Quelle bollicine «talentuose» – Di Giuseppe Casagrande
Oltre ogni più ottimistica previsione il successo del primo «Trentodoc Festival delle Bollicine di Montagna». Tre giorni di eventi davvero... spumeggianti

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Tre giorni di eventi, di incontri, di visite alle cantine. Tre giorni davvero spumeggianti. Questo il bilancio della prima edizione del «Trentodoc Festival delle Bollicine di Montagna» organizzato dall’IstitutoTrentodoc e da Trentino Marketing con la collaborazione del Corriere della Sera e dell’Assessorato all’Agricoltura della Provincia di Trento.
Un successo - possiamo ben dirlo - che ha superato ogni più ottimistico previsione. Un successo fors'anche inaspettato per gli organizzatori, sorpresi dalle oltre 4 mila presenze di enoturisti e wine lover arrivati in Trentino da tutta Italia per ascoltare approfondimenti tecnici, eno-gastronomici e artistici, per visitare gli eventi allestiti dalle cantine aperte per l’occasione e per capire qualcosa in più dai protagonisti del settore in termini di enoturismo, abbinamenti, ricambio generazionale, comunicazione, qualità e longevità enologica, sostenibilità e futuro del settore vitivinicolo.
Un successo inaspettato, perché evidentemente non si era realmente percepita la voglia degli appassionati di tornare a vivere in presenza una manifestazione strutturata e approfondita dedicata al mondo del vino trentino.
Manifestazione che mancava dai tempi della scenografica Mostra dei Vini del Trentino che si era svolta fino al 2010 nel prestigioso Teatro Sociale di Trento, insieme al Palazzo Roccabruna, quando fu istituita l’Enoteca Provinciale nel 2007, per poi passare al Castello del Buonconsiglio.
Nel decennio successivo si è perso purtroppo l'entusiasmo che ha influito negativamente sulla partecipazione degli attori privati ed istituzionali.
Determinante per la promozione del territorio la collaborazione tra i vari enti
«Siamo più che soddisfatti dei risultati di questa prima edizione del Festival – ha commentato Enrico Zanoni, presidente dell’Istituto – ci supportano in questo l’affluenza a tutti gli eventi e i commenti positivi raccolti da chi ha partecipato all’evento.
«Ci ha fatto particolarmente piacere la partecipazione alle varie degustazioni e agli eventi organizzati dalle cantine associate, a dimostrazione del grande interesse verso le diverse realtà produttive.
«Da sottolineare, inoltre, che questa prima edizione ha dimostrato come la collaborazione tra diversi enti impegnati, a diverso titolo, nella promozione territoriale, non possa che dare buoni frutti.»
Insomma il Trentino - allargando l'orizzonte al boom che sta vivendo il mondo delle bollicine in Italia e nel mondo - ha dimostrato di poter reggere alla grande la concorrenza grazie ad un marchio - Trentodoc - credibile in termini di affidabilità, qualità e longevità.
Affidabilità che è premessa fondamentale in un momento storico di passaggio come quello vissuto dal vino del Trentino che sta affrontando temi impegnativi come il ricambio generazionale, la rivoluzione della comunicazione digitale, la sostenibilità ambientale, il cambiamento climatico, l’innovazione tecnica e tecnologica.
Francesco e Alvise Spagnolli della maison spumantistica Spagnolli - Cimone.
L'Istituto Trentodoc ha dimostrato una grande forza d'attrazione
Vignaioli e cooperative, istituti di ricerca avanzatissimi come la Fondazione Edmund Mach e la Fondazione Kessler, personalità forti e visionarie, sfaccettati microclimi custoditi dalle Dolomiti, un forte senso di appartenenza al territorio e un tessuto sociale profondamente cooperativo sono una forza - anche d’attrito - che conduce una intera provincia a confrontarsi sulle sfide e incertezze che la società, i mercati, la politica pongono senza sosta.
Non fa eccezione l’Istituto Trentodoc, che ha dimostrato come attori diversi con mercati diversi, possono lavorare in sinergia se hanno un obiettivo comune: promuovere un prodotto di qualità per renderlo riconoscibile.
Le rivalità tra realtà cooperative e privati si possono e si debbono superare
«Le differenze fra realtà cooperative e private si superano se si superano le ideologie, se si affrontano i problemi pragmaticamente, accettando che convivano realtà diverse, che occupano spazi di mercato tra di loro diversi e complementari.
«Sulla spumantistica del Trentodoc – ha spiegato Enrico Zanoni – si è creato un esempio per certi aspetti virtuoso.
«Nel consiglio convivono la grande maison di tradizione che ha aperto la breccia per tutti, il mondo cooperativo, piccoli e medi produttori, ma avendo allineato il tutto sull’obiettivo comune di valorizzare il Trentodoc, creando notorietà e reputazione, non è stato così impossibile allinearci.
«Il Festival Trentodoc arriva dopo un percorso di più di dieci anni, dove alcune diffidenze iniziali sono state superate dal tempo, grazie alla reciproca conoscenza e al successo.
«Non un punto di arrivo ma una tappa, che ci ha insegnato a togliere barriere ideologiche, conoscerci, confrontarci con rispetto e apertura, definire obiettivi chiari e condivisi da portare avanti con coerenza.»
Esperienza e competenza, patrimonio orografico e geologico, ricerca scientifica e tecnologica: il Trentodoc ha tutte le carte in regola per guardare al futuro con un certo ottimismo, nonostante il contesto economico e sociale preoccupante, forte di una solida reputazione di mercato e di una qualità crescente nel bicchiere.
La Doc Trento, del resto, risale al 1993: è la prima in Italia riservata a un metodo classico, fra le prime al mondo. Da allora, la qualità del Trentodoc è affidata al disciplinare di produzione.
La vendemmia di uve esclusivamente trentine è svolta manualmente e il «vino base» è affidato ad una lenta maturazione in bottiglia che varia da un minimo di 15 mesi per un Brut a 24 mesi per un Millesimato e ad un minimo di 36 per la Riserva, ma può arrivare ad oltre 10 anni di permanenza sui lieviti.
Le sorelle Togn reginette dell'azienda agricola Maso Poli.
Chardonnay, Pinot Nero, Pinot Bianco, Pinot Meunier: un poker vincente
Oggi, sono 1.154 gli ettari vitati dedicati alla produzione del Trentodoc, divisi tra 4 i vitigni: Chardonnay, Pinot Nero, Pinot Bianco e Pinot Meunier.
La zona delimitata per la produzione comprende 74 comuni viticoli della provincia di Trento, tra Valle dell’Adige, Val di Cembra, Vallagarina, Valle del Sarca, Valsugana e Valli Giudicarie.
A livello meramente commerciale, le vendite del 2021 hanno superato i 12 milioni di bottiglie e il fatturato complessivo del settore ha raggiunto i 150 milioni di euro.
A trainare il mercato è l’Italia, guidata dal Trentino stesso, ma anche nelle Regioni meridionali le bollicine di montagna sono sempre più diffuse, con una crescita sostenuta.
L’estero conferma un peso sul fatturato assoluto per il 15%: Europa e Nord America sono le aree internazionali di maggior sviluppo.
«Nonostante le preoccupazioni contingenti, riusciamo ad essere razionalmente positivi: le aziende sempre più numerose nella produzione di Trentodoc – continua il presidente Enrico Zanoni – hanno solidità, hanno visione.
«Veniamo soprattutto da un mondo contadino, che sa che dopo un raccolto scarso può arrivare un buon raccolto, che ha pazienza, che lavora instancabilmente, che ragiona di lungo periodo.»
Daniele, Christine, Lisa Maria e Polo Endrici - Cantina Endrizzi.
Il Trentino oasi privilegiata anche rispetto al cambiamento climatico
Una ricerca innovativa di qualche anno fa, svolto dall’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, insieme alla Fondazione Edmund Mach e al Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, dal titolo «Nuove metodologie analitiche per la tracciabilità geografica e varietale di prodotti enologici» ha stabilito come la presenza di specifici composti aromatici del vino rendano riconoscibile e identitario uno spumante a partire dal territorio, non dal metodo.
«Questo – conclude Zanoni – supporta la nostra carta d’identità trentina, che ci pone in posizione privilegiata anche rispetto al cambiamento climatico.
«Noi crediamo che la tecnologia sia uno strumento a supporto della conoscenza ed esperienza delle persone, e a supporto della viticoltura sostenibile, rispettosa e di alta qualità.
«Non bisogna aver paura della ricerca, dell’innovazione, ma coniugare le diverse esperienze e i diversi aspetti della tradizione e dell’innovazione.»
Maso Martis la famiglia.
La longevità e la vocazione all'invecchiamento delle bollicine trentine
Ospiti dell’Enoteca Provinciale, a Palazzo Roccabruna, lo staff di WineNews, l'agenzia quotidiana di comunicazione sul mondo del vino e del food, online dal 1° maggio 2000, ha avuto modo di assaggiare oltre 50 Riserve di bollicine Trentodoc messe a disposizione da una ventina di aziende del territorio, che confermano come le bollicine italiane di alta qualità, il Trentodoc in primis, non solo sono ormai destagionalizzate e vengono proposte a tutto pasto per la leggerezza ed eleganza, ma grazie all'eccellenza qualitativa hanno conquistato il pubblico femminile.
Sono state, infatti, le donne ad averne sdoganato per prime il consumo al punto che sono le più forti consumatrici.
Un trend in costante crescita nella nostra società contemporanea, perché le bollicine sono sinonimo di convivialità, incontro, facilità di abbinamento a tavola e non solo.
Ecco i giudizi espressi dallo staff di assaggiatori di «WineNews»
In anteprima ecco i giudizi espressi dal panel di assaggiatori di WineNews per quanto riguarda la longevità e la vocazione all'invecchiamento delle bollicine trentine.
Venti le annate assaggiate: dal millesimo 2018 al 1999. WineNews nella prossima monografia di dicembre «I Quaderni» dedicherà uno speciale proprio al Trentodoc.
Fondazione Mach, Trentodoc Brut Mach Riserva del Fondatore 2018
Accoglie subito speziato e burroso svelando solo in seguito le note erbacee e fruttate, a dar equilibrio aromatico e gustativo ad un sorso finemente cremoso e sapido.
Dolomis, Trentodoc Brut Nature Dolomis Riserva 2017
Fine e floreale, ha carattere iodato e un sorso deciso, sia erbaceo che minerale, con una chiusura gentile di nuovo sui fiori bianchi e sulla lavanda.
Francesco Spagnolli, Trentodoc Extra Brut Blanc de Noirs Disìo Riserva 2016
Profumi intensi di frutta tropicale, ostriche, caramella d’orzo anticipano una bocca cremosa e molto sapida, che chiude con un dolce sapore di caramella alle more.
Tenuta San Leonardo, Trentodoc Extra Brut Blanc de Blancs M. G. Gonzaga Riserva 2015
Pesca, violetta e mentuccia: un naso finissimo, come la bollicina in bocca. Sorso ben bilanciato fra dolcezza, sapidità e freschezza, lascia sapore di erba fresca, camomilla e violetta.
Tonini, Trentodoc Brut Nature Le Grill Riserva 2014
Gioca molto sui toni minerali e iodati prima di svelare la dolcezza della frutta tropicale. Sorso asciutto che allenta con grazia nel finale floreale.
Maso Poli, Trentodoc Brut Riserva 2014
Il gesso è il leitmotiv di questo spumante sottile e floreale, dalla dolce cremosità fine e dal finale erbaceo e ammandorlato.
Altemasi, Trentodoc Brut Graal Riserva 2012
Spumante largo e accogliente, decisamente giallo nel bicchiere e burroso in bocca, ha un’anima vegetale che dà spina dorsale al sorso speziato, caramellato e cremoso.
Cantine Monfort, Trentodoc Brut Riserva 2012
Intensamente profumato di mora, cipria, melone e ginestra, con una lieve speziatura al sorso e una decisa sapidità ad accompagnare il finale fruttato di bacche rosse di bosco.
Rotari, Trentodoc Brut Flavio Riserva 2011
Profuma di lievito, di nocciola e di mela matura, con leggeri rimandi a toni affumicati e speziati. In bocca, il sorso è pieno e ampio, fragrante e avvolgente nel finale ricco, con rimandi agrumati.
Abate Nero, Trentodoc Brut Cuvée dell’Abate Riserva 2010
Pietra focaia, burro, spezie, frutta tropicale e una piacevolissima punta agrumata a serrare le fila di un sorso largo, in cui tendono a prendere sopravvento le note terziarie e morbide.
Letrari, Trentodoc Brut Riserva del Fondatore 976 2010
Molto deciso di mango e papaja, canfora e mallo di noce, si diffonde cremoso, sorridente e pacifico, tornando sugli aromi di frutta secca nel lungo finale sapido.
Endrizzi, Trentodoc Dosaggio Zero Masetto Privée Riserva 2010
Profumi e sorso chiari nonostante l’età: biancospino e acacia, ananas e melone, è finemente cremoso in bocca, con un lungo sviluppo minerale e ammandorlato e un finale di mora e vaniglia.
Cesarini Sforza, Trentodoc Extra Brut 1673 Riserva 2009
Sa di caramello, iodio, pietra focaia, mallo di noce, frutta tropicale e calendula. In bocca il sorso è morbido e ampio, dalla sapidità minerale e dai lunghi ritorni tropicali, burrosi e speziati.
Bellaveder, Trentodoc Brut Nature Riserva 2006
Lo scheletro minerale che caratterizza la cantina, qui si arricchisce di fiori e frutta a polpa gialla e note burrose, restando molto sapido e piacevolmente amaricante nel finale.
Maso Martis, Trentodoc Brut Madame Martis Riserva 2003
Inizialmente riservato si concede gradualmente, mostrando grande equilibrio: erba di campo, mandorla amara, iodio, si addolcisce sulla mora, la frutta tropicale e il biancospino. Il sorso molto dolce e cremoso trova sponda nella mandorla amara che caratterizza tutto il sorso.
Ferrari, Trentodoc Brut Giulio Ferrari Riserva del Fondatore 1999
Solare, profuma di fiori e frutta a polpa bianca, crema chantilly, accompagnati da accenni di pietra focaia e mentuccia. Il sorso è cremosissimo, spiccatamente dolce, ma recupera con una viva sapidità minerale. Instancabilmente persistente, lascia la bocca dolce di melone.
Lorenzo Simoni con i figli Chiara e Federico Casata Monfort.
E gli spumanti dimenticati in cantina da molti anni? Promossi alla grande
Come si comporta un Trentodoc lasciato, anzi dimenticato, in cantina?
Al termine della degustazione - che ha riunito a Palazzo Ocse Gabriele Gorelli, Master of Wine, con Stefano Berzi, Valentino Tesi, Simone Loguercio, Roberto Anesi, Maurizio Dante Filippi (rispettivamente Migliori Sommelier d’Italia Associazione Italiana Sommelier 2021, 2019, 2018, 2017 e 2016) - il giudizio è unanime: si comporta benissimo e potrà farsi trovare pronto per chi volesse stapparlo ancora più in là.
In degustazione vi era una selezione di annate dal 2007 al 2012 delle etichette Altemasi Graal, Piancastello Endrizzi, Quore Letrari, Methius Riserva, Madame Martis e Cesarini Sforza Aquila Reale.
La lettura finale della prova è stata affidata al Master of Wine Gabriele Gorelli.
«In questa edizione del Festival abbiamo sviluppato tanti concetti, abbiamo verificato la possibilità di degustare Trentodoc in tutte le occasioni e oggi sonderemo la capacità di evoluzione.
«Abbiamo fatto il punto su questi vini che hanno qualche anno sulle spalle, minimo dieci, tanto tempo di permanenza sui lieviti e sono stati in un ambiente particolarmente protettivo per lungo tempo.»
Gorelli prosegue nella sua spiegazione: «La teoria vuole che si aspetti lo stesso tempo che è passato dal tiraggio alla sboccatura, da questa alla degustazione. In pratica se questi Trentodoc sono stati 60 mesi sui lieviti, dalla sboccatura in poi passano altri cinque anni per poterne godere appieno.
«E oggi abbiamo avuto la conferma di come metodo di produzione e territorio facciano la differenza.»
In alto i calici, prosit!
Giuseppe Casagrande – [email protected]
Marco Tonini vini del Trentino.