«Putin e il mondo che verrà», mercoledì 27 febbraio

La Biblioteca Archivio del CSSEO organizza in dibattito a Trento, alle ore 17,30, nella «Sala degli Affreschi» della Biblioteca comunale di Trento

Nel recente Putin e il mondo che verrà (Viella, 2018), Fabio Bettanin prova a definire i tratti generali del processo che ha trasformato in pochi anni la Russia da superpotenza dalla quale per secoli, seppure in forma intermittente, erano dipese le sorti del mondo, a comprimario non sempre in grado di svolgere un ruolo attivo nei processi di trasformazione del sistema internazionale dopo il crollo dell’URSS.
Non è stata impresa facile ricostruire la nuova Russia sulle rovine delle mancate riforme economiche e dell’integrazione parziale nel sistema internazionale che contrassegnarono gli anni Novanta del secolo scorso.
Per un breve periodo di tempo il gruppo dirigente post comunista si illuse che il paese fosse nelle stesse condizioni della Gran Bretagna dopo la Seconda guerra mondiale: un vincitore fiaccato economicamente, non in grado di esercitare un ruolo alla pari con gli Stati Uniti, ma necessario per il controllo del suo ex impero e per contrastare la proliferazione nucleare.
Si trovò presto a dover combattere contro la diffusa convinzione che le sue azioni ripetessero il tragico cammino della Repubblica di Weimar.
 
Poi la presidenza di Putin, una ascesa al massimo potere che ancora oggi presenta lati oscuri. Una volta avviata la ripresa economica, il presidente ha impartito la direttiva di elaborare una vulgata dalla quale doveva emergere l’immagine di un paese che aveva conosciuto tragedie e rovesci nel corso della sua storia, ma si era sempre risollevato e quindi anche all’inizio del Ventunesimo secolo poteva ambire nuovamente al ruolo di grande potenza dalle cui scelte sarebbero dipese le sorti del mondo.
Il sommarsi di promesse mancate, aspettative deluse e progetti falliti, hanno determinato la crescente divaricazione tra Russia e i paesi occidentali. I retaggi della Guerra fredda e i differenti interessi economici e geopolitici sono divenuti protagonisti quando il processo era già avviato, e lo hanno radicalizzato.
All’origine dei tormentati rapporti tra Russia e Occidente, osserva Bettanin, si colloca la persistenza di stereotipi culturali e politici ereditati dalla Guerra fredda che impediscono di uscire dalla condizione di mondo-post.
 
Stati Uniti e Unione Europea non hanno trattato la Russia da paese sconfitto, né hanno escluso la sua integrazione nel sistema occidentale; l’hanno piuttosto rimandata a un domani indefinito, quando il consolidamento dei sistemi di alleanza occidentali avrebbe consentito di avviare il processo da posizioni di forza.
Inevitabilmente questo comportamento ha suscitato la reazione negativa di una Russia che pretendeva di essere trattata da grande potenza anche se non sempre lo era.
La svolta verso il definitivo peggioramento dei rapporti giunse nel 2008, anche se i suoi effetti si sono palesati a qualche anno di distanza. La crisi economica colpì la Russia più di qualsiasi altro paese industrializzato, convincendo il Cremlino che l’incapacità occidentale di assicurare la governance mondiale era ancor più pericolosa di atti ostili diretti.
La guerra in Georgia, conclusasi con distacco di Abkhazia e Ossezia del sud, fu interpretato negli USA come una conferma che solo lo stato di inferiorità militare aveva frenato Mosca dal ricostruire un’area di influenza sugli stati che una volta erano stati parte dell’URSS.
 
Il «reset» di Obama servirà a poco, tranne che a evitare la drammatica precipitazione dei rapporti tra Mosca e Washington.
Per Bettanin, a rendere poco convincenti le analogie con i passaggi cruciali della storia del secolo scorso, è l’ascesa dei tanti paesi che sono stati a lungo ai margini della politica internazionale nella seconda metà del Ventesimo secolo e che saranno i prevedibili protagonisti di questo secolo.
In questo quadro, nel suo lavoro prende anche in esame il tentativo della Russia di agganciarsi al processo, «scoprendosi» paese eurasiatico in un mondo non più bipolare.
L’ascesa dell’Asia ha infatti imposto alla nuova Russia la riconsiderazione dei rapporti con il continente, che per molti secoli si erano mossi lungo le direttrici del «conquistare, comprendere, convincere».
 
Dopo il crollo dell’URSS, l’assenza di condizioni per un immediato coinvolgimento nelle vicende dell’Asia ha favorito un approccio pragmatico da parte di Mosca, che ha fornito risultati incoraggianti ma non tali da conferire alla Russia il ruolo di grande potenza euroasiatica.
Soprattutto, le strategic partnership con Cina e India non si sono trasformate in alleanze e, nonostante i molti incontri al vertice, i rapporti con il Giappone sono fermi ad una condizione di non ostilità e non amicizia.
Insomma, la «svolta verso Oriente» della politica russa resta oggi in parte reazione ai difficili rapporti con i paesi occidentali e in parte espressione della volontà di non restare esclusa dai processi di trasformazione in atto in Asia.
Secondo Bettanin, il futuro della Russia dipenderà dal modo in cui verrà sciolta questa ambiguità.
 
In assenza di chiare prospettive per il futuro, in Russia come altrove, è inevitabile che le crisi regionali acquisiscano un’eco globale.
Per Bettanin, la Russia dispone ancora degli strumenti per svolgere un ruolo da protagonista nei moli conflitti in corso alla periferia del suo territorio, non per risolverli in modo definitivo.
 Il consenso che sembra prevalere all’interno delle élite è quello ad «allontanarsi invece di confrontarsi» con il mondo circostante, arroccandosi in difesa della sovranità e delle tradizioni, in attesa che il corso della politica indichi quali scelte dovrà compiere la Russia per svolgere un ruolo centrale nel mondo multipolare del Ventunesimo secolo.
 
Trovare i modi per uscire da questa condizione e tornare a confrontarsi con il mondo esterno è la sfida che attende Putin nel corso del suo quarto mandato presidenziale.
Per Fabio Bettanin bisogna augurarsi che questo accada, visto che una Russia disposta ad ogni costo a difendere il ruolo di grande potenza regionale ma incapace di esercitarne uno globale renderà più difficile avviarci verso il futuro che ci attende.
Putin e il mondo che verrà, l’ultimo lavoro di Fabio Bettanin, verrà presentato e discusso a Trento mercoledì 27 febbraio, alle ore 17,30, nella Sala degli affreschi della Biblioteca comunale (Via Roma,55).
 
All’incontro-dibattito, organizzato dalla Biblioteca Archivio del CSSEO, oltre a Fabio Bettanin, parteciperanno Massimo Libardi e Piero Sinatti.
Fabio Bettanin insegna Storia della politica internazionale e Storia della Russia all’Università di Napoli «L’Orientale».