cui un’analisi è possibile, partendo da alcuni fattori: l’uguaglianza di accesso (realizzata nella maggior parte dei Paesi UE), la spesa pubblica (che in Italia però non è ancora garantita), i risultati (un’analisi ancora da noi non possibile), le opportunità nell’accesso all’istruzione, i livelli di istruzione.
«I dati Invalsi ci dicono che non vi è uguaglianza di opportunità rispetto alle conoscenze acquisite. Anche la spesa per l’istruzione è molto diversa tra le varie regioni italiane. Le risorse monetarie disponibili incidono sulle possibilità nell’istruzione.
Ma a condizionare è anche l’origine sociale e le preferenze personali che sono comunque legate all’origine sociale, all’area di residenza.
Tra i dati più significativi, emerge come l’impatto del background familiare sull’istruzione in Italia sia tra i maggiori in Europa.»