Gli alberi di «Mastro7» – Di Daniela Larentis

Le monumentali opere in rame soffiato dell’artista trentino, sintesi dell’indissolubile legame che lega l’uomo alla natura – L’Intervista

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Gli alberi sono testimoni muti dello scorrere del tempo. Quando si pensa a un albero lo si può immaginare in molti modi, c’è chi visualizza un abete ergersi maestoso in mezzo al bosco, chi immagina una solida quercia troneggiare in una piccola radura o ancora chi pensa alla bellezza del melo e ai suoi rami carichi di frutta, chi all’eleganza della betulla, chi semplicemente si figura una siepe, magari quella che divide il proprio giardinetto da quello del vicino o chi, ancora, pensa a un ulivo dal tronco nodoso, una pianta di cui si hanno testimonianze antichissime.
Che le piante siano necessarie per la vita dell’uomo lo sanno anche i bambini, infatti respiriamo grazie all’ossigeno che producono, la nostra vita dipende dal loro benessere.
Gli alberi sono importanti per la nostra salute, contribuiscono alla termoregolazione dell’ambiente urbano, difendendo loro difendiamo anche noi stessi.
 
Chi interpreta il legame con il mondo vegetale, traendone forte ispirazione, è Settimo Tamanini, in arte Mastro7, artista trentino molto apprezzato non solo a livello locale, ma anche a livello nazionale e internazionale; da oltre cinquant’anni attraverso l’utilizzo del fuoco plasma i metalli, realizzando opere che rinviano a una dimensione fortemente spirituale, sculture di varie grandezze, anche monumentali come alberi imponenti dai colori mutevoli.
 

Mastro7, Parola feconda-Sinai.
 
«L’Olivo del Getsemani» è forse la sintesi della spiritualità e del legame indissolubile che lega l’uomo alla natura, nonché il legame fra Madre e Figlio; realizzata con il rame lavorato e trasformato dalla fiamma del fuoco, quest’opera rinvia a un luogo sacro, il Monte degli Ulivi a Gerusalemme, dove Gesù si ritirò in preghiera dopo l’Ultima Cena.
Attraverso lo splendore delle forme richiama l’immensa bellezza del Creato, invita inoltre a una profonda riflessione sulla responsabilità individuale a cui tutti siamo chiamati, quella di prenderci cura della biosfera vivendo in armonia con la natura.
Considerato un simbolo di pace, la scultura, eseguita in rame soffiato, è afferente a un ciclo di opere esposte a Roma qualche anno fa nella chiesa di Sant'Ignazio di Loyola, un’importante esposizione dal titolo «Laudato sì - Alle radici della vita» curata da p. Federico Pelicon S. J.
 
Mastro7 è sempre molto attivo, nonostante il difficile periodo legato all’emergenza sanitaria in atto; sarà presente con una sua opera dal titolo «Parola feconda|Sinai», realizzata con smalti a gran fuoco, alla mostra collettiva «La parola» organizzata dall’UCAI (Unione Cattolica Artisti Italiani - Sezione di Trento); verrà inaugurata venerdì 1 ottobre alle 17.00 nella Cattedrale di San Vigilio a Trento.
Lo abbiamo incontrato nel suo studio, rivolgendogli alcune domande.


Mastro7, Melo.
 
Come ha vissuto da artista il periodo della pandemia?
«Io sono nato nel 1943, in un periodo ben più difficile di quello che stiamo affrontando ora. Rispondendo alla domanda, ho avuto modo durante il primo periodo della pandemia di riscoprire molte cose, senza nulla togliere alla drammaticità del momento sono riuscito a viverlo con spirito positivo, riscoprendo il silenzio degli alberi.
«Ho occupato il tempo a fare ordine nei miei pensieri, riflettendo sulle priorità della vita, su ciò che è importante, sul significato della Parola, ciò è stato d’ispirazione per la mia arte, la Parola ci salverà. Ho lavorato sugli smalti a fuoco, i miei figli, invece, che si occupano dell’attività orafa, hanno avuto l’idea di attivarsi tramite i social dando vita al concorso Libera la tua creatività per la creazione di un gioiello che potesse rappresentare artisticamente il concetto di speranza e rinascita, il cui ricavato è stato devoluto al sistema sanitario trentino, messo a dura prova dall’emergenza Coronavirus.
«Mi sono fra l’altro dedicato alla composizione di Haiku, ispirati a diversi periodi della mia vita.»
 
Uno è dedicato alle Grandi Madri…
«Nel tronco cavo|comincia il respiro|ritmo del tempo». Ho dedicato questo Haiku alle Grandi Madri, alberi che rimandano agli albori della Creazione, al giardino dell’Eden, a un giardino dove gli alberi richiamano il concetto di bellezza originaria.»
 

 
Fra tutti gli alberi realizzati in rame puro a fuoco soffiato e fiammato, a quale si sente maggiormente legato e perché?
«L’Olivo del Getsemani, in particolare, ma anche tutti gli altri alberi hanno per me un profondo significato: il mandorlo, primo fra tutti a fiorire, per me l’albero dello stupore, il melo, pianta antichissima, albero della conoscenza, il fico, simbolo di fertilità, il melograno, simbolo di comunione fra le persone e prosperità, il castagno, chiamato anche albero del pane, la vite, da sempre considerata annunciatrice di abbondanza. L’albero è presente nelle prime pagine della Bibbia, per me è una grande fonte di ispirazione.»
 
C’è un albero al quale non ha ancora dedicato una scultura ma che è nei suoi pensieri?
«L’albero del pero, ricorre nei miei ricordi passati e presenti ed è una pianta fra l’altro antica e bellissima. Non credo che ne farò una scultura, è importante anche conservare dei sogni, qualcosa di non realizzato…»
 
Cosa possono insegnarci le piante?
«L’umiltà, la resistenza, la forza. In inverno, certi alberi spogli con i loro rami privi di foglie fanno pensare al concetto di essenzialità.»
 
Quale opera esporrà alla collettiva organizzata dall’UCAI che verrà inaugurata il 1° ottobre?
«Sarò presente alla mostra organizzata dall’UCAI con l’opera inedita Parola feconda, dal titolo originario Sinai, un’opera carica di simbolismi che ho ribattezzato, realizzata con smalti a fuoco.»

Daniela Larentis – [email protected]