«Globalizzazione, nazionalismo e rappresentanza»
È iniziata a Trento la quattordicesima edizione del Festival dell'Economia
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Con gli interventi di Alessandro Andreatta, sindaco di Trento, Tito Boeri, direttore scientifico dell'evento, Innocenzo Cipolletta, coordinatore del comitato editoriale e presidente di Assonime e Aifi, Paolo Collini, rettore dell'Università degli studi di Trento, Gregorio De Felice, chief economist del Gruppo Intesa Sanpaolo, Maurizio Fugatti, presidente della Provincia autonoma di Trento, e dell'editore Giuseppe Laterza, si è aperta oggi pomeriggio, come di consueto nella splendida sala Depero del Palazzo della Provincia di Trento, la quattordicesima edizione del Festival dell'Economia.
Un'edizione dedicata come sempre ad un tema estremamente stimolante sul piano scientifico ma al tempo stesso di stretta attualità: «Globalizzazione, nazionalismo e rappresentanza».
Moderato dalla giornalista Eva Giovannini, l'evento iniziale del Festival ha consentito di illustrare le coordinate generali di questo nuovo, importante appuntamento con l'economica, capace da sempre di coniugare rigore accademico e dibattito pubblico, «a 360 gradi», con un ampio coinvolgimento del mondo della politica, dei media ed in generale di tutti gli interessati.
Il sindaco Andreatta ha ripercorso le varie tappe percorse dal Festival, nelle sue diverse edizioni, un Festival che è stato «una grande opportunità per Trento e il Trentino.
«Con questo evento la nostra città, una città dall'intesa vita culturale, che già ospita un'università, una rete di centri di ricerca, musei molto conosciuti, ha confermato di poter sostenere la scommessa di ospitare un evento come questo, di livello internazionale, arricchito dal l'apporto di premi Nobel, intellettuali, relatori di autorevolezza riconosciuta e di provenienza diversissima, da Marchionne al primo ministro del Mozambico, da Stieglitz a Bauman, da Dahrendorf a Piketty, solo per ricordarne alcuni.»
Il rettore Collini a sua volta ha ricordato come il Festival abbia sempre guardato ai giovani e al futuro, affrontando i grandi temi che la società ci pone, «proprio come la Globalizzazione, da un lato fonte evidente di opportunità ma dall'altro anche una minaccia.
«Riflettere su come fenomeni economici e spesso anche tecnologico cambiano radicalmente l'organizzazione della società e il modo in cui noi vi partecipiamo è di estrema importanza.
«Un aspetto fondamentale però è quello della partecipazione: in questo Festival chiunque può intervenire, porre le sue domande, insomma farsi la propria opinione.»
Il presidente della Società per azioni italiane Cipolletta, che a sua volta ha seguito il Festival fin dalla prima edizione, ha ricordato come «la Globalizzazione ha certamente provocato scontri sociali e nuove povertà, ma attenzione: alla fine della Seconda guerra mondiale la politica avrebbe potuto tornare su vecchi percorsi, ed invece ha imboccato con coraggio strade nuove, immaginando che vincitori e vinti potessero mettersi assieme per costruire un sistema mondiale multilaterale basato sul libero scambio, dal quale tutti potessero beneficiarne.
«La crescita, anzi il miracolo economico ci sono stati, anche se solo per i Paesi sviluppati. Ciò fino alle crisi petrolifere degli anni 70: poi i paesi poveri sono diventati a loro volta paesi emergenti, e questo oggi può non piacere a tutti, anche se va nella direzione di una maggiore equità a livello globale.
«La reazione, a partire da Trump, è stata quella dei nuovi nazionalismi.»
La lezione che ne possiamo trarre è che le idee possono influenzare i fatti, quindi i «portatori di idee» portano anche grandi responsabilità.
De Felice ha ripreso il tema delle ombre e delle luci della Globalizzazione.
«Le istituzioni internazionali non sono state in grado di arginare le esternalità negative, da quelle ambientali a quelle economico-sociali, – ha detto. – La stessa Ue ha basato il suo sviluppo su tre elementi: mercato unico, crescita della concorrenza e convergenza dei sistemi nazionali. Nei primi due ha avuto successo.
«L'Italia ad esempio oggi esporta il 48% di ciò che produce, quindi è interessata a esportare le sue merci ovunque, in un regime di libera concorrenza. Sulla convergenza, economica e del welfare, invece, l'Europa non ha funzionato, le diversità fra territori e stati membri sono oggi molto accentuate.
«In molti paesi europei si sono affermate ideologie e governi che sostengono la necessità di riportare in primo piano gli interessi nazionali. Il grande timore per il futuro però è quello del protezionismo, avviato dalla guerra dei dazi di Trump verso la Cina. L'Europa non deve avere un ruolo marginale in tutto questo.»
Per l'editore Laterza «manca una opinione pubblica europea, una identità europea. Abbiamo piuttosto una serie di opinioni pubbliche nazionali, ognuna con le sue speranze, le sue visioni, le sue progettualità.
«Questa identità può essere costruita, comprendendo che essa è necessariamente multipla, data dalla dimensione locale, ma anche nazionale e internazionale.
«Il Festival contribuisce proprio a questo: fa incontrare persone diverse e con provenienze diverse. Perché è molto importante conoscere casa propria, ma bisogna anche essere consapevoli che intorno a questa casa c'è un mondo. E se non lo conosciamo prima o poi ci verrà addosso.»
Boeri, responsabile scientifico del Festival, ha ricordato innanzitutto come il numero di relatori esteri in questa edizione sia addirittura superiore alla media, già alta, delle edizioni precedenti.
«Anche la presenza della stampa estera è massiccia, segno che una volta di più la proposta ha colto nel segno. Trento per 3 giorni sarà al centro dell'attenzione internazionale.»
Il Festival ha dunque un compito ed insieme una responsabilità molto importanti: affrontare un tema così delicato nella sua complessità, parlando alle persone impaurite dagli effetti della Globalizzazione, con autorevolezza, ma anche in maniera comprensibile, alla portata di tutti.
Il presidente Fugatti, infine, ha detto come «il Trentino sia orgoglioso del fatto che qui, ad una settimana dal voto, si parli di un tema come questo.
«La narrazione di Boeri non è molto diversa dalla mia, anche se le conclusioni possono essere differenti, e tocca il tema della distanza delle élites rispetto al popolo. Riflettere su questo, ovvero su come rappresentare le istanze del popolo nel mondo globalizzato è fondamentale.
«La Globalizzazione è arrivata troppo velocemente nel nostro sistema. Dalla caduta del Muro di Berlino a Maastricht, dall'ingresso della Cina nel Wto alla crisi del 2008, fino ad oggi, sono passati circa 30 anni. Il sistema sociale del nostro paese, così come di altri, ha conosciuto un'accelerazione fortissima.
«Non dobbiamo quindi stupirci della reazione della gente. Era stato detto che saremmo stati tutti più ricchi, che ad esempio avremmo speso molto di meno acquistando i prodotti più a buon mercato provenienti dall'estero.
«Poi ci siamo accorti che sì, i prodotti costavano meno, ma le nostre fabbriche avevano chiuso. Il Festival può servire anche a chiarire questa discrasia, fra le narrazioni iniziali e la realtà come l'abbiamo poi conosciuta.»