Agricoltura di qualità e ritorno al territorio montano
La «ricetta» di Bevilacqua per contrastare la catastrofe ambientale
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«Se lo scioglimento dei ghiacciai proseguirà secondo i parametri attuali, l’Italia – o meglio l’Italia produttiva, industriale e pianeggiante – sarà sommersa e non resterà che spostare l’economia nei territori montani e collinari»: questa la dirompente affermazione dello storico, scrittore e saggista Piero Bevilacqua, nel corso della seconda giornata del Festival dell’Economia.
«Serve quindi un cambio di prospettiva e di sguardo: si deve tornare a queste aree, strategiche per il futuro, attraverso un rilancio dell’agricoltura di qualità che rispetta le colture locali e si fa multifunzione (dal turismo, all’enogastronomia). Per farlo sono necessarie nuove politiche, come dei redditi base che incentivino, nonché un cambio di rotta per cooperativismo e immigrazione.»
È un lungo e complesso excursus storico e geografico, quello in cui Piero Bevilacqua, si addentra nella sua lezione per il Festival dell’Economia, «L’Italia e il suo ambiente».
Un percorso che parte da un assunto chiaro: il nostro è, per sua natura, un paese prevalentemente collinare e montuoso, le cui infrastrutture ed economie sono tutte legate a trasformazioni dell’ambiente.
«L’Italia è un territorio “costruito”, adeguato all’abitabilità, agli insediamenti, alle imprese – chiarisce subito lo storico calabrese – il che significa che poggia interamente su un’impalcatura artificiale e che ci obbliga ad una manutenzione costante.»
Ma quali sono, queste operazioni di «costruzione» a cui Bevilacqua fa riferimento? «Parlo di processi storici. Se per esempio Fernand Braudel, storico francese, distingueva l’agricoltura nordeuropea come frutto del disboscamento, e l’agricoltura mediterranea come frutto di bonifica, l’Italia ha vissuto entrambi, subendo di conseguenza catastrofi ambientali reiterate. Non possiamo mai – aggiunge – credere che determinate conseguenze, come anche le pandemie, si discostino troppo da cause territoriali. Eppure, ce lo dimostra il recente “Recovery Found”, che non prevede lo stanziamento di fondi in tale direzione, del territorio non ci si cura.»
Partendo dall’Impero Romano, per arrivare al ‘900, Bevilacqua racconta allora le tante scelte poco oculate del nostro Paese: «Non da ultima, in termini di impatto, si colloca l’industrializzazione siderurgica e petrolchimica del Sud Italia, imposta forzando le economie locali. Oggi, con una visione più attenta alle politiche ambientali, dovremmo pensare di puntare a un sistema simile a quello della “Terza Italia”, delle Marche e dell’Emilia-Romagna, dove industria e agricoltura vanno a braccetto, dove si rispettano le colture locali e l’agricoltura diventa fulcro di attività diverse, dal turismo alla didattica – continua –. E questa nuova spinta deve andare in direzione dei territori montali e collinari, aree strategiche in un futuro di costante innalzamento dei mari.»
Per farlo, occorrono allora «fondi, redditi di base a chi resta o si spinge in queste zone, ma anche una diversa ottica sull’immigrazione, perché chi arriva è forza lavoro, che, creando cooperative, potrebbe far ripartire molte zone d’Italia oggi deserte.»