Putin sta parlando seriamente di «bombe atomiche tattiche»

Non crediamo che abbia davvero la volontà di usarle, ma ci stiamo avvicinando pericolosamente al punto del non ritorno. Dobbiamo fermarli. E siamo in grado di farlo

La Russia ha esaurito la propria spinta militare e gli ucraini stanno riprendendosi i territori che Mosca ha appena proclamato come appartenenti alla Federazione Russa.
La situazione si sta facendo grave perché, come abbiamo detto fin dall’inizio, la Russia non può perdere. Sarebbe la fine e non solo per Putin (che dovrebbe lasciare il paese) ma anche della Russia che non sarebbe più «seconda potenza mondiale».
Ormai è chiaro per tutti che la seconda potenza è la Cina, ma Putin non accetterà mai il declassamento. E per questo, se messo alle strette potrebbe fare mosse sconsiderate.
Lo ha capito perfettamente il Papa, che per la prima volta si è rivolto a entrambi i capi di stato, condannando anche la sola idea di parlare di bombe atomiche.
 
In effetti, anche il Mondo Occidentale sta pensando seriamente che questa eventualità non sia più solo una minaccia verbale, ma lo spettro di qualcosa che neppure ai tempi della Guerra Fredda era mai stato così vicino.
Putin e i suoi più stretti collaboratori hanno ricordato che i primi a usare la bomba atomica sono stati proprio gli Stati Uniti nella Seconda guerra mondiale, i quali avevano calcolato che per sconfiggere il Giappone con armi tradizionali avrebbero perso centomila uomini. Ragionamento che ora i russi hanno fatto proprio.
Ci eravamo chiesti dal punto di vista militare come fosse possibile che Putin pensasse seriamente all’uso delle atomiche, data la vicinanza dei due paesi.
Quindi dove potrebbe usarle Putin? Di sicuro non nei territori passati recentemente alla Russia, anche se occupati dagli ucraini. Quindi nel territorio ucraino, nella parte confinante con la Russia. Verosimilmente non nei centri abitati privi di interesse strategico perché sarebbe un suicidio.
 
La Russia ha ipotizzato l’uso di «atomiche tattiche», cioè a devastazione ridotta, pari a un decimo di quelle usate su Hiroshima e Kawasaki.
Ma qui è bene fare una precisazione di carattere proprio militare.
Gli americani avevano valutato l’opportunità di costruire atomiche a capacità distruttiva limitata, ma alla fine l’hanno scartata per la semplice ragione che gli effetti «secondari» delle atomiche resterebbero uguali. Parliamo delle radiazioni, che non sarebbero inferiori a quelle di una bomba H.
Nella fausta ipotesi di una «piccola» bomba atomica fatta esplodere nel territorio nemico confinante, le radiazioni colpirebbero un’area mille volte maggiore di quella distrutta.
Ovviamente l’espansione della nuvola radioattiva seguirebbe i venti, che nessuno può programmare, né tanto meno modificare.
Quindi sarebbero a rischio tutta l’Europa e la stessa Federazione russa.
 
In questa sede non vogliamo neanche prendere in considerazione quello che la NATO potrebbe fare in reazione all’uso delle atomiche tattiche di Mosca, perché si tratterebbe della fine di un’era.
La l’escalation non si è mai fermata dall’inizio della guerra e stiamo avvicinandoci al punto del non ritorno.
È giunto il momento delle responsabilità.
L’Italia sta valutando il quinto invio di armi all’Ucraina. La pratica è al vaglio del Copasir, la Commissione parlamentare che controlla i servizi segreti. Si tratta di armi «intelligenti», per cui non abbiamo nulla da ridire.
Ma la posta in gioco è il nostro futuro e ci pare il caso che qualcuno pensi davvero a fare le mosse giuste per obbligare i due belligeranti a deporre le armi.

Finché Zelensky si sente forte grazie agli aiuti che prende dall’Occidente, non accetta di parlare di pace.
Eppure l’unica strada è questa: imporre a Zelensky di trattare e di valutare una pace anche a costo di rinunciare a parte dei territori.
Siamo in grado di farlo, perché è grazie a noi che sta ricacciando i russi dal Paese.
Non dobbiamo perdere altro tempo perché, lo ripetiamo: siamo vicini al punto del non ritorno.

GdM