L'«Inno alla Gioia» di Fulvio Pinna – Di Daniela Larentis
Il famoso affresco del noto artista italiano, il primo ad aver dipinto il lato est del Muro di Berlino, è simbolo di libertà – L’intervista
>
«Inno alla Gioia» è il titolo del monumentale affresco di 52 metri quadrati dipinto da Fulvio Pinna, un artista italiano di adozione berlinese molto conosciuto a livello internazionale.
Fu lui il primo a stendere le sue pennellate di colore sul grigiore di un muro che per troppo tempo ha diviso in due la città (per quasi trent’anni, precisamente dall’agosto 1961 al 9 novembre 1989), simbolo di divisione politica e ideologica, diventato poi monumento nazionale: la East Side Gallery (è l’unico italiano ad aver dipinto su quel chilometro e duecento metri di «memoria storica»).
Un’opera ricca di simbolismi, in cui la Sirena da lui ritratta sembra invitare l’osservatore a riflettere sull’idea di libertà di cui è emblema, un concetto che si arricchisce nelle varie epoche di sempre nuovi significati.
Interrogarsi su cosa sia la libertà nell’epoca contemporanea può implicare anche una riflessione su quelli che sono i criteri di giustizia distributiva (a Trento è in corso il Festival dell’Economia, il tema affrontato in questa edizione del 2019 è la «Globalizzazione – nazionalismo e rappresentanza», un argomento che ha molto a che vedere con l’idea di libertà, di giustizia, di pace, e che rimanda anche alle correnti principali dell’etica pubblica, per esempio può far pensare alla teoria dell’egualitarismo liberale di Rawls che critica l’utilitarismo, oppure al contrattualismo libertario di Nozick, che fa proprie le critiche di Rawls e le sviluppa con maggior radicalità, ecc. Nella costruzione di una «società giusta» assumono grande rilevanza i principi secondo i quali dovrebbero essere modellate le istituzioni.
Parlare di libertà significa parlare di giustizia, di diritti sociali ed economici.
Le società democratiche devono assicurare ai cittadini le libertà fondamentali, libertà che assumono un valore, o dovrebbero farlo, di opportunità di vita, di dispiegamento aristotelico delle proprie potenzialità).
Nell’affresco realizzato da Fulvio Pinna sono inseriti i versi di una poesia dell’artista: «Ho dipinto il muro della vergogna affinché la libertà non sia più una vergogna. Questo popolo ha scelto la luce dopo anni di Inferno dantesco. Tieni, Berlin: i miei colori, la mia fede di uomo libero».
Fulvio Pinna colleziona nel tempo numerosissimi e importanti riconoscimenti, ricordiamo che nel 1977 vince il premio Perseo a Firenze e nel 1978 è vincitore del premio Sironi a Milano, partecipa inoltre a numerose mostre che lo fanno conoscere sempre più.
Attento ai temi sociali, parte da Furtei, in Sardegna, per giungere a Berlino e respirare l’aria di una città interessante da molti punti di vista, una città a quell’epoca divisa da un muro tanto assurdo quanto inutile, dove apre delle gallerie, facendosi apprezzare da un vasto pubblico (era già famoso a Berlino ben prima della caduta del Muro, successivamente la sua popolarità cresce sempre più).
Negli anni Novanta nella Berlino est si tiene la prima Manifestazione su Dante Alighieri, incentrata sulle opere di Pinna che illustrano la Divina Commedia, frutto di molti anni di lavoro.
Davvero tanti gli articoli pubblicati su di lui dalla stampa tedesca e su testate nazionali, Fulvio Pinna è un volto noto anche nel mondo della pubblicità; sue sculture diventano premi di importanti eventi (la statuetta Sofia da lui creata, tanto per fare un esempio, viene consegnata ogni anno nell’ambito del Festival Internazionale del Cinema di Berlino ad artisti di fama internazionale).
Conta al suo attivo numerosissime mostre, molte in prestigiose sedi istituzionali, altre in note gallerie; da parecchi anni vive dividendosi fra Berlino, Roma e la sua amata Sardegna.
Ha recentemente esposto a Trento, lo abbiamo conosciuto in occasione della recente collettiva «Il Muro al muro» organizzata dall’Associazione culturale Event art in collaborazione con il Comune di Trento, negli splendidi spazi di Palazzo Thun.
Sue opere sono esposte a Matera, quest’anno Capitale europea della cultura.
Attualmente ha in programma esposizioni non solo in Italia, a Roma e Milano, ma anche in altre città d’Europa (Parigi, Berlino, Ginevra), prossimamente esporrà anche in Giappone, a New York, in Corea e Cina.
Abbiamo avuto il piacere di incontralo e intervistarlo a Trento.
Fulvio Pinna, alla collettiva Il Muro al Muro, Trento.
Lei è un artista molto conosciuto. A suo giudizio che significato si può attribuire oggi alla East Side Gallery? Che cosa rappresenta questo museo a cielo aperto per le giovani generazioni che non hanno assistito ai tumultuosi eventi di quel periodo?
«Oggi la East Side Gallery è un museo a cielo aperto, purtroppo però non viene valorizzato come dovrebbe, è trascurato come se quasi si volesse dimenticare quel periodo.
«Nel 2009 è stata stanziata una piccola cifra per il restyling, in quanto c’era l’esigenza di doverlo preservare dall’erosione del tempo. Anch’io ho restaurato il mio murales, lo stesso, come del resto gli altri, era stato particolarmente eroso dalle intemperie.
«Lo ho rifatto rispettando l’originale, naturalmente, ma aggiungendo anche alcuni elementi per arricchirlo di nuovi significati.»
I suoi versi dedicati al tema della libertà, inseriti nella monumentale opera intitolata «Inno alla gioia», rappresentano un messaggio ancora attuale in un mondo diviso come quello in cui viviamo ora, secondo lei?
«Certamente, purtroppo viviamo in un’epoca in cui ci sono ancora troppi muri da abbattere, il messaggio contenuto nei versi inseriti nell’opera è di grande attualità, del resto il concetto di libertà non ha età.
«Per me la libertà è un valore che va difeso, non posso dimenticare come era la Berlino prima della caduta del muro. Io arrivai dall’Italia nel 1987 proprio per vivere in prima persona gli avvenimenti di quegli anni, per capire il motivo per il quale quel muro era stato costruito.
«Sono sempre, fin da piccolo, stato attratto dai temi sociali. È importante lasciare questa testimonianza alle generazioni future, per questo mi sto battendo da anni con altri artisti affinché possa essere conservato evitandone il deterioramento.»
Lei accusò una grave infezione a un rene, dopo aver dipinto il Muro, stando ore e ore in balia del forte gelo invernale. Può raccontarci come andò, esattamente?
«Rimasi per mesi in balia del freddo, del vento, mentre dipingevo l’Inno alla gioia, ascoltando la musica di Pavarotti. Questo stress fisico mi causò purtroppo un’infezione a seguito della quale fui ricoverato all’ospedale (dove mi venne tolto mezzo rene).
«In quei giorni mi vennero a trovare in molti, tantissime persone comuni e anche personaggi noti, fra cui, per esempio, un famoso vignettista, il quale mi scrisse una breve lettera augurandomi una pronta guarigione (ricordo che mi portò in regalo una bottiglia di vino).
«Nella sfortuna, ebbi la fortuna di essere coccolato e circondato da molte persone che mi dimostrarono la loro vicinanza e il loro affetto.»
Famoso pittore e scultore, lei è un raffinato ambasciatore dell’italianità non solo a Berlino, ma nel mondo: quale messaggio vuole trasmettere attraverso la sua arte?
«Un messaggio sociale, filosofico, umano. Mi interessa trasmettere l’idea del valore della libertà, l’idea che la prepotenza debba essere contrastata sempre come debbano essere abbattuti i tanti muri che ancora esistono nel mondo; poi, mi sta a cuore trasmettere l’idea dell’immensa cultura del popolo italiano, il nostro grande orgoglio.»
Lei è un italiano di adozione berlinese. Quale aspetto la identifica di più dell’essere italiano, cosa ama maggiormente dell’Italia?
«Direi l’importanza della disciplina necessaria per raggiungere i propri obiettivi (contrariamente agli stereotipi, gli Italiani sono un popolo disciplinato), quindi la determinazione, il senso del sacrificio, ma anche la creatività, la grande cultura italiana. La nostra storia.
«Questo amo dell’Italia, la sua storia e la sua letteratura; ultimamente, per la realizzazione delle opere presentate a Matera, Capitale della cultura 2019, ho svolto un importante lavoro di approfondimento su Orazio, uno dei più grandi poeti dell’età antica, il quale era lucano, era nato a Venosa.
«Io mi ispiro spesso all’antichità e ai luoghi antichi. Immergermi nella cultura italiana per me è sempre uno stimolo, una fonte di grande gratificazione. Mi piace molto l’amore che la Germania nutre per il nostro Paese.
«Essere italiano per me è sempre motivo di orgoglio, io del resto viaggio molto e mi divido fra la mia casa di Berlino, dove vivo abitualmente, quella di Roma, dove mi reco spesso, e la mia amata Sardegna, la terra che ho sempre nel cuore.»
Già prima della caduta del Muro, lei era un apprezzato artista a Berlino e le sue opere venivano donate a personalità. Ci fa qualche esempio?
«In effetti, già prima della caduta del Muro, quando arrivava a Berlino qualche personalità, cito un esempio, quando arrivò Cossiga, il consolato mi chiedeva di realizzare un’opera da donare all’ospite, di solito un personaggio celebre del mondo politico o culturale.»
Che cosa era esattamente la «Festa Ciao Italia»?
«Era un appuntamento importante della Berlino bene di quegli anni, per l’occasione mi fu chiesto di realizzare il premio Ciao Italia.
«Per farle un esempio, un anno fu consegnato come primo premio di una tombola una Ferrari (come secondo premio fu data la mia opera).»
Inno alla Gioia.
Al Premio Bacco ancora oggi viene consegnato come premio la statuetta Sofia, da lei creata per l’evento. Potrebbe raccontarci qualcosa a riguardo?
«Anni fa mi fu chiesto di creare un’opera da consegnare a Sophia Loren, madrina del Premio Bacco (a lei piacque molto, tanto che si lasciò sfuggire, nell’emozione del momento, che avrebbe messo la statuetta Sofia fra i suoi due Oscar); nel 1994 realizzai così la statuetta che porta il suo nome e che ancora oggi contraddistingue il Premio, assegnato ogni anno ai protagonisti del cinema italiano e tedesco, durante La notte delle stelle, una serata di gala inserita nell’ambito del Festival Internazionale del Cinema di Berlino.
«Negli anni sono stati premiati con la statuetta molti protagonisti del grande cinema, fra cui, solo per citarne alcuni: Mario Monicelli, Claudia Cardinale, Giancarlo Giannini, Wim Wenders, Gerry Calà, Mario Monicelli, Isabella Ferrari, Ricky Tognazzi, Diego Abatantuono, Giancarlo Giannini, Remo Girone, Ornella Muti, Stefania Sandrelli, Gabriele Salvatores, Nancy Brilli, Raoul Bova nel 2019.»
La statuetta Sofia alla Notte delle Stelle.
Ci ha parlato dell’«Arte Leasing». Di che cosa si tratta precisamente?
«Dopo il crollo del Muro la gente arrivava in massa a Berlino, c’era benessere, fiorivano ovunque attività, le mie opere erano sparse in tutta la città, io le lasciavo nei ristoranti e quando un cliente era interessato ad acquistarne una venivo contattato; poco a poco le cose presero un’altra piega e non solo per i ristoratori.
«Arrivò la crisi alla fine degli anni Novanta, e poi ne arrivò un’altra a distanza di qualche anno, nel 2003. Io, per fortuna, mi ero da tempo creato il mio giro e riuscii a sopravvivere anche grazie alla cosiddetta Arte leasing che consisteva nel lasciare le mie opere in vari ristoranti di lusso berlinesi, non più gratuitamente ma dietro pagamento di un piccolo canone.
«L’economia è sempre stato un ambito di grande interesse per me, oltre alla storia e alla filosofia.»
Lei conta al suo attivo moltissimi riconoscimenti, ha maturato diverse esperienze anche in altri campi, ha lavorato per esempio come modello per film e pubblicità. Ci può indicare qualche spot pubblicitario di cui è stato protagonista, a titolo di curiosità?
«Anni fa, fra i vari spot pubblicitari, ne ho realizzato uno per una nota casa di whisky, in cui ero il capitano di un veliero che attraversava i mari, partendo dalla Danimarca fino all’Australia.
«Ne ho realizzato uno anche per Microsoft. Io rappresentavo l’uomo elegante in sella a una bici elettrica. Al semaforo rosso venivo affiancato da un giovane su una bici da corsa che mi guardava con aria di sufficienza.
«Una volta ripartiti lui inizialmente mi superava, ma poi io lo affiancavo e lo superavo a mia volta, restituendogli lo sguardo beffardo.»
Potrebbe darci qualche informazione sul convegno organizzato a Mantova sulla caduta del Muro di Berlino?
«Fui invitato qualche anno fa dalla prof. Milena Ravanini, insegnante in un istituto scolastico di Mantova, per parlare del mio dipinto; venni invitato nell’ambito di un convegno sulla caduta del Muro di Berlino al teatro di Marmirolo, quando vi arrivai era gremito di gente.
«Mi accomodai in un posto a me riservato e, una volta alzato il sipario, notai che l’immagine del mio murales, l’Inno alla Gioia, faceva da sfondo al palco; durante il secondo atto un attore recitò i versi della poesia inserita nell’opera.
«Poi, entrò un secondo attore che impersonava un certo Fulvio; ebbi modo di capire presto che si trattava del sottoscritto. Fu un momento emozionante, non solo per il tema trattato, ma anche per il riconoscimento e l’onore che mi venne riservato.»
Un’ultima domanda, a cosa sta lavorando, quali sono i suoi progetti futuri?
«Dopo l’esposizione delle mie opere a Matera, Capitale Europea della Cultura, mi piacerebbe dedicarmi a un progetto che in futuro vorrei realizzare in Sardegna, una casa museo che testimoni il mio percorso artistico, un’idea che ho da tempo e che è in fase di progettazione».
Daniela Larentis – [email protected]