Adelchi-Riccardo Mantovani, in mostra al Mart – Di Daniela Larentis

Da poco inaugurata al Museo di arte moderna e contemporanea di Rovereto un’esposizione dedicata all’artista ferrarese. Visitabile dal 30/10/2022 al 5/2/2023

Nicoletta Colombo, Vittorio Sgarbi e Susanna Sara Mandice.

Il Mart Rovereto dedica all’artista ferrarese Adelchi-Riccardo Mantovani un’interessante mostra nata da un’idea di Vittorio Sgarbi, a cura di Beatrice Avanzi, che ha come tema dominante l’infanzia del pittore.
Inaugurata domenica 30 ottobre 2022, congiuntamente al Focus dedicato all’artista Achille Funi (1890-1972) nel cinquantesimo anniversario della morte, resterà aperta al pubblico fino a domenica 5 febbraio 2023 nello splendido Museo di arte moderna e contemporanea di Rovereto, progettato vent’anni fa dall’archistar Mario Botta.
 
Organizzata dal Mart insieme a Ferrara Arte e al Servizio Musei d’Arte del Comune di Ferrara, la mostra ha avuto la sua prima tappa a Ferrara, al Castello Estense (5 marzo - 9 ottobre). Si tratta quindi della seconda tappa della prima grande esposizione dedicata allo straordinario pittore e disegnatore, noto principalmente in Germania, sua terra d’adozione.
Il percorso espositivo mette in scena attraverso oltre cento opere l’intera produzione di Mantovani, che, recuperando i valori tradizionali della pittura e del disegno, destabilizza la percezione del dato reale proiettandolo in atmosfere oniriche e sospese: dalle composizioni del periodo giovanile alle opere di sapore autobiografico e fiabesco degli anni Ottanta e Novanta; dalle immagini di gusto allegorico e popolare alle visioni specificatamente padane, agli ultimi lavori legati al tempo presente.
 
Nato a Ro Ferrarese nel 1942, Mantovani, rimasto orfano del padre, viene affidato alle suore dell’orfanotrofio di Ferrara dal 1946 al 1952 e poi mandato in collegio a seguire i corsi professionali per imparare il mestiere di tornitore. Nel 1964 si trasferisce in Germania e, due anni dopo, si stabilisce a Berlino, dove inizia a lavorare in fabbrica.
Il clima culturale della città lo incoraggia a riscoprire l’attitudine al disegno che si era manifestata ai tempi del collegio. Frequenta le scuole serali di pittura, i corsi di nudo, studia la storia dell’arte ed espone in mostre collettive insieme ad altri artisti.
 
Nel 1979 abbandona i panni dell’operaio per indossare, definitivamente, quelli di pittore.
In questo periodo giunge a piena maturazione la sua singolare ricerca tesa alla creazione di un mondo allegorico e fiabesco, che affonda le radici nell’arte antica (la pittura del Quattrocento padano e il naturalismo fiammingo) e raccoglie al contempo i suggerimenti delle più affascinanti correnti figurative del primo Novecento, dalla Metafisica di de Chirico alla Nuova oggettività tedesca, dal Surrealismo di Delvaux e di Magritte al Realismo magico.
 
La mostra è impreziosita da un esaustivo catalogo, con testi di Angela Benini Bighi, Laura Gavioli, Luca Scardino, Adelchi-Riccardo Mantovani.
 

 
Spiega il Presidente del Mart Vittorio Sgarbi in un passo del suo intervento critico:
«Il sogno di Ferrara, che fu proprio di de Chirico nei suoi anni migliori, eleggendo la città come anima ed emblema della metafisica, continua in Adelchi che, fuori di ogni protezione o ideologia, ha dipinto, tra serenità, nostalgia e inquietudine. Un sogno senza fine.
«Ferrara ora lo celebra per i suoi ottant’anni, trascorsi senza mai essersene andato, pur vivendo altrove; e molto lontano. Nella solitudine.
«Le vicende della sua vita, le sue ossessioni infantili, sono raccontate con insuperabile e seducente candore nelle note autobiografiche e nelle schede di alcuni quadri.»
«Almeno due cose andranno ripetute e fissate come fondamentali nella sua poetica. E si risolvono essenzialmente nei nomi di due citta: Ferrara e Berlino. E a essi è legato anche il doppio nome di Mantovani.
«A Ferrara egli è nato. Anzi a Ro, un piccolo paese sul Po: per coincidenza della sorte lo stesso luogo nel quale, per almeno un decennio, io e lui siamo inconsapevolmente vissuti.
«Poche case e una chiesa su un’ampia piazza, intorno una sterminata campagna: le ritroverete spesso nei quadri di Mantovani. Nel 1964, ventidue anni, non ancora pittore, ma semplice operaio, Adelchi si trasferisce a Berlino dove tuttora vive, avendo interrotto ogni rapporto, che non sia turistico, con la patria.
«Ma, come ogni vero emigrato, ha portato con sé tutto il suo mondo. E quando, con i tempi e i modi di cui egli stesso ci racconta, ha cominciato a dipingere, via via sempre più perfezionandosi, Ferrara e Ro sono completamente riemerse.»
 

Adelchi-Riccardo Mantovani, Scuola di disegno, 1996, Collezione privata.
 
Sottolinea Laura Gavioli nel testo in catalogo:
«La consuetudine, inventata da bambino in collegio, di raccontarsi delle storie per scacciare la paura della notte e l’infelicità della solitudine, è ancora la fonte di ricerca pittorica di Adelchi-Riccardo Mantovani.
«Da un lato l’osservazione della realtà con una maniacale costanza e precisione affinché tutto sia appoggiato ai sacrosanti principi del vero, quello che gli artisti della grande tradizione classica hanno studiato e sviscerato lungo il percorso della loro esperienza; dall’altro la percezione, il sogno, il fantastico che viene recuperato dalla memoria e dall’invenzione che è capace di stimolare un’idea, un racconto che apre un nuovo sipario di visione […].
«Nella sua autobiografia scrive: Ciò che oggi so l’ho imparato da solo. Sono, per così dire, un pittore selvaggio, perché sono cresciuto come un selvaggio, senza aiuti né sostegni. A quel tempo (estate 1959) disegnavo molto dal vero: paesaggi, piante, fiori, oggetti domestici, ritratti di conoscenti e familiari. Disegnavo anche nasi, orecchie, mani, in tutte le variazioni possibili. Questa fu la mia scuola d’arte: osservare e disegnare».
 

Adelchi-Riccardo Mantovani, Natura morta, 1971, Collezione privata.
 
Uno dei quadri in mostra è intitolato «Sweet Memories», 2011, un olio su tavola appartenente a una collezione privata. Lo commenta lo stesso Mantovani in un suo testo:
«Qualche anno fa una galleria di Roma mi ha domandato se volevo partecipare a una mostra intitolata L’autoritratto.
Siccome a me non piace ritrarmi come sono adesso, ho pensato di farlo due volte come bambino, illustrando così una storia che mi è veramente successa e che ironicamente chiamo Sweet Memories. Dolci ricordi.
«Una suora, per un motivo che non ricordo più, aveva incominciato a tirarmi un orecchio con tanta forza da procurarmi una ferita. Naturalmente non ho reagito come ho illustrato nel quadro, le avrei graffiato volentieri il viso, ma con tutta probabilità lei mi avrebbe staccato l’orecchio, sul serio.»
 

Adelchi-Riccardo Mantovani, Sweet Memories, 2011, Collezione privata.
 
Per quanto riguarda il dipinto «Le miracolose apparizioni di Venere», 2015, altro olio appartenente a una collezione privata, spiega:
«Si dice che gli antichi greci fossero schizofrenici. Vedevano sovente i loro dei che consideravano persone reali e, essendocene un gran numero, avevano probabilmente spesso a che fare con le loro apparizioni.
«Immagino che Venere, una delle dee preferite nell’antichità, si rivelasse frequentemente a coloro che credevano in lei. Nel mio quadro compare addirittura tre volte nello stesso tempo su tre montagne diverse. È la venere genitrice. È incinta e tiene un bambino in braccio. Di fronte a questo improvviso fenomeno i due pastorelli si spaventano molto, così pure le loro greggi che scappano via inseguite dai cani. Il primo bus di turisti è già in arrivo.»
 

Adelchi-Riccardo Mantovani, La fine della guerra infinita, 2021, Collezione privata.
 
Un quadro recente, un olio realizzato nel 2021 dal titolo «La fine della guerra infinita» (collezione privata), mette in scena la fine della Seconda guerra mondiale. Scrive Mantovani a tale proposito:
«Avevo solo tre anni quando è finita la guerra. Malgrado la mia tenera età ricordo diverse cose, ad esempio ciò che era rimasto della casa dove abitavamo che era stata distrutta da una bomba.
«Noi, per fortuna, eravamo stati evacuati qualche tempo prima in campagna presso uno zio di mia mamma. Era finalmente arrivata la fine della guerra? Considerando la storia umana si ha però l’impressione che non ci siano state migliaia o milioni di guerre, bensì una sola iniziata a partire dall’apparizione dell’uomo sulla terra e mai terminata.
«Quello che chiamiamo pace sono in realtà delle brevi interruzioni di questa abominevole abitudine degli esseri umani di massacrarsi gli uni con gli altri, ergo, una guerra infinita che terminerà probabilmente soltanto quando l’umanità sarà scomparsa.
«Quell’Asiniere con la tromba annuncia con orgoglio la sua strepitosa vittoria, mentre una donna abbraccia il suo eroe con grande passione.
«Quando facevo la quinta elementare, solo pochi anni dopo il secondo conflitto mondiale, durante le pause il nostro maestro ci faceva marciare nel cortile della scuola come se fossimo soldatini: un duè, un duè, un duè, squadra alt! Ci esercitavamo forse per la prossima guerra? La piazza che ho dipinto è quella del mio paese natio Ro Ferrarese.»

Un quadro che, come gli altri, fa rivivere i luoghi dell’infanzia ferrarese dell’artista, e che invita a una profonda riflessione sul tema della guerra.

Daniela Larentis – [email protected]

Adelchi-Riccardo Mantovani, Le miracolose apparizioni di Venere, 2015, Collezione privata.