Unificazione delle centrali cooperative: il dialogo sul futuro

Marino (Confcooperative) e Poletti (Legacoop) guardano ad una possibile fusione (non prima di aver sciolto i nodi che li dividono)

Cooperative al centro del confronto fra Luigi Marino, presidente di Confcooperative, Giuliano Poletti, presidente di Legacoop, Franco Panizza, assessore provinciale all'artigianato e cooperazione della Provincia autonoma di Trento, Diego Schelfi, presidente della Federazione Trentina della Cooperazione e il professor Stefano Zamagni, docente di Economia politica presso l'Università di Bologna.
A moderare, Michele Dorigatti, responsabile dell'ufficio Studi della Federazione trentina della Cooperazione, sono di grande attualità e rilevanza per il sistema cooperativo locale e soprattutto nazionale.

Primo fra tutti, la questione dell'unione delle centrali cooperative italiane; Giuliano Poletti, possibilista, ha ipotizzato il percorso da seguire. Un primo avvicinamento tra vari soggetti cooperativi dovrebbe avvenire (e sta avvenendo) a livello territoriale, dove realtà cooperative distinte riescono ad intessere relazioni positive. Per compiere il passo a livello nazionale è necessario però instaurare un dialogo e un confronto sulle grandi questioni, come il futuro del nostro Paese.

Luigi Marino si mostra cauto sull'argomento: conviene sulla possibilità di formare una «Federazione nazionale», ma con chiari paletti. Innanzitutto, una discussione sulla questione politica è imprescindibile. Per Marino la cooperazione, non compie scelte in funzione di convenienze politiche e, soprattutto, non si colloca nel mondo politico, ma è autonoma e indipendente da esso. La conoscenza del partner, spiega ancora Marino, deve poi essere profonda e spingersi quindi sulla scelta di un metodo cooperativo: fino ad oggi, Confcoopertive e Legacoop hanno seguito prassi diverse, nessuna giusta, nessuna sbagliata. Bisogna però porre dei limiti affinché non si perdano i valori fondamentali, come la mutualità, creando una «cooperativa geneticamente modificata».
«Prima di unirsi - ha concluso Luigi Marino - bisogna conoscere il dna del partner».

Altro punto di distanza tra Confcooperative e Legacoop riguarda la governance della società. Secondo Poletti, infatti, la via da seguire è quella dei codici di autoregolamentazione.
«Al buon cooperatore - ha affermato Poletti - bisogna affiancare buone regole». A livello nazionale le regole sono generalizzate, i codici posso andare incontro alle differenziazioni del sistema.

Non è dello stesso avviso Marino, che sostiene invece la partecipazione con unico modo di autenticazione delle cooperative. La fidelizzazione del socio e la democrazia partecipata, come ha spiegato anche Diego Schelfi, stanno alla base del mondo e dei valori cooperativi.
Conviene su questo punto anche il professor Stefano Zamagni.
Citando il libro settecentesco di Draghetti Virtù e premi, il professore sostiene che i codici di autoregolamentazione siano figli del sistema contrattuale, mentre, nel sistema cooperativo risulta più conveniente puntare sull'etica delle virtù.
«Come di Aristotele - ha detto Zamagni - la virtù è più contagiosa del vizio».
Premiamo quindi i virtuosi, e non sarà più necessario imporre codici di autoregolamentazione.

Su un punto Confcooperative e Legacoop si trovano in pieno accordo: aprirsi al dialogo, analizzare a fondo la situazione presente e costruire il miglior futuro possibile per la cooperazione, la prima generatrice di capitale sociale.

(gr)