Quando la passione diventa professione – Di Paolo Farinati

Il giovane roveretano Filippo Toso vince il David di Donatello 2021

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Da qualche giorno ho la grande fortuna e l’invidiabile opportunità di dialogare con Filippo Toso, giovane roveretano e recente vincitore del prestigioso David di Donatello 2021, quale miglior tecnico del suono con il film «Volevo nascondermi» del regista Giorgio Diritti.
Filippo vive e lavora per molti mesi a Berlino, ma spesso torna in Trentino e in particolare nella dolce ritemprante quiete di Pomarolo.

Il suo curriculum, dopo aver conseguito il Diploma di Maturità scientifica presso il Liceo Rosmini di Rovereto, è di assoluto valore: Diploma in Tecnica del Suono presso il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, Diploma in Tecnica del Suono presso l’Università di Tor Vergata, Master di 1° Livello in Ingegneria del Suono con voto di 110 e lode presso l’Università di Bologna, Laurea Triennale in Dams Musica presso l’Ecipar di Bologna, Cors di Formazione in Tecnico del Suono sempre presso il DAMS di Bologna.

A tutto questo importante percorso di studio è seguita una carriera professionale internazionale di altissimo livello, che lo ha portato meritatamente a vincere l’ambito David di Donatello 2021.
 

 
Caro Filippo, buon giorno. Innanzitutto, le nostre più vive felicitazioni per questo meritato prestigioso premio. Tu sei roveretano di nascita, hai frequentato il Liceo Rosmini, che ricordi hai di quegli anni giovanili?
«Ho ricordi di anni spensierati, in cui a dirla tutta non si studiava molto, ma ci si divertiva parecchio. In quegli anni si sono formate le amicizie più solide e durature della mia vita e hanno preso forma le prime passioni, come quella per la musica e in particolare per la chitarra.
«Ascoltavamo molta musica e in sala prove mettevamo in atto sgangherati tentativi di imitazione dei nostri pezzi preferiti, tipo Panka rock degli Skiantos. Un'adolescenza davvero invidiabile.
«Da lì sono passato allo studio della musica all'Università di Bologna, poi ai primi corsi di formazione in Tecnico del Suono, al Master in Ingegneria del Suono a Tor Vergata, fino all'approdo al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma.
«La scuola che mi ha formato per il mestiere che faccio, dove mi hanno insegnato come ci si muove su un set cinematografico, un ambiente di lavoro molto particolare e delicato, al contempo racchiuso tra la magia del cinema e le regole di un sistema produttivo industriale molto potente.»
 
Quando nasce il tuo amore per il cinema?
«Mi sono appassionato al cinema durante l'università e ho pensato fin da subito che potesse essere per me un percorso naturale quello di unire la mia passione per il sonoro con quella per l'immagine.
«Ho avuto la fortuna di finire la scuola nello stesso periodo in cui la Trentino Film Commission stava muovendo i suoi primi passi e mi è stata data immediatamente la possibilità di lavorare.
«Prima con Francesco Lorandi, fonico di presa diretto di Trento, ma che vive a Roma da diversi anni, poi con Carlo Missidenti, che all'epoca era fresco del suo primo David di Donatello.»
 
L’incontro con Carlo Missidenti cosa ha significato per te?
«Con Carlo è nato subito un sodalizio che dura tutt'ora e assieme abbiamo fatto almeno una dozzina di film, tra cui il fortunato Volevo Nascondermi di Giorgio Diritti, con cui abbiamo vinto il David per il miglior suono quest'anno.
«Non nascondo che la possibilità di lavorare con Carlo è stata per me preziosissima e devo dire che è grazie a lui se sono riuscito a crescere moltissimo nel mio lavoro.»
 

 
Raccontaci il tuo ruolo sul set e l’importanza del sonoro in un film.
«Il nostro ruolo durante la produzione di un film è quello di preservare e registrare nel miglior modo possibile i dialoghi degli attori sul set, salvaguardando la recitazione in modo che non si debba ricorrere al doppiaggio in un secondo momento.
«Per fare questo ci serviamo di alcune apparecchiature tecniche, come registratori digitali multitraccia portatili e due differenti tipologie di microfoni: sia microfoni a condensatore che vengono fissati ad un’asta (chiamata in gergo boom) che viene manovrata dal microfonista, sia dei sistemi wireless che vengono nascosti addosso agli attori.
«Io mi occupo sostanzialmente di queste apparecchiature, manovro il boom per registrare a fuoco le battute degli attori, stando attento contemporaneamente a non entrare nell'inquadratura e a non fare ombre e posiziono i microfoni nascosti sotto i vestiti di scena.
«Questo ruolo in particolare è molto delicato, perché si invade uno spazio privato dell'attore, che in quel momento è totalmente concentrato sulla recitazione.
«Bisogna riuscire ad instaurare un rapporto di fiducia, essere veloci e allo stesso tempo precisi e professionali, prevenendo eventuali problemi che potrebbero esserci con un tessuto rumoroso o un particolare movimento, in modo da non disturbare più l'attore una volta posizionato il microfono.»
 
Sei costantemente a contatto con grandi attrici e grandi attori. Com’è il tuo rapporto con loro?
«Mi è capitato di lavorare con attori bravissimi, come Elio Germano, Giancarlo Giannini, Sean Bean, Fabrizio Bentivoglio, Luca Zingaretti. Sono tutti grandi professionisti, che rispettano il lavoro di ogni singolo elemento della troupe. Il cinema è un lavoro di squadra ed è fondamentale la cooperazione tra i diversi reparti per ottenere un buon risultato.
«In Volevo Nascondermi siamo riusciti a registrare un buon suono di presa diretta, e questo grazie all'aiuto della produzione nel gestire alcune location rumorose, a Giorgio Diritti per l'attenzione che ha da sempre per il sonoro, ad Elio Germano che se poteva fare qualcosa per aiutarci non si è mai tirato indietro, al reparto costumi guidato da Ursula Patzak con cui abbiamo collaborato benissimo, alla bellissima fotografia di Matteo Cocco che al contempo ci ha permesso di lavorare bene con l'asta.
«È grazie all'intera squadra che siamo riusciti ad ottenere un buon materiale di presa diretta, che poi è stato trattato dalle sapienti mani di Luca Leprotti, Marco Biscarini e Francesco Tuminello, i quali si sono occupati della postproduzione audio. È sempre un lavoro collettivo.»
 
Vivi a Berlino da qualche anno. Quanto è stata ed è decisiva per la tua carriera questa città?
«Ho iniziato a fare questo lavoro nel 2010 con i primi lavoretti televisivi e i primi cortometraggi, mantenendo sempre Roma come base per i miei spostamenti. Ora invece da circa un anno mi sono trasferito a Berlino, una città con cui non avevo ancora chiuso i conti. Avevo già provato a trasferirmi qua nel 2007, ma non avevo avuto fortuna. Ora invece sta andando decisamente meglio.
«Grazie all'esperienza maturata in Italia e nonostante un tedesco più che approssimativo, sono subito riuscito a lavorare su un progetto importante, una nuova serie di Amazon che si chiamerà Der Greif, tratta dal libro fantasy di Wolfgang Hohlbein, e che andrà in onda il prossimo anno.
«Ora con la produzione ci stiamo trasferendo a Tenerife per l'ultima parte delle riprese. Uno degli aspetti più belli di questo mestiere è che ti dà la possibilità di viaggiare molto e di conoscere un sacco di persone e di storie. Inoltre, dato che la lavorazione di un film dura mediamente un paio di mesi e di una serie tv almeno 12 settimane, hai il tempo di immergerti nel posto che in quel momento ti ospita.
«Ho abitato in un sacco di posti diversi negli ultimi dieci anni! Una gran bella fortuna per me, sia in termini professionali che di vita.»
 

 
Quali opportunità intravedi per i giovani nella tua professione? Cosa richiede per avere successo?
«È un mestiere che mi sento assolutamente di consigliare. Con l'avvento delle piattaforme di streaming, la produzione di materiale audiovisivo e in particolare di serie tv è notevolmente aumentata, portando tanto lavoro nel nostro settore.
«Per cui se c'è qualche giovane interessato ad intraprendere un percorso in ambito cinematografico, il momento è sicuramente propizio e andrebbe colta la palla al balzo. Tra il resto so che la Film Commission di Trento ogni tanto organizza dei corsi di formazione per i tecnici.
«Certo non è tutto rose e fiori, la produzione di un film può essere anche molto stancante e stressante, da contratto lavoriamo tra le 45 e le 52 ore settimanali, più straordinari e viaggi, dal lunedì al sabato.
«È un lavoro che ti deve piacere, perché richiede molti sacrifici, come essere spesso lontano da casa e dagli affetti o scombussolamenti del bioritmo repentini: ad esempio può capitare di svegliarsi alle 4 per girare delle albe la prima parte della settimana e andare a letto alle 7 del mattino per girare delle notti la seconda parte della settimana.
«Ma sa dare anche tante soddisfazioni. Andare in una sala cinematografica a vedere un bel film a cui hai partecipato è un'emozione unica, che ti ripaga ampiamente di tutti gli sforzi fatti.»
 
Quali sono i tuoi programmi immediati?
«Spero di lavorare presto di nuovo in Trentino. Qua a Berlino non ci sono montagne e mi mancano da morire. E poi è sempre un'occasione per passare a trovare la famiglia e gli amici, che purtroppo non riesco a vedere spesso.»
 
Sei giovane, qual è il tuo sogno nel cassetto?
«Sogni nel cassetto? Direi semplicemente vivere una vita serena, che è già tanto. E poi rivedere almeno una volta dal vivo i Fugazi, una delle mie band preferite ma purtroppo non più in attività dal lontano 2003.»
 
Caro Filippo, grazie di cuore per averci dedicato parte del Tuo prezioso tempo.
Da Rovereto Ti auguriamo tutte e tutti di ottenere tanti ulteriori grandi successi e di vivere un futuro ricco, come ben dici Tu, di serenità.
E magari di assistere prossimamente anche ad un concerto dei Tuoi amatissimi Fugazi.

Paolo Farinati – [email protected]