Le bottiglie mignon di Bellussi – Di Giuseppe Casagrande

La cantina di Valdobbiadene, con l’obiettivo di abbracciare un target più ampio, dà il benvenuto alle nuove bottiglie da 375 ml: il Blanc de Noir Brut e il Prosecco Rosé

Enrico Martellozzo (Cantina Bellussi) sostenitore della Fenice di Venezia.
 
La famiglia Bellussi è famosa in Italia per un antico sistema di allevamento della vite tipico delle zone del Piave: la bellussera. Non è l’unico in Italia, basti pensare, ad esempio, alle viti ad alberello della Sicilia o della Puglia, oppure al Testucchio, forma di allevamento risalente agli Etruschi, ancora visibile in Toscana ove gli alberi di olmo, acero o pioppo reggono la vite, avvinghiati come due amanti.
Oggi, per esigenze tecniche, praticità di conduzione di un vigneto, razionalizzazione degli impianti si preferiscono altre tecniche più moderne a spalliera, con impianti a guyot o a cordone speronato: la Bellussera richiede 400 ore di lavoro all’anno almeno, contro le 60/80 di un vigneto completamente meccanizzato, e già questo ci dà un’idea della passione dei vignaioli che continuano ad utilizzare questo sistema di allevamento.
 
In Veneto la bellussera ha caratterizzato paesaggisticamente le vigne lungo il Piave in particolare.
Un tetto di viti che a seconda delle stagioni assumeva colori, architetture, scenografie sempre diverse. Se lo si guarda dall’alto un vigneto a bellussera ricorda un alveare delle api, ma tutto verde.
Se lo osserviamo dall’alto un vigneto a bellussera ricorda un alveare, ma di colore verde o uno di quei disegni ripetuti come la trama di un tessuto.
Se, invece, ci inoltriamo al suo interno goderemo della sua frescura come un giardino a pergola.
 

I vigneti dell'azienda Bellussi a Valdobbiadene.
 
 Il sistema della bellussera nasce a fine Ottocento grazie ai fratelli Bellussi  
Il sistema della bellussera nasce grazie ai fratelli Bellussi, da cui prende ovviamente il nome, alla fine dell’800 nel comune di Tezze di Piave, in provincia di Treviso.
La bellussera prevede un impianto molto ampio, con file di pali in legno alti circa 3 o 4 metri, che creano un interfilare largo 6, 9 o 12 metri, le sommità dei pali sono poi unite con fili di ferro, che si incrociano formando una raggiera (per questo si chiama anche impianto a raggi).
Ogni palo sostiene quattro viti, che si arrampicano a quasi 3 metri da terra.
Ogni palo sostiene 4 viti, alzate circa m. 2.50 da terra, da ciascuna delle quali si formano dei cordoni permanenti che vengono fatti sviluppare inclinati verso l’alto e in diagonale rispetto all’interfilare.
Fu ideata per il Raboso Piave che doveva dare produzione e l’impianto permetteva di ottenere un raccolto più sano e più ricco, quasi 25 tonnellate.
La notevole altezza permetteva di mantenere la vegetazione e la produzione molto lontana dal suolo limitando i danni dovuti alle brinate primaverili e riducendo gli effetti delle nebbie autunnali, più che negative, per una varietà, come il raboso, molto tardiva.
Anche la potatura aveva i suoi vantaggi: grappoli piccoli e numerosi, chicchi più piccoli e succo più concentrato e matura con buccia più grossa e colorata, per cui si ha un vino scelto, riunente in sé al massimo grado i caratteri che ne fanno un vino da mezzo taglio.
 

 
 L'azienda Bellussi di Valdobbiadene acquisita nel 1993 dalla famiglia Martellozzo  
Lo spunto per parlare della bellussera ci è sorto spontaneo presentando la novità della cantina Bellussi di Valdobbiadene acquisita nel 1993 dalla famiglia Martellozzo, ovvero la scelta innovativa di puntare su un formato che per bollicine e spumanti si potrebbe definire inedito o inusuale: la bottiglia da 375 ml. E così è nato per il Prosecco e gli spumanti Demì.
Due le bottiglie che l'azienda propone al mercato: il BellusSì Blanc de Noir Brut, un vino spumante brut secco e fragrante ottenuto da una selezione di uve Pinot Nero, e il Prosecco DOC Rosè Brut, un rosé ottenuto da uve Glera e Pinot Nero con sentori agrumati di pompelmo rosa e note di piccoli frutti rossi. Entrambi già imbottigliati nei formati da 750 ml, un litro e 3 litri, saranno distribuiti anche nella nuova bottiglia da 375 ml.
 
Demì, disponibile sia per gli operatori del settore HO.Re.Ca sia sugli scaffali della grande distribuzione organizzata, è nato dalla volontà della cantina di abbracciare un target più ampio e soddisfare le esigenze di quei consumatori che dimostrano il desiderio di concedersi un lusso accessibile e di gustare un vino di qualità senza dover acquistare bottiglie di una capacità maggiore. Grazie al packaging accattivante e alla versatilità che lo contraddistingue, il formato da 375 ml rimane espressione della qualità che caratterizza le etichette Bellussi. Demì si rivela, ad esempio, il formato ideale per quelle coppie che vogliono brindare durante una cena, per accompagnare una colazione di lavoro o per concedersi un calice durante un aperitivo tra amici.
 
 L'obiettivo del titolare con il nuovo format è il rilancio del marchio  
L’obiettivo del titolare Enrico Martellozzo è il rilancio del marchio puntando insieme ai suoi collaboratori ed agenti a diffondere in Italia e all’estero i prodotti e mantenendo l’alto standard qualitativo ripetutamente riconosciuto dai più rinomati esperti del settore.
«A livello tecnico gli investimenti sono stati notevoli – afferma Enrico Martellozzo, che con i figli Francesca e Giovanni è a capo dell’azienda – in modo particolare abbiamo dovuto rivedere l’intera linea di imbottigliamento adattando le macchine in nostro possesso.
«Inoltre, abbiamo dovuto creare una bottiglia completamente nuova partendo da un disegno tecnico realizzato ad hoc per studiarne misure e proporzioni corrette: ridurre le misure delle bottiglie preesistenti non era infatti sufficiente per dare vita a questo nuovo formato».

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Giuseppe Casagrande – [email protected]