Cammino di Assisi/ 5ª e ultima puntata – Di Elena Casagrande

Dopo poco meno di due settimane di cammino nell’Appenino tosco-emiliano e nelle foreste umbre, passando dai conventi cari a San Francesco, arriviamo ad Assisi

Il paesino di Valfabbrica visto dal cammino.
(Link alla puntata precedente)
 
 Una volta arrivati al paese di Valfabbrica la nostra meta è vicina  
Partiamo all’alba da Gubbio diretti a Valfabbrica. Dopo un tratto iniziale bucolico e pianeggiante, fuori città, incrociata la strada, il sentiero si inerpica per 3-4 km fino al Capitello della Madonna delle Grazie. La salita fa sempre male, ma i ricordini colorati, appesi lì davanti dai pellegrini, rallegrano lo spirito.
L’Eremo di San Pietro è chiuso. Vediamo il custode andarsene in macchina, totalmente disinteressato a noi pellegrini che domandiamo un po’ d’acqua.
«Vedete se c’è un tubo per l’irrigazione là fuori!» – Urla dall’auto.
«Sarebbe stato meglio rifornirsi all’agriturismo visto prima, – dico a Teo. – Vabbè, niente acqua!»
Il sentiero lungo il lago artificiale è inagibile, ma dalla diga mancano pochi chilometri e, nel primo pomeriggio, entriamo a Valfabbrica.
 

Le specialità culinarie del Palio di Valfabbrica.
 
 Ad agosto in Umbria e Toscana spopolano le rievocazioni storiche  
Abbiamo prenotato da Manuela al suo ostello, chiamato «Sui passi di Francesco».
Per la cena andiamo in piazza.
C’è la Festa del Palio, con la sua bellissima rievocazione storica in costume, come quella vista a Sansepolcro.
Per l’occasione si possono assaggiare specialità quali: la coratella d’agnello, gli gnocchi, gli strangozzi e le bruschette miste.
Siedono al nostro tavolo due pellegrini olandesi, anche loro marito e moglie. Stanno percorrendo la Francigena francescana ed hanno già fatto la Via degli Dei.
Cominciamo scambiandoci impressioni su questi cammini, ma, alla fine, finiamo col parlare di lavoro.
 

Pieve San Nicolò.
 
 Si entra ad Assisi dalla Porta di San Giacomo  
Lasciamo Valfabbrica dalla strada, fino alla località Pioppo. Da lì parte un sentiero ombreggiato che porta alla Pieve di San Nicolò. La mattonella blu col ritratto di San Francesco, murata sulla Chiesa, mi commuove.
Poco dopo sembra già di vedere Assisi. Mi vengono i brividi.
«È un miraggio?» – Chiedo.
«No.»
Passo dopo passo si capisce chiaramente che è proprio Assisi. Si scende, nel verde, verso Santa Croce.
Si entra in città dopo aver attraversato la via Ponte dei Galli, dalla Porta di San Giacomo.
Di qui partivano i pellegrini per Santiago de Compostela. Ci andò anche Francesco nel 1214 e vi fondò il Convento di San Francisco (il più antico dopo quello della Porziuncola), oggi hotel-monumento, dove abbiamo dormito anche noi in occasione del nostro matrimonio.
Un’antica iscrizione lapidea nella portineria del Convento, accanto alla tomba di Cotolay, racconta gli eventi.


La Porta di San Giacomo ad Assisi.
 
 San Francesco pellegrinò alla tomba di San Giacomo e vi fondò il suo Monastero  
Si narra che San Francesco, mentre era in preghiera sulle pendici del Monte Pedroso, ebbe l’ordine divino di fondare un monastero in quella che era detta la Valle dell’Inferno.
Incaricò della costruzione il carbonaio Cotolay, dove era ospitato, che subito gli rispose che, essendo povero, non avrebbe potuto fare nulla.
Francesco lo rassicurò: avrebbe trovato quanto necessario alla fonte di San Paio. Fu così. Infatti Cotolay, vicino alla fonte, rinvenne un tesoro.

Francesco sapendo che il terreno era di proprietà del Monastero benedettino del Pinario, lo domandò in uso all’Abate. Costui, restio, gli concesse un fazzoletto di terra, grande quanto la pelle di un agnello che gli porse.
Francesco non si scoraggiò. Staccò piano piano tutti i peli dalla pelle e li usò per tracciare l’area dove sarebbe sorto il convento, comprendendovi anche un torrente, famoso per le sue trote.
 
L’Abate, stupito da tanta ingegnosità, gli diede l’appezzamento (che venne ribattezzato Valle del Paradiso) ed in cambio, San Francesco, si impegnò ad offrirgli ogni anno un cesto di
trote. Il nostro amico Xesús, che ci ha raccontato questa storia (tramandatasi di generazione in generazione tra i compostelani e di cui non si trova traccia nei libri di storia – specie con riguardo alla pelle d’agnello!), conferma che l’offerta delle trote è stata rispettata sino a metà del secolo scorso.
 

Chiesa e cruceiro di San Francesco a Santiago de Compostela.
 
 Quanta commozione davanti alla tomba di San Francesco  
Ricordando San Francesco pellegrino a Compostela, arriviamo alla Basilica di Assisi. Ci facciamo scattare una foto e subito scendiamo alla Basilica Inferiore.
C’è la Messa, ma mi dirigo senza esitare alla tomba del Santo. Comincio a singhiozzare. Lui è qui, ma è stato con me per tutto il pellegrinaggio.
C’è una forza impressionante e, anche se piango raramente, non posso fare a meno di ringraziarlo, in silenzio, con le lacrime che mi scendono sul viso, rigandomi le guance.
Questo cammino lo dedico a Michele Niccolini.
Era molto devoto al Santo di Assisi e, purtroppo, da qualche mese ci ha lasciato, in montagna, sepolto sotto una slavina: proprio lui che, in montagna, era la nostra guida.
Sempre umile, ma competente. Ciao Michi. I miei passi fino a qui sono per te. Ti ho pensato tanto in questi giorni.

Il nostro arrivo ad Assisi.
 
 Con la consegna delle «Assisiane» termina il Cammino di Assisi  
Dopo la S. Messa andiamo alla Portineria del Convento. I frati ci stanno aspettando. Infatti ci consegnano subito le nostre «Assisiane», ovverosia i certificati di avvenuto pellegrinaggio, con i nominativi già compilati. Per oggi non attendono altri pellegrini. Siamo orgogliosi e, finalmente, possiamo visitare la Basilica Superiore in santa pace.
Teo prova a fotografare gli affreschi di Giotto, ma un frate gli si avvicina severo.
«Ma perché guarda me e non dice niente a quel giapponese che continua a scattare foto?» – Mi sussurra sconsolato.
«Pazienza, Teo! – Gli dico. – Ma che fine avranno fatto Renzo e Reidun?»
Ricordo di averli visti sull’autobus, a Sansepolcro, prima di entrare al Museo Aboca e giravano voci, tra gli hospitaleros, che fossero diretti ad Arezzo.
A Città di Castello li avevo scorti passeggiare tra le viuzze del centro. Loro, però, non se ne erano accorti. Poi più nulla.
Quel che è certo è che oggi non sono qui e che non hanno ritirato l’Assisiana. Dopo le prime tappe si sono limitati a fare i turisti e per questo li rispettiamo.
I bresciani del Cammino di San Benedetto, di cui ho già raccontato, avrebbero molto da imparare!
 

Teo nella Piazza Inferiore di Assisi.
 
 La luce tra gli alberi, per me, è stata il segno della presenza di Francesco  
È tempo di tornare a casa. Dobbiamo andare a prendere la macchina a Dovadola.
Ci tocca una bella sfacchinata tra treno ed autobus. Scendiamo a piedi verso Santa Maria degli Angeli. Visitiamo la Porziuncola che, come sempre, stupisce ed emoziona.
Nel frattempo si è fatta ora di pranzo. Mangiamo una pizza vicino alla stazione. A fine pasto ci regalano anche una ceramica umbra.
Scelgo una tazzina, che userò sicuramente, vista la mia passione per il caffè. Qui termina la nostra estate, trascorsa metà in Spagna con Giulia, sul Cammino di Santiago e metà in Italia, sul Cammino di Assisi.
Tutto è andato bene, per cui non resta che ringraziare i nostri protettori: Santiago, San Michele e - ovviamente - San Francesco, che più di una volta ha illuminato per davvero i nostri passi.

Elena Casagrande

(Fine)

La mattonella raffigurante S. Francesco di Pieve San Nicolò.