Giovani in azione: Chiara Brun – Di Astrid Panizza
La magia dell'arpa, il suo strumento musicale, fidato compagno di vita
Foto di Matteo De Angeli.
Ci sono strumenti musicali comuni, che fin dall'infanzia conosciamo, chi di noi, infatti, non ha mai strimpellato un accordo, magari anche stonato, per suonare con la chitarra «La canzone del sole», oppure con il pianoforte la celeberrima «Per Elisa»?
Poi ci sono gli strumenti rari, che non si vedono spesso. Tra questi vi è l'arpa, che con il suo suono e la sua bellezza sembra venire dal paradiso.
La protagonista di questa settimana ha scelto come compagno di vita proprio questo strumento, che l'accompagna in ogni dove e con il quale lavora quotidianamente.
Stiamo parlando di Chiara Brun, 33 anni di Rovereto, libera professionista musicale che suona arpa da 22 anni, insegna la magia di questo strumento ai suoi allievi e la suona anche durante eventi pubblici o concerti.
Foto di Natascia Torres e Pietro Rizzato.
Come mai, Chiara, hai scelto come strumento l'arpa?
«Ancora non so cosa mi sia scattato dentro. Quando ero alle medie ero andata ad assistere ad un concerto di presentazione di arpa e mi sono semplicemente innamorata di questo strumento.
«Non ricordo se mi piacesse di più l'immagine dello strumento o della ragazza bionda con la maglia bianca e i capelli ricci che somigliava ad un angelo, ma tutto ciò ha fatto nascere dentro di me un sentimento nuovo.
«Quando sono tornata a casa ho detto ai miei genitori che avrei voluto suonare l'arpa. C'è stato un momento di silenzio, seguito da una risata di tutta la mia famiglia. Non mi hanno presa molto sul serio insomma! Quando poi mi hanno vista convinta, mia mamma mi ha detto di parlarne con l'insegnante di musica per sentire cosa ne pensasse lei.
«Il giorno dopo sono tornata a casa con il modulo d'iscrizione già compilato, ho chiesto solo ai miei genitori di firmare.
«Da lì ho fatto l'esame di ammissione e sono entrata. Ci sono stati molti alti e bassi perché è un percorso faticoso, suonare l'arpa non è così facile come sembra a vedersi.»
Foto di Natascia Torres e Pietro Rizzato.
Immagino sia appunto difficile coordinare due mani con così tante corde.
«Non è facile, è vero. L'arpa ha 47 corde e 7 pedali. È importante quindi la coordinazione occhi-mani-piedi. Gli occhi per leggere lo spartito, che rimane poi alla mia sinistra e per vedere le corde, le mani perché muovono le corde.
«Si suona con otto dita, non con il mignolo perché è troppo corto e fatica ad arrivare alle corde. Quindi è necessario imparare a gestire otto dita che fanno otto cose diverse, perché non sempre suonano in modo simmetrico.
«I piedi, infine, schiacciano o riportano in alto i pedali in base a quello che si sta suonando. Ovviamente bisogna sapere esattamente il pedale che stai schiacciando e non vedendo è tutta una questione di memoria fisica.»
Foto di Natascia Torres e Pietro Rizzato.
Come si è evoluto il tuo percorso da arpista?
«Ho iniziato facendomi prestare l'arpa da una mia compagna di corso, in quanto lei era passata ad un modello più grande. Ho potuto così suonare il mio strumento non solo a lezione ma anche a casa e questa mia passione è cresciuta sempre di più. Il mio percorso è stato tutto da privatista, ho seguito i corsi alla Scuola Musicale Civica di Rovereto.
«Quando c'è stato l'acquisto della mia prima arpa avevo già 14 anni. Ringrazio tanto i miei genitori perché quando avevo momenti in cui mi sentivo giù loro mi hanno sempre spronata ad andare avanti e mi hanno sostenuta.
«Quando, prima di avere l'arpa, continuavo a chiedere loro che me la comprassero, mi rispondevano a loro volta con una domanda: Ma preferisci l'arpa o il motorino?. La tentazione di dire motorino c'è stata qualche volta e non è stato facile rinunciare, oltre che al motorino, a molte uscite con gli amici, perché dovevo studiare i pezzi di quella settimana. Ma alla fine ho sempre scelto l'arpa.
«Lì i miei genitori hanno capito che la musica per me non era solo un capriccio ma un vero e proprio desiderio.
«Quando mi sono diplomata in arpa, un percorso durato nove anni, questo titolo è stato paragonato ad una laurea triennale. Per questo motivo ho scelto poi un percorso specialistico in arpa per poter conseguire la Laurea Magistrale nel mio strumento.
«Nel momento in cui stavo per laurearmi il Ministero ha emanato un decreto per cui chi il vecchio ordinamento veniva equiparato ad una Laurea Magistrale. Mi sono trovata quindi con due titoli uguali in mano. La fortuna che ho avuto è stata quella di poter scegliere di laurearmi magistralmente in Arpa da Camera, differentemente dal percorso precedente, che mi era stato riconosciuto come percorso solistico.»
Foto di Natascia Torres e Pietro Rizzato.
Hai quindi sviluppato anche un percorso assieme ad altri musicisti?
«Sì, al momento suono con un violinista e con una cantante lirica. Inoltre faccio parte anche di orchestra e piccole ensemble. È il bello della musica, condividere tra noi e con gli spettatori le nostre note di magia.
«Sviluppo anche dei progetti da solista se qualcuno fosse interessato alla mia partecipazione ad eventi, spesso per esempio suono a matrimoni. Recentemente, inoltre ho partecipato con la Gaga Symphony Orchestra, composta prevalentemente da giovani musicisti veneti, alla tournée di Patty Pravo, questo nel 2018.
«A maggio, invece, sempre con quest'orchestra, abbiamo fatto un concerto a Milano, Dancers in Concert, con le prime parti del corpo di ballo del Teatro La Scala.»
Mi hai detto che insegni anche, chi è il target di studenti?
«Ti anticipo il fatto che insegno in due scuole musicali in provincia di Brescia, ma vivo a Rovereto. Inizialmente è stato difficile fare la pendolare tra casa e le scuole. Con il tempo però mi sono abituata.
«Per quanto riguarda il target, tanti dei miei studenti hanno iniziato che erano piccoli e anche se il tempo è passato e sono ormai adolescenti io li vedo sempre bambini, è meraviglioso vedere che il tempo passa e loro migliorano sempre di più, ma ho stampato in mente il primo ricordo che ho di loro, come fosse adesso. Diciamo che i più piccoli a cui insegno hanno 7 anni, per arrivare agli adulti, fino alla cinquantina.
«Insegnando ai bambini, soprattutto le prime volte, cerco di approcciare allo strumento come fosse un gioco, la cosa più naturale che ci sia.
«Sono tutte lezioni individuali, però ho anche il mio ensemble di ragazze che suonano in gruppo e talvolta le accompagno pure io. Cerco però di indipendentizzarle, soprattutto quelle più grandi che suonano da tanti anni, in modo che riescano ad organizzarsi e a gestirsi anche senza il mio aiuto.
«È una soddisfazione davvero grande. La cosa che mi rende più felice e orgogliosa è vedere che sono riuscita a creare un bel rapporto fra le allieve. Si cercano, infatti, fra di loro, a lezione individuale mi chiedono le une delle altre, perché vedono sempre solo la compagna prima o quella dopo.
«Ho scoperto poi che si vedono anche fuori, quindi oltre ad aver passato loro un grande amore quale la musica, è bellissimo vedere che abbiano instaurato anche un rapporto di amicizia.
«È una soddisfazione ambivalente, quindi, da una parte l'orgoglio di vederle maturare musicalmente e dall'altra di vederle unite anche in amicizia. Questa, forse, è la vera magia della musica: crea legami non solo di spartito, ma anche di cuore.»
Astrid Panizza – [email protected]
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