Autori a confronto su temi della scuola a Educa
I temi cruciali dell’educazione secondo Affinati e Caroli, passando per don Milani
Lo scrittore Eraldo Affinati ha presentato oggi, davanti ad un attento e numeroso pubblico, il suo ultimo libro «Via dalla passa classe» in cui racconta la storia di una nuova didattica nata dall’esperienza di Penny Wirton, la scuola gratuita di italiano per immigrati da lui fondata.
A dialogare con lui Mario Caroli, autore e insegnante, che ha illustrato ««Con il vento di Barbiana - La scuola rossa di Mori», il racconto autobiografico sulla didattica innovativa vissuta all’inizio degli anni Settanta.
Ricordando l’esperienza di don Milani a moderare l’incontro è intervenuto Piergiorgio Reggio, formatore, pedagogista, autore del libro «Lo schiaffo di don Milani», nonché presidente della Fondazione Franco Demarchi, che ha curato il dialogo tra gli autori.
Nell’incontro sono state riprese due esperienze che presentano lo stesso comun denominatore della scuola del prete di Barbiana, reinterpretandone i principi. In merito agli elementi della scuola di don Milani applicati in un contesto attuale, secondo Affinati per educare, insegnare e educare oggi è necessario ritrovare l’importanza di «essere», di «prendersi cura dello sguardo altrui», attraverso una relazione vera e autentica. Il pensiero e l’azione devono essere legati e nella scuola questo pensiero deve essere presente.
«Oggi i professori – ha sottolineato Affinati – sono molto più soli di quanto non fosse don Milani ai suoi tempi e la famiglia non facilita l’azione degli insegnanti.
«È necessario ricostruire l’alleanza e il legame tra le famiglie e l’istituzione scolastica. Don Milani ci aiuta ad uscire dalla finzione pedagogica e fa capire che educare è anche ferirsi.
«L’adolescente ha bisogno anche di un dissenso, di un nemico, di un ostacolo. La scuola deve essere democratica nel fine e sapere che l’insegnante e l’educatore devono incarnare il limite.»
Il libro «Via dalla pazza classe» è frutto dell’esperienza che Eraldo Affinati ha avuto con i ragazzi immigrati: «Nel momento in cui sono sceso dalla cattedra ho capito chi avevo di fronte poiché credo nell’azione diretta».
Così ha fondato la scuola «Penny Wirton» per insegnare l’italiano ai ragazzi immigrati, in cui non ci sono classi, non si danno voti e non ci sono nemmeno soldi.
Non c’è competizione, non si pensa ai risultati che si possono ottenere per essere più concentrati su quello che si sta vivendo.
Una svolta importante è poi arrivata con il coinvolgimento di ragazzi italiani, anche portatori di insuccessi scolastici, che a titolo volontario hanno iniziato ad affiancare i loro coetanei immigrati nell’insegnamento della lingua italiana.
«Questo fa capire che la vera integrazione avviene solo se credi nella relazione autentica, – ha aggiunto Eraldo Affinati. – A partire da questa esperienza che ho raccontato nel libro ho riflettuto sul momento cruciale che stiamo vivendo e sulla qualità scolastica, tema profondo e difficile.
«L’educatore oggi deve stare in una zona di sicurezza, ma anche in una zona di rischio. Attraverso l’esperienza della nostra scuola cerchiamo quindi di agire mettendo in relazione le persone, perché crediamo nell’autenticità dei rapporti umani dentro un mondo eterogeneo, come sono le nostre classi in cui facciamo convivere le differenze che colmano i vuoti.
«Questa è stata la vera lezione di don Lorenzo Milani.»
Mario Caroli ha raccontato il suo libro «Con il vento di Barbiana - La scuola rossa, una storia che ripercorre quanto avvenuto nei primi anni Settanta, nella scuola media di Mori, che divenne un caso simbolico della storia del Trentino.
I primi tentativi di innovazione dell'insegnamento con il tempo sono diventati normale pratica didattica, ma inizialmente era una sperimentazione «fortemente rivoluzionaria».
Caroli ricorda di essere stato un testimone diretto di quella profonda innovazione.
«A Mori si tentò di scardinare la vecchia impalcatura della scuola media e di innovare; c’era voglia di cambiamento, un sogno collettivo verso un futuro migliore anche nella scuola.
«Allora non avevamo chiaro il pensiero di don Milani, ma scrivendo il libro e raccogliendo le testimonianze di ex allievi ho capito quanto eravamo vicini a quello spirito.
«Ho quindi compreso l’importanza di aver dato la parola ai ragazzi, di averli fatti discutere in gruppo, di averli attivati in interviste e ricerche, stimolandoli a confrontarsi anche con i genitori. Questo per di condurli nel la ricerca di relazioni costruttive.»